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Devo ammettere che sono un discreto fan di Jim Mickle, autore assieme al suo sodale di sempre Nick Damici di due piccoli gioiellini horror indipendenti come Mulberry street ( di cui abbiamo parlato qui ) e Stake land ( di cui abbiamo parlato qua ).
Qui i due amiconi rielaborano profondamente, stando a quanto ho letto, il film messicano di Jorge Michel Grau Somos lo que hay (che non ho visto ) e creano un inquietante apologo sui mostri che si nascondono nel profondo della provincia americana.
Attraversato da una pioggia praticamente perenne la storia dei Parker si dipana lentamente e meticolosamente mettendo alla luce gradualmente tutto l'orrore che vien celato dietro una facciata di famiglia rispettabile e timorata di Dio.
Se da una parte viene dato rilievo all'inchiesta da parte del dottore del paese sui resti umani che stanno venendo alla luce con l'alluvione ( e già ritrovare resti umani sminuzzati è abbastanza horror ), l'orrore vero si nasconde nelle segrete della casa dei Parker guidati da un patriarca vistosamente fuori dal suo tempo e che si dimostra ogni minuto di più prigioniero di indicibili riti ancestrali che verranno svelati durante il film ( e che facendo acrobazie sto cercando di non svelare per godersi appieno la visione senza fastidiosi spoiler).
Fotografato benissimo con una luce metallica e spettrale allo stesso tempo, We are what we are è un notevole esempio di gotico americano in cui conta più l'atmosfera costruita minuziosamente che l'efferatezza che comunque non viene lesinata in un finale al calor bianco e in altre sequenze durante la seconda parte del film.
Se Mr Parker non ha nessun interesse ad adeguarsi al presente ( vedere anche il rito per la cena e gli abiti ottocenteschi che indossa e che fa indossare ai suoi figli) è interessante notare il conflitto che vede
protagoniste le giovani Iris e Rose poco più che adolescenti nel fiore degli anni e che vogliono vivere una vita normale, da ragazze figlie del proprio tempo, svincolandosi dall'anacronismo dei riti che inculca loro il padre.
E siccome, noi siamo ciò che siamo, anche loro dimostreranno la loro duplice natura, prigioniere dei rituali familiari vecchi di due secoli eppure proiettate al futuro.
Per rendere credibile una pellicola del genere è fondamentale il lavoro degli attori e qui fanno tutti un lavoro degno di menzione: da Bill Sage che rende molto credibile la figura inquietante di Frank Parker, patriarca prigioniero del passato, a Michael Parks nei panni del dottore , passando per una Kelly Mc Gillis sempre più irriconoscibile e arrivando alle vere protagoniste della pellicola, Ambyr Childers ( bellissima) e Julia Garner che hanno l'ambiguità giusta per sostenere una parte di questo tipo.
La locandina ricorda parecchio quella di Stoker di Chan Wook Park e anche il film lo fa in un certo senso, spingendosi però molto oltre e non lasciando la stessa sensazione di incubo estetizzante lasciata dal film del fenomenale regista coreano.
Presentato al Sundance e al Sitges di quest'anno, We are what we are è uno slowburner che brucia a fuoco lento, lentissimo ma poi la fiammata arriva...caz..pita se arriva!!!!
Perchè siamo veramente ciò che siamo....
( VOTO : 7 + / 10 )
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