Erano gli anni in cui i Beatles debuttavano con “love me do”, gli anni dei Rolling Stones che con la loro musica impudente e selvaggia facevano scatenare giovani di tutto il mondo e in cui oltreoceano Elvis “the king” muoveva dannatamente bene l’anca; erano gli anni del rock.
La musica vibrava nell’aria, riempiva le strade, si faceva spazio nei sotterranei, deliziava i club underground, urlava nei sobborghi violenti e degradati. L’America, senza censure e monopoli, trasmetteva “that’s all right (mama)” e l’Europa, a livello radiofonico, non reggeva il passo. C’era la magia, c’era l’arte mancava la legge.
Il 14 Novembre 1922 nella sfavillante swinging London la radio apriva i battenti, era la BBC, la British Broadcasting Corporation, ed era la prima radio statale, l’unica radio che avesse i permessi per operare. Le censure ed i rigidissimi controlli non permettevano l’ascolto di gran parte di musica rock, le trasmissioni radiofoniche venivano filtrate e i testi appositamente selezionati: si riteneva che la dilagante ribellione giovanile non potesse passare attraverso un mezzo di comunicazione così incisivo. Ma la negazione, unita alle privazioni, creava terreno fertile per la crescita di un nuovo mercato di musica alternativa; i giovani shakeravano disagio e voglia di novità in un mix esplosivo e planetario. L’occhio esterno, atterrito, di chi poco capiva ciò che stava accadendo, supervisionava, tentando di mettere freni, ma nel bel mezzo di un alluvione nessuna diga riesce ad indirizzare l’acqua.
“… in tutto il mondo ragazzi e ragazze avranno sempre i loro sogni e tradurranno quei sogni in canzoni.” dice Il conte nel film “I love radio rock”. Erano queste le vibrazioni che si percepivano nell’aria.
Si voleva contrastare il sistema che controllava le radiotrasmissioni, si volevano eludere i divieti, nasceva in questo bollente clima radio Caroline: la prima free radio. Trasmettevano in inglese con lo scopo di provare attraverso la lingua e la musica a creare un universo alternativo che portasse la bandiera di questa rivoluzione; trasmettevano in mare utilizzando navi ancorate fuori dalle acque territoriali inglesi, sfruttando la capacità delle onde-radio di arrivare ovunque ed utilizzando la loro ingegnosa posizione per eludere la legge.
La mitica “radio pirata” contava un esiguo numero di ascoltatori, perlopiù addetti ai lavori e musicisti dei primi complessi beat, ma tutto ciò bastava perché si era dato il via ad un fenomeno che non avrebbe più avuto confini, la radio libera! Bisognerà aspettare qualche decennio perché si arrivi a pensare alla radio come la intendiamo noi oggi, ma la strada era sterrata. Gli ostacoli erano molti e i costi per superarli non sempre accessibili, ma l’entusiasmo di far progredire il fenomeno portava a lavoro un importante numero di volontari che si reinventavano dj, tecnici, conduttori, giornalisti.
Erano gli anni di “we will rock you”, erano gli anni in cui everybody rocks.