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Waltzing Matilda

Da Loredana V. @lorysmart

Un vecchio film in bianconero del 1959, “L’ultima spiaggia – On the Beach”, un regista di eccezione, Stanley Kramer, un cast straordinario pure se hollywoodiano, come Gregory Peck, Anthony Perkins, Fred Astaire ed una ancora bella, anche se iniziava a sfiorire, Ava Gardner.

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La trama si ispira ad un libro di Nevil Shute e descrive la vita di un gruppo di persone che, in Australia, aspettano l’arrivo di radiazioni mortali che hanno già sterminato il resto della popolazione mondiale, consci che prima o poi, con l’arrivo dei venti, anche la loro vita avrà fine. La scena più straziante verso la fine, quando alla popolazione verranno distribuite delle pillole per causare loro la morte senza sofferenza, o proprio al termine del film, quando uno striscione con la scritta “Tranquillo fratello, c’è ancora tempo”, sventola in una piazza vuota.

A far da sottofondo, una delle più belle ballate che io conosca, “Waltzing Matilda”, che qui riporto in due versioni.

E’ una canzone il cui testo era stato scritto dal poeta australiano Banjo Paterson, adattandolo ad una marcia (The Craigielee March) che probabilmente era la variazione di un precedente brano celtico(Thou Bonnie Wood of Craigielea) , e tratta di una vicenda accaduta nel Queensland durante lo sciopero dei tosatori di pecore del 1894, e narra di un tosatore di pecore che dopo averne rubata una, a causa della fame, , per sfuggire alla polizia e quindi all’arresto cade in un laghetto e muore. I tosatori (per lo più girovaghi) in Australia erano chiamati con il termine di “swagman”,

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ossia uomo con fagotto (la coperta nella quale riponevano tutte le loro povere cose, arrotolandola e portandola poi a tracolla). Il loro girovagare in cerca di un lavoro era detto waltz, da qui il termine walzing.

Ma nel 1915 la canzone diventò l’inno dei combattenti australiani mandati a Gallipoli – battaglia passata alla storia per i numerosi errori effettuati sia in campo militare che logistico dagli inglesi – dove i soldati dell’ANZAC (Australia e Nuova Zelanda), pur con perdite pesanti, acquisirono la fama di soldati coraggiosi.

Il nuovo testo tradotto da Riccardo Venturi è questo:

E LA BANDA SUONAVA “WALTZING MATILDA”

Quando ero giovane me ne andavo a giro col mio fagotto
e vivevo la vita libera del vagabondo.
Dalle foreste di Murray all’entroterra polveroso
beh, me la ballavo proprio tutta, la mia Matilda.
Nel 1915 il mio paese ha detto: “Ragazzo, adesso
smettila di girovagare, c’è da fare un po’ di lavoro.”
Cosi’ mi han dato un elmetto e un fucile
e mi hanno obbligato a marciare per la guerra.
E la banda suonava “Waltzing Matilda”
Mentre la nave si muoveva dal molo,
E fra i saluti, le bandiere sventolanti e le lacrime
salpammo per Gallipoli.
Ricordo benissimo quel giorno terribile
e come il nostro sangue macchiò l’acqua e la sabbia;
e come, in quell’inferno chiamato Baia di Süvla
fummo massacrati come agnelli al mattatoio.
I turchi ci aspettavano, caricaron bene le armi;
ci investirono di pallottole, una pioggia di proiettili –
e in cinque minuti appena ci spediron tutti all’inferno,
dai colpi quasi ci rimandarono indietro in Australia.
Ma la banda suonava “Waltzing Matilda”,
e quando finimmo di seppellire i nostri morti,
e, beh, noi seppellimmo i nostri e i Turchi i loro,
tutto ricominciò daccapo.
Noi che eravamo rimasti, cercammo di sopravvivere
in quel manicomio di sangue, morte e fuoco.
Per dieci orribili settimane ce la feci a restar vivo
sebbene attorno a me si accatastassero i cadaveri.
Poi un grosso proiettile turco mi colpì mandandomi col culo all’aria
e mi risvegliai in un letto di ospedale
vedendo quel che aveva fatto – beh, desiderai essere morto,
non sapevo che c’eran cose peggiori della morte.
Perché non andrò mai più a ballare “Waltzing Matilda”
vicino alla macchia libera e lontana -
per issare tende e paletti ci voglion tutte e due le gambe,
e per me niente più “Waltzing Matilda”.
Raccolsero gli storpi, i feriti, i mutilati
e ci rimandarono a casa, in Australia.
Quelli senza braccia, senza gambe, i ciechi e gli impazziti,
quei prodi eroi feriti alla baia di Süvla.
E mentre la nave entrava nel Circular Quay
guardai là, dove una volta avevo le gambe
e ringraziai Iddio di non aver nessuno che mi aspettasse
a piangere, a disperarsi ed a provar pietà.
Ma la banda suonava “Waltzing Matilda”
mentre ci portavano giù per la passerella
e nessuno più salutava allegro, stavano in piedi e ci fissavano
e poi tutti quanti si girarono dall’altra parte.
E adesso, ogni mese di aprile, siedo nel mio portico
e guardo la parata che mi sfila davanti.
Guardo marciare fieramente i miei vecchi compagni
che ravvivano vecchi sogni di gloria passata.
E quei vecchi marcian piano con le ossa rigide e malandate,
sono dei vecchi eroi stanchi di una guerra dimenticata.
E i giovani domandano: “Per cosa stanno marciando?”
Ed io, io mi chiedo la stessa cosa.
Ma la banda suona “Waltzing Matilda”,
ed i vecchi ancora rispondono all’appello;
Ma col passar degli anni, sempre più vecchi muoiono
e un giorno nessuno marcerà più.
Waltzing Matilda, Waltzing Matilda.
Chi verrà a ballare Waltzing Matilda con me?
E si sentono i loro fantasmi marciare vicino al billabong,
Chi verrà a ballare Waltzing Matilda con me?


Archiviato in:cinema e televisione, Musica Tagged: Anthony Perkins, ANZAC, Ava Gardner, Banjo Paterson, Fred Astaire, Gallipoli, Gregory Peck, L'ultima spiaggia, Nevil Shute, On the beach, Stanley Kramer, swagman, Waltzing Matilda

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