Magazine Cinema
Il cinema di Ken Loach ha purtroppo col tempo dato la stura a epigoni non all'altezza dell'originale, che nel loro tentativo di emulazione di una formula collaudata capace di raccontare il mondo dei lavoratori con leggerezza, senza far venir meno il rispetto e l'acume di sguardo verso situazioni drammatiche, hanno ritenuto opportuno riutilzzare tale formula a proprio piacimento e creare commedie che alla lunga si sono dimostrate piuttosto semplicistiche nel raccontare situazioni, che il più delle volte hanno un fondamento storico e reale.E' il caso del qui presente We Want Sex ammiccante sin dal titolo, gradevole nella sua ricostruzione di una working class pronta a lottare con intelligenza ed ironia per ottenere risultati che nel corso della vicenda sembreranno non essere così scontati, con inevitabili ripercussioni sui contesti familiari dei protagonisti.Il regista e gli sceneggiatori decidono di rielaborare una storia vera ma con i dovuti accorgimenti del caso, necessari a creare un racconto che scivoli via fluido, con una protagonista ad hoc eroina per caso, ma non troppo, che si ritroverà a dover lottare per la parità di salario delle sue colleghe contro il gigante americano della Ford.Il tutto viene però messo in scena con una serie di stereotipi umani e di situazioni, che sanno di già visto e che debbono rassicurare lo spettatore anche quando i momenti si fanno fortemente drammatici, attraverso la vicenda personale di una delle compagne di fabbrica.We Want Sex nel mettere in scena simili schemi narrativi dimostra come furbescamente intenda riproporre una strategia di rappresentazione scenica e drammaturgica che strizza troppo facilmente l'occhio allo spettatore, che ama essere rassicurato da simili storie in cui vengono mescolati ingredienti di comprovato successo, come gli affetti frustrati e la lotta tra i sessi, che altrove nel cinema hanno saputo trovare migliore rappresentazione.We Want Sex accompagna lo spettatore e la sua protagonista verso un finale rassicurante e socialmente accettabile, con didascalie ed immagini di repertorio che ne confermano la bontà d'intenti, peccato che di lì a pochi anni sarebbe arrivata la Thatcher che avrebbe spazzato via molti di quegli edulcorati sorrisi che certo cinema furbetto ogni tanto tenta di propinarci.
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