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Brividi e commozione, e non poteva essere altrimenti. L'unica tappa italiana del tour internazionale di West Side Story, che ha debuttato tra gli applausi entusiasti dell'esauritissimo Politeama Rossetti di Trieste lo scorso 15 aprile (dove è rimasto in scena per 10 giorni e 14 repliche, fino al 25 aprile), ha lasciato un segno indelebile nel pubblico, letteralmente rapito da una storia che da più di 50 anni incanta le platee di tutto il mondo.
Del resto, il team creativo che nel 1957 diede vita a questa pietra miliare del teatro musicale, ridefinendone le regole e gettando le basi per il musical moderno, contava sulle musiche ormai immortali di Leonard Bernstein, sui testi realisti, crudi e romantici di Arthur Laurents e Stephen Sondheim (appena poco più che ventenne, all'epoca), e sulle impareggiabili coreografie di Jerome Robbins, con la loro straordinaria capacità di trasformare lotte e duelli in virili e leggeri - allo stesso tempo - passi di danza. E, naturalmente, su una storia d'amore senza tempo, che travalica barriere culturali, linguistiche, razziali e che si rifà al shakespeariano Romeo e Giulietta.
Verona diventa il West Side newyorkese, Romeo si chiama Tony ed è l'ex leader dei Capuleti, qui diventati la gang americana dei Jets; e Giulietta diventa Maria, immigrata portoricana sorella di Bernardo, leader degli Sharks, i portoricani in lotta con i Jets per la supremazia nelle squadre del quartiere.
Tony e Maria si incontrano e si innamorano sulle note di alcuni dei brani più belli ed emozionanti di tutti i tempi, titoli che hanno fatto la storia del teatro musicale come Maria e Tonight, e il balcone veronese diventa il balcone di una periferia urbana tra tubi e scale antincendio. Ma l'amore dei due giovani, che sognano un luogo e un tempo privo di violenza e malvagità, si scontra con la voglia di combattere delle due squadre di appartenenza, con la loro ottusità, con il fuoco giovanile che rende tutto così definitivo ed urgente; ci scappano due morti, poi prevarranno le bugie, le vendette, e uno ad uno i sogni dei due innamorati si frantumeranno davanti ai contrasti razziali e all'energia non più contenibile dell'odio.
E il colpo di pistola che alla fine suggellerà tutto spiazza anche gli attoniti spettatori, che fino in fondo speravano che la storia, per una volta, prendesse una piega differente.
La magia senza tempo di West Side Story, dicevamo, ha stregato tutti, e naturalmente anche il sottoscritto, che solo riascoltando questo autentico capolavoro ha capito quanto lo abbia sempre amato, e quanto immortali fossero le sue musiche, così capaci di entrare nell'animo dei protagonisti e di descrivere situazioni, attese, sentimenti con disarmante romanticismo, lirismo e con tutta l'energia di una partitura che mescola ritmi latini, jazz e folk americano.
Il cast è semplicemente strepitoso, soprattutto nei vigorosi numeri di ballo, nelle coreografie che diventano lotte, duelli, mambo scatenati e passi sognanti - come in Somewhere, lo struggente leit-motiv che i due amati vivono in un sogno che vorremmo non finisse mai.
Dal punto di vista vocale, su tutti prevale il temperamento latino di Desireé Davar (Anita), di fronte all'impostazione liricheggiante di Chad Hilligus (Tony) e Sofia Escobar (Maria).
L'imponente orchestra (23 elementi!) rende l'allestimento ancora più emozionante, brillante e pieno; del resto a dirigerla c'è Donald Chan, allievo di Bernstein e profondo conoscitore della partitura.
Il disegno luci, praticamente perfetto, e la scenografia con i tipici balconi in ferro e le scale antincendio, completate da suggestive videoproiezioni, rendono questo musical un'autentica delizia per gli occhi.
Il mesto e solenne corteo funebre che chiude lo show lascia un profondo senso di commozione, amarezza e sgomento, e la certezza di aver vissuto una grande esperienza teatrale.
Francesco Moretti
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