«Ma il debole sorriso sfuggente non è di timidezza, è lo sgomento, più terribile […] per me c’è un vuoto nel cosmo, e da là tu canti» P. P. Pasolini
È morta the Voice Whitney Houston.
Gli occhi ancora indecisi tra il sole e il sonno, si spalancano davanti alla pagina di giornale ancora fresco di stampa. È morta la Houston. Non posso crederci. Vado subito a cercare la sua voce, la sua musica, per assicurarmi che almeno quella sia ancora lì. Metto in Play, ed eccola. Un’ondata di calore mi avvolge, un calore rassicurante, setoso, come quello del sogno che mi ha appena abbandonata restituendomi alla realtà. Chiudo gli occhi. No, non è morta, le leggende non possono morire. La sua voce ancora c’è e ci sarà per sempre. È il suo corpo che si è stancato del mondo.
Comincio così la mia personale rassegna stampa e, come prevedevo, scopro che a portarla via è stata la paura. La paura di affrontare una vita diventata troppo grande per lei, troppa celebrità, troppe date da rispettare, troppi fan da non deludere, e un marito, un amore, non il primo ma senz’altro il più grande, diventato un traditore, un violento.
La droga, così facile da trovare in quel mondo di lustrini e incertezze, la droga già panacea dei mali di tanti colleghi, è diventata il suo rimedio per combattere contro questo mostro invincibile, divoratore di sogni e sicurezze. Così è cominciato il suo viaggio nel buio, quel buio che ha ingoiato lo splendore della stella e l’ha messa a nudo mostrando nei suoi tratti la forma vera del suo cuore, ora gonfia di dolore e sonnolenta, ora consumata dall’ansia e dalla fame d’amore. I soggiorni obbligati in case di cura di varia specie e natura non sono serviti a farla risplendere, nonostante gli anni impiegati per scacciarli, i suoi incubi non l’hanno abbandonata.
Ormai qualcosa si era rotto in lei, un’implosione stava fagocitando la sua luce. E ieri si è spenta, del tutto, quella luce che aveva brillato per sé e per il mondo, quella voce che non aveva risparmiato neanche una goccia di fiato e si era donata in un canto infinito. Note dense, di petto, di cuore. Aveva cantato per tutta la vita lei, aveva cantato prima ancora di imparare a parlare o a camminare. Aveva cantato perché questo era il suo dono, il suo messaggio, il suo destino, la sua arte. Per tutti lei era “The Voice”, la dea nera, regina della notte che bruciava come una magnifica stella nel fuoco della sua voce. E ora che quel fuoco si è spento, la sua luce, come quella di tutte le stelle, continuerà a brillare.
E le lacrime dei fan sparse in parole che inondano il web saranno l’eco infinito di questa fantastica sirena che non smette di ammaliare.
Di Loretta Dichio