Magazine Cinema
Wall Street: tutto il meglio (e il peggio) di Oliver Stone
Creato il 18 ottobre 2010 da Pianosequenza(Wall Street)
Oliver Stone, 1987 (USA), 126'
In tutto il mondo, dai grattacieli di Manhattan fino alla baracca di legno nella quale vive il prestanome di una società offshore, ci sono migliaia di persone che possono giurare di essere state convinte ad entrare (in qualche modo) nel “patinato” mondo della finanza dalla visione di un film: Wall Street. Era il 1987 e l'ultima opera di Oliver Stone metteva in scena l'esotico ed affascinante ecosistema della borsa newyorkese, un Eden nel quale, con la giusta dose di ambizione e mancanza di scrupoli, saresti stato accolto da individui come Gordon Gekko (Michael Douglas), magnate di dubbia moralità ma evidente successo. Questa nuova versione del “sogno americano” irretisce il giovane Buddy (Charlie Sheen) che nella sua ascesa verso l'Olimpo dell'alta finanza si scontra con l'etica e il buon senso del padre sindacalista (Martin Sheen).
«Il guaio principale del denaro è che ti fa fare delle cose che non vorresti fare» ha modo di affermare Lou Mannheim (omaggio al padre di Stone, Louis, ex broker di Wall Street) rivolto al giovane Buddy, che sta iniziando a dimostrarsi troppo avvezzo all'arrampicata senza remore; il personaggio interpretato da Hal Holbrook è quello scelto dal regista americano quale portavoce per il suo punto di vista, un monito atto a condannare l'insostenibile cinismo ormai imperante nel mondo della finanza. Il film di Stone però sarebbe presto finito nel dimenticatoio se fosse stato realmente efficace nel raggiungimento di un tale proposito, perché una volta privato del suo indubbio appeal – in grado di condizionare anche più di qualche autore, come Bret Easton Ellis (American Psycho) – si sarebbe rivelato un mediocre drama, con personaggi stilizzati e spesso sopra le righe, situazioni improbabili e svolte incomprensibili. Alcune scelte della sceneggiatura sono infatti giustificabili solo premessa la consueta tendenza di Stone ad ammantare strumentalmente di demagogia e politically correct tematiche importanti, come la guerra e la politica; così il suo protagonista, Buddy, arrivato faticosamente in cima al mondo (con tanto di simbolico attico che domina Manhattan) sceglie di commettere un vero e proprio suicidio economico-sociale in virtù di una epifanica riscoperta di etica e morale. Va dato comunque atto al cineasta americano di aver evidenziato, prima di molti altri, i semi di quel malcostume che è poi fiorito rigogliosamente nella crisi con la quale ancora oggi dobbiamo confrontarci, in parte cavalcandolo con l'utilizzo dei suoi rassicuranti stereotipi (ognuno dei personaggi è l'archetipo di una determinata “classe”). Nell'epoca dei mutui subprime, delle banche che rischiano il fallimento, diviene inevitabile il ritorno sulla scena dello squalo Gekko, con tanto di inatteso ravvedimento, canuto protagonista di Wall Street 2: Money never sleeps. Considerato che a Douglas non resta neanche più un aspetto convincente (la recitazione non c'è mai stata), ne vedremo delle belle. Nonostante tutto, cult.
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