Magazine Cinema
USA, 2008
80 minuti
Wendy e la sua inseparabile cagnolina Lucy sono dirette in Alaska. La possibilità di trovare un lavoro sicuro è più alta che nello stato dell'Oregon, dove la crisi economica si fa sempre più pressante. Non tutto però procede per il verso giusto, una serie di circostanze impreviste (l'auto in panne, l'arresto, la scomparsa di Lucy, la carenza di denaro) porteranno Wendy a prendere una decisione sofferta...
Come già suggerisce il titolo, ci troviamo innanzitutto di fronte a un profondo legame affettivo; talmente intenso da sacrificarne i propri sentimenti per amore di colui, che da sempre, è considerato il migliore amico dell'uomo e in questo caso: "unica e fedele compagna di viaggio, di vita". Ma è anche un film piccolo Wendy and Lucy, è non di certo per la sua durata attorno all'ora e venti scarsa (compresi i titoli di coda). Lo è perchè procede con estrema discrezione, in modo pacato, come una sorta di road-movie della solitudine, silenzioso e prosciugato di qualsiasi eccesso che possa in qualche modo alterarne il naturale evolversi degli avvenimenti. Nonostante il suo ritratto prevalentemente urbano (escluse le lunghe carrellate in quel bosco che Wendy sembra ricercare come una sorta di ventre protettivo, ignara delle insidie che in esso possono celarsi), la regista opera controtendenza, rifiutando la chiassosità tipica di certe produzioni americane (d'altronde, siamo in pieno territorio indie) per rivolgersi con interesse a uno stile nettamente più europeo, tanto d'ammiccare quasi al cinema dei Dardenne, edulcorato però dall'instabilità della camera a mano. E' un film scarno e senza grosse pretese, ma che nella sua essenzialità riesce come pochi a penetrare in fondo al cuore, per colmarlo d'emozioni. A mirabile esempio, straordinariamente toccante è il momento dell'ultimo saluto tra Wendy e la sua affezionata "ragazza" (come spesso chiamava Lucy durante i loro giochi); una relazione di sguardi accorati, che oltremodo sconfina dal recinto della sfera privata per estendersi attraverso una lucidissima indagine che coinvolge tutta una società delusa, ormai indotta alla sopravvivenza e che silenziosamente (in maniera quasi inamovibile, direi: il guardiano - il meccanico - i clochard) popola le vie di quei piccoli centri dove il lavoro scarseggia, le fabbriche chiudono, e persino acquistare una scatoletta di cibo per cani diventa problematico. A maggior ragione, quando a mancare è il sostegno di una vera famiglia, come nel caso di Wendy (una Michelle Williams dai tratti quasi androgini) della quale poco ci viene svelato (oltre allo scopo e all'itinerario prestabilito), se non l'esile emergere di una condizione parentale sicuramente difficile (la telefonata alla sorella lascia alquanto dubbiosi sulle reali motivazioni del viaggio: forse una fuga?). E sotto quest'ottica, il lavoro di Kelly Reichardt sembra formarsi proprio sulla ricerca di una stabilità "famigliare" che, assente nella vita di Wendy, può al contrario prospettarsi nella futura vita di Lucy, grazie al generoso atto d'amore della ragazza. Ma ora, per Wendy non resta che un viaggio quanto mai carico d'incertezze, destinato a continuare in solitudine, e clandestinamente all'interno di quei vagoni merci che già nel prologo scorgiamo alternarsi in direzioni opposte, quasi a simboleggiare un ciclico movimento di vite, alla definitiva ricerca di un approdo.
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