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Where is my 2011?

Creato il 06 gennaio 2012 da Marco4pres

LucaC è in ritardo due volte, la prima perché è andato a casa di Elena senza passarmi a prendere, la seconda perché mi aveva detto “dieci minuti” mezzora fa. Siamo in Panda. Già pregusto il mantra che mi accompagna da metà della mia vita, vista la mia altezza: “Marco sali tu davanti, vista la tua altezza?” Ma Gloria preferisce dirmi che farò compagnia al suo zaino, dietro. LucaC ha messo il volume a palla, Gloria parla rivolta verso il parabrezza, non sento un cazzo, Gloria mi dice che sembro sua nonna -questo mi arriva- partono i Killers, parliamo dei Killers, mi slaccio la cintura e spunto tra i loro sedili col mio naso a tramezzino, una specie di squalo in verticale. “Ma parlando di cose serie,” dico, “secondo voi con chi si sposa Barney?” Votiamo per Robin. Attacchiamo con film e telefilm in lingua originale, adattamenti, doppiaggio, sottotitoli. LucaC, che non ha studiato lingue né adattamenti né doppiaggio né sottotitoli ma ha visto un sacco di film e telefilm, tiene botta. A Senigallia Gloria si ricorda di chiedermi se voglio salire davanti, vista la mia altezza, ma declino per evitare che nel procedimento LucaC vada a sbattere. Verso Fano Elena chiama Gloria dalla macchina di LucaS.

Ci fermiamo a Foglia Est, voglio fumare ma nooo, prima il caffè. Caffè. Giochiamo con dei pupazzetti a forma di maiale che grugniscono davvero se li schiacci -come se quelli veri se ne stessero buoni buoni in silenzio a farsi schiacciare- prendiamo per il culo uno con un codice a barre tatuato dietro al collo e usciamo. Mi presento da solo a Riccardo l’amico di Sonia che non si sa se ha il biglietto per l’Estragon oppure no. Chiedo quante sigarette dovrei fumare per arrivare a Bologna senza entrare in crisi di astinenza, ché la Panda di LucaC è a metano e magari facciamo il botto. Sonia non capisce la battuta, mi dà dell’esagerato e salta fuori che Riccardo studia a Londra, allora mi chiede come c’ho vissuto. “Sopravvissuto” lo correggo e racconto qualcosa. Ripartiamo.

Il discorso casca su inglese, francese, spagnolo, cinese, giapponese e su come la glotto-linguistica di un popolo ne influenzi la sfera socioculturale. LucaC, che non ha studiato né inglese né francese né spagnolo né cinese né giapponese ma tedesco, tiene botta. A Bologna Fiera scopriamo che LucaS è uscito a Bologna San Lazzaro perché ha seguito per cento chilometri una Panda che non eravamo noi. Facciamo metano e ci diamo appuntamento al rendez-vous. Arriviamo dopo un breve giro turistico che comprende la mia vecchia casa dei tempi dell’università e una svolta sbagliata.

Fumiamo e chiamiamo Stefano, che scende ad accoglierci a piedi dal settimo piano. Prima che arrivi riusciamo a fare due viaggi in ascensore e lui torna su col terzo gruppo, credo; quando lo vedo gli corro incontro e salto al collo, ma è deluso dal fatto che sia passato dal barbiere, “Me piacevi de più Sette Anni in Tibet,” commenta, “adesso sembri un moschettiere.” “Marco va a personaggi” dice Alice sbucata dal nulla già pronta per uscire, alle sei e mezza. Cazzeggio un po’ nella loro stanza, dove LucaS si mette a gonfiare un materassino con veranda, poi Stefano mi accompagna nell’unica altra camera accessibile e mi consiglia di approfittare dell’assenza di tutti per accaparrarmi il divanetto, dove poggio le mie poche cose. Non durerà. Uscito dal bagno rinfrescato e cambiato, Sonia e Gloria mi informano deridendomi in coro che dormirò in cucina dove le alternative sono il divano, il tavolo, il pavimento. “Io posso dormire pure per terra, che c’ho il sacco a pelo militare” dice LucaC. “Apposto, me pijo il divano” dico io. Tutti ci raggiungono in camera (cucina) nostra, dove aspettiamo che a turno ci si vada a preparare in bagno, intrattenuti da una vecchia puntata di una vecchia edizione di un vecchio Colorado Café su un vecchio televisore di un vecchio appartamento di una vecchia città, l’ultimo giorno dell’anno vecchio. Usciamo qualche ora e insulto dopo.

Sulla strada verso la fermata dell’autobus Sonia, cancro, ci dice che a gennaio il suo oroscopo le riserva l’incontro con “l’amore della sua vita”, il che può significare che tutti i cancro s’innamorino tra di loro (con conseguente scioglimento di innumerevoli matrimoni) o che non saranno “l’amore della vita” dell’amore della loro vita. A marzo, tuttavia, successo lavorativo. Vengono scattate le prime foto, Elena s’innamora di un ristorante giapponese e arriva il 14A nonostante non fosse segnalato. Scendiamo in via Rizzoli, accompagno Sonia a comprare le sigarette e incrociamo Stefano, Gloria e LucaC che si sono persi Alice, Elena, LucaS e Riccardo. Facciamo il giro di Piazza Maggiore e li troviamo al di là del Nettuno. Prendiamo il 25, superiamo Porta di Strada Maggiore e scendiamo. Ci aspettano il padrone di casa e i suoi amici -già brilli e marchigiani- che dopo i convenevoli ci fanno strada. Entriamo nel cortile del condominio e LucaS domanda sorpreso: “Chi cazzo è quello?” “Il portinaio,” risponde una voce, “dovrebbe chiederlo lui a noi.”

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Quella nella bottiglia è vodka (non è vero)

Di sopra le tavole sono già imbandite con salumi e formaggi vari che spazzoliamo non appena finiti i cinque o sei brindisi proposti, poi si passa alle crespelle e alla lenticchia. Verso le undici e mezza abbiamo il primo caduto. Paolo, il cugino di Sonia, non ha retto il mix e va in bagno ad abbracciare la tazza. Gloria ne approfitta per farsi delle foto in stile Abu Ghraib in cui si fa ritrarre tutta baldanzosa accanto allo sventurato, il cui colorito cereo quasi non lo fa uscire nelle foto. Più o meno contemporaneamente abbiamo il primo ferito. Elena va a sbattere contro la lampada della cucina posta ad altezza-Elena, fulminandone la lampadina. Nel tentativo di svitarla, la plafoniera si spacca e una scheggia colpisce al mento Lorenzo, il nostro controllore a digiuno che, grondante sangue, esclama “Vi siete fatti male?” Poi tutti a improvvisarsi medicinfermieri mentre l’unico che studia medicina cerca aria in balcone. Sta lentamente diventando una serata Highlander. “Vediamo chi arriva al 2012″ propongo. “Dategli acqua e zucchero” non fa che ripetere Elena spinta dal senso di colpa che la fa sragionare. Si parla di pronto soccorso, punti di sutura e Intervallo Velo per fermare l’emorragia. Sonia dice “Marco, vuoi un goccio di Varnelli? Pure tu, LucaC?” Ci arrivano due pinte di anice secco. A testa. Non vorrei fosse la mia infermiera. Ma la mia pusher. Ci scappa l’ultima sigaretta del 2011 e, poco dopo, la prima del 2012. Non mi va di festeggiare la mezzanotte con Carlo Conti, ma lui non lascia la trasmissione nonostante i miei insistenti sms al numero in sovrimpressione. Ottengo solo lo scaricarsi quasi totale della batteria, perciò spengo il cellulare per  poi riaccenderlo, mandare qualche sms di auguri e rispegnerlo. Lo accendo per l’ennesima volta e scrivo a una mia amica a Londra, “Buon anno from the future!” e lo rispengo. E ancora così per un po’. Nel frattempo Paolo torna a deambulare e Lorenzo smette di sanguinare. Siamo quasi pronti per uscire quando lo studente di medicina di cui sopra esprime la sua disapprovazione vomitando sui fornelli. “No Marco, lo devi vedere” m’incitano in duo Alice e LucaS e io, belando, eseguo. Sembra quando la lavastoviglie ti ributta tutto fuori dai lavandini, solo annaffiato da vino rosso e succhi gastrici. Nell’attesa che Danny e Lorenzo puliscano mi faccio mettere la matita (agli occhi) e invadiamo la bellissima camera di un’inquilina, ci fumiamo e sediamo attorno al tavolo da tè, dove LucaS spulcia tra la bigiotteria, Gloria mischia vodka e succo d’arancia e io scrocco un caricabatterie Nokia. Per paura di dimenticarmi il cellulare me lo infilo in tasca col cavo attaccato. Sembro Super Vicki. Usciamo all’una e mezza e andiamo a piedi verso la stazione.

Lungo Strada Maggiore si canta e si barcolla e si beve. Sotto le torri sembra di essere a Roma il 15 ottobre scorso, mancano solo Er Pelliccia, la puzza dei lacrimogeni e la camionetta della Finanza in fiamme. Provvederei ma Sonia ha paura dei botti e ci spinge sottobraccio fino a via dell’Indipendenza. Spero abbia piovuto, perché se quello che chiazza l’asfalto è alcool non escluderei che qualcuno dei nostri si possa mettere a succhiarlo. Arriviamo in stazione ma nessuno sa dove prendere la navetta, poi Elena e LucaS vanno a pisciare in un bar, poi Alice attraversa la strada, poi tutti attraversiamo la strada, poi Gloria e Sonia tentano di andare a pisciare all’UNA Hotel, poi ci ricongiungiamo. Un gruppetto di ragazzi parla di una fantomatica navetta marchiata PARCO NORD/ appena passata. Nell’attesa che ripassi oppure no Alice propone più volte di salire su uno dei furgoncini abusivi che ronzano lì attorno ma nessuno dà ascolto ai suoi deliranti “non sprecare 17euroeccinquanta se ci stiamo anche solo dieci minuti”, perciò si attiva e trova l’effettiva fermata della mitologica navetta dove andiamo ad aspettare. Noi sobri siamo così frustrati da metterci a organizzare il prossimo Capodanno. Arriva una navetta marchiata TERMINAL STAZIONE/, fa il giro e torna marchiata PARCO NORD/, ma viene presa d’assalto da un’orda di diciottenni assatanati e restiamo a piedi.  Stefano è sempre meno contento. Alice chiama tre o quattro taxi e i ragazzi che ci hanno ospitato tornano a casa a finire di vomitare. Arriva un taxi soltanto, che c’insulta e si porta via Gloria, Sonia e Riccardo. La navetta torna ma stavolta niente orda, siamo anche in mezzo alla strada, gli altri sono pronti a tutto, a me fanno male le ginocchia, salire non è un problema. A bordo alcool, cori e spintoni. Scendiamo.

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Stavo già pensando a quest'articolo

Fino all’ingresso dell’Estragon veniamo accompagnati dal TUM-TUM-TUM proveniente dal Palanord lì di fronte e da voci indistinte riguardo dentifricio congelato e sbriciolato spacciato per MDMA, comprato e rivenduto in un lampo una sera lontana. All’ingresso il tipo che ci strappa i biglietti e timbra la mano ci dice che di là si pagano 25 sacchi e che è una merda. Ci fidiamo, credo. Dentro, il capannone è essenziale ma carino, il guardaroba esaurito -un po’ come noi- e la musica decente, tant’è che comincio a ciondolare. Siamo in fondo al locale ma è impossibile non notare i tubini neri, i mantelli rossi e i capelli a caschetto dai colori sgargianti dietro la console. “Ah, ma le DJ sono due donne!” esclama Alice. Alzo un sopracciglio, non so perché ma mi tornano in mente quelli della serata gay all’A©U, a Utrecht, a maggio. Alice va in bagno. Alice torna. Stefano va in bagno. Alice dice se andiamo nell’altra sala che fanno rock. Io dico che Stefano non è tornato. Alice dice che nell’altra sala dànno Marilyn Manson. Stefano torna. Andiamo nell’altra sala ché dànno Marilyn Manson. Invece c’è la sigla di Happy Days. Il ritmo è più sostenuto e mi ritrovo a dondolare sui talloni più velocemente che nella prima sala, dove torniamo dopo un po’. Stavolta siamo a pochi metri dal palco e possiamo chiaramente distinguere i bei baffi delle DJ (le PopPen), “Ancora convinta che siano donne, Alice?” Ma non importa, perché ci hanno irretito agitandosi come ossesse. Sono incantevoli, insultano Alessandra Amoroso, mettono buona musica, chiudono con Where Is My Mind? dei Pixies e ci salutano con grande entusiasmo. Non ricordo a che ora usciamo. Riccardo, Sonia e Gloria rimangono, Elena passa dal baracchino lì vicino e torna con 5 euro in meno e una piada con salsiccia, ketchup e maionese in più. C’incamminiamo verso la fermata.

Qualche metro più in là piscio contro un albero, per nulla nascosto alla vista degli altri zombie.  Adesso sanno di chi è il territorio, qui. Attraversiamo un paio di volte la strada fino a ritrovarci al punto di partenza e saliamo sulla navetta che ci riporta in stazione. Troviamo un bar e ci avviamo in pellegrinaggio. Ben prima di arrivare alla porta veniamo accolti dal profumo delle brioche appena scongelate. All’interno c’è fila, ma noto una ragazza isolata appiccicata alla vetrina venire servita da una seconda cassiera spuntata chissà da dove e capisco. Con passo deciso arrivo alla cassa ignorata dal gregge e ordino. LucaS coglie al volo e mi segue portandosi dietro Elena e LucaC, ancora spaesati. Cibo, freddo e chiacchiere, poi arriva il 21. Poi ancora freddo fino a casa. Come pigiama LucaC indossa il costume dell’Uomo Ragno che gli valorizza il pacco e tira fuori il suo sacco a pelo militare, cingolato e munito di artiglieria leggera. Una volta dentro fatica a richiuderlo e sembra avvolto in un bozzolo. Temo che domattina lo ritroveremo trasformato in farfalla e lo faccio presente agli altri. Alice irrompe in camera (cucina) nostra -mentre LucaS ride ancora per le condizioni di LucaC- e ci dice che la sveglia è alle 14, ché Stefano deve riposare sette ore se vuole essere fresco per il viaggio. Noialtri pensiamo ‘sticazzi e ci mettiamo a dormire.

LucaC è ancora LucaC quando Alice entra in camera (cucina) nostra con un’ora e mezza di anticipo rispetto a quanto pattuito. Cominciano i preparativi per la colazione e il via vai di persone. Sembra che Riccardo, Sonia e Gloria siano riusciti a tornare con qualche peripezia che non ricordo. Stefano m’incoraggia ad alzarmi e fare qualcosa, ma avverto lui e LucaC che appena sveglio ho un problema patriottico, quindi mi metto seduto a gambe incrociate col sacco a pelo ancora addosso. La stanza si popola, potrebbe accadere di tutto. E infatti non succede niente. Mangiamo pancarré tostato e nutella, ridiamo, beviamo più volte un caffè improponibile confidando nell’azione mitigatrice del latte, impacchettiamo tutto, ci cambiamo e scendiamo.

Partiamo senza aspettare Stefano e Alice e in autostrada facciamo un giochetto: sorpassarci a vicenda facendo gesti strani. Cominciamo io e Gloria -che per il ritorno siede dietro, vista la mia altezza- fingendo di correre. Gli altri vanno di stile libero, allora noi corriamo all’indietro e loro cavalcano e noi voghiamo e loro non me lo ricordo. Stefano e Alice tornano a casa senza fermarsi, noi invece giriamo a Santerno Ovest.

Il sole è sempre più basso all’orizzonte, sta per finire il primo giorno di questo nuovo anno, nella mia mente affiorano pensieri che trascendono lo scibile umano e prendono forma in versi soavi. Ma visto che ho scritto così tanto non sto qui a riportarveli, ché è tardi. Nel tempo che impieghiamo a scegliere e ordinare, Sonia ha già finito. Cambiamo tavolo quattro o cinque volte e inganniamo l’attesa parlando di. A un certo punto Riccardo guarda fuori dalla finestra e sbianca, “Cioè, quella donna sta pulendo il culo del cane” dice. Sappiamo bene che la scena ci turberà ma ci giriamo lo stesso, morbosamente incantati dall’abnegazione della donna nei confronti di quei due spazzoloni da cesso a quattro zampe che si porta dietro, viziata dal vecchio con Jaguar d’ordinanza che la scarrozza in giro e non perde tempo per rimirarle, tra le rossastre nubi, le chiappe. Un po’ come noialtri maschietti qua dentro. Dopo quasi un’ora usciamo, fumiamo e ripartiamo. Poi arrivano gli hamburger e le patatine.

Andiamo avanti col nostro gioco tra richieste d’aiuto con la pistola alla tempia, altra roba che non ricordo e post-it minuscoli. Superata Rimini Sud, però, ci addormentiamo tutti di colpo -tranne i due Luca alla guida, credo- e in un paio di sbadigli eccoci a Civitanova Marche.

Poi a casa mia, dove fumo una sigaretta prima di rientrare.

-m4p-

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Filed under: Le straordinarie avventure di marco4pres Tagged: Bologna, Capodanno 2011, Estragon, PopPen

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