Andrew si iscrive ad una delle scuole di musica più rinomate di New York sperando di diventare un grande batterista jazz. Fin dal primo anno attira l'attenzione del temutissimo professor Fletcher che dirige la banda del conservatorio. I metodi dell'insegnante sono al limite del sadismo e tra Andrew e il suo maestro si scatena una guerra che travalica i confini della scuola..
La curiosità scatenata dai tre Oscar vinti mi ha fatto dimenticare che solitamente a spuntare le nomination attoriali sono film che non amo molto e infatti la prima parte della pellicola ha confermato il mio pregiudizio: niente di nuovo nelle dinamiche tra allievo/insegnante, salvo il fatto che lo studente non è un disperato o uno scansafatiche da redimere ma un volenteroso disposto a rinunciare anche all'amore pur di seguire la sua ambizione musicale. Il professore invece è l'apoteosi del classico insegnante stronzo: sadico come il Sergente Maggiore Hartman di Full Metal Jacket a cui J. K. Simmons assomiglia anche fisicamente e bastardo come il Dottor House: ovviamente tutta questa cattiveria è solo uno sprone per ottenere il meglio dai propri studenti che però il più delle volte ne escono distrutti psicologicamente. E' proprio la determinazione di Andrew che riscatta il film trasformando il classico rapporto scolastico nello scontro paritario tra due individui dotati di una forte personalità dominante. Il messaggio quindi si arricchisce rispetto al solito invito a lavorare duramente per ottenere quello che si desidera, sottolineando l'importanza di credere in sé stessi senza farsi intimidire.
Un'opera quindi solida che però aggiunge ben poco di nuovo a un tema classico della cinematografia, anche da un punto di vista stilistico, che è visivamente molto potente, mi sembra di vedere un debito verso il cinema di Darren Aronofsky: luci e colori mi hanno ricordato The wrestler ma soprattutto l'attenzione allo sforzo fisico, sangue e sudore del batterista, richiamano temi cari al regista.