OSome Studio è un piccolo studio indipendente francese che ha raggiunto una grande visibilità dopo che Activision lo ha preso sotto la sua ala protettiva divenendo il publisher del loro primo titolo: White Night. Questo titolo survival horror dalla curiosa vesta grafica tutta noir, fatta di due soli colori opposti fra loro, il nero e il bianco, è disponibile da questi primi giorni di marzo su PC, PS4 e Xbox One, pronto a trasportaci in una folle e surreale avventura, alle prese con fantasmi e oscuri segreti con cui il nostro protagonista dovrà confrontarsi.
Uno stile visivo in solo bianco e nero dal netto contrasto, caratterizza questo titolo noir ambientato durante la grande depressione americana degli anni ’30 dove il giocatore sarà chiamato a scoprire l’oscuro segreto celato all’interno di una villa abbandonata, in cui nascosti nell’oscurità si celano pericolose entità, che assieme ad un buon numero di enigmi da risolvere attraverso l’uso della luce cercheranno di bloccare la nostra ricerca della verità. White Night fa della trama il suo punto forte, riesce a incuriosire e a tenere in tensione in modo sempre crescente fino al capitolo finale dove viene finalmente svelato il segreto. L’inconfessato che non sarebbe dovuto essere rivelato e che, pur non brillando per originalità, risulta un colpo di scena inaspettato e ripaga delle ore di gioco spese per raggiungere l’epilogo, soprattutto se avremo avuto l’accortezza di esplorare a fondo la villa e trovare tutte le note che raccontano una storia nella storia, perfettamente amalgamata con le vicende che si susseguiranno per tutta la durata della nostra run. Purtroppo siamo davanti ad un titolo davvero breve, composto da 5 capitoli più l’epilogo completabili in appena 5 ore, che aumentano leggermente se ci cimentiamo nella ricerca di ogni collezionabile, e che pur essendo poche, rispecchiano comunque l’arco di tempo di una storia raccontata dal tramonto all’alba e, soprattutto nei capitoli finali, evitano di arrivare alla ben peggiore ripetitività delle situazioni.
Il gameplay del gioco si basa infatti sull’esplorazione e sulla soluzione di enigmi, mentre il lato più horror e survival di tutta l’avventura passa in secondo piano. Le entità che si nascondo nel buio non possono essere combattute, ed essere raggiunti da una di loro significa morte certa e dover ricaricare la partita da uno dei salvataggi precedenti. Una volta che avremo illuminato una delle poche poltrone presenti, accendendo una luce o una candela, avremo infatti la possibilità di sederci e salvare la partita. L’aspetto survival viene dato invece dalla presenza dei fiammiferi, che possiamo portare con noi in quantità molto limitata, non più di 12 per volta – ma che non li abbiamo mai esauriti in tutta la partita -, che ci permettono di illuminare le zone buie nelle immediate vicinanze del protagonista in cui potrebbero trovarsi dei poltergeist pronti ad attaccarci. Dovremo infatti imparare a leggere i segnali che l’ambiente ci manda, come ad esempio rumori o tremolii della fiamma che indicano la presenza di un fantasma nelle nostre vicinanze e che nei primi momenti di gioco riescono a darci un gran senso di tensione, soprattutto quando la fiammella, la cui durata si accorcia ogni volta che corriamo, si spegne e ci lascia nel buio più totale. Purtroppo, già dopo il primo capitolo, l’esplorazione si rivela abbastanza piatta e senza grandi momenti di terrore, se non grazie al fatto che l’ambiente circostante si modifica nel tempo e una zona dove prima era presente una fonte di luce potrebbe ora essersi rotta o spenta, cambiando leggermente le carte in tavola, ma senza mai produrre situazioni frustranti in cui non riusciremo ad avanzare. Sono invece la stessa storia e le ambientazioni, assieme ad una scala cromatica minimalista, a far da padroni spingendo il giocatore ad avanzare nell’avventura per vedere come la stessa villa inizia a diventare sempre più decadente man mano che andiamo avanti, sia fisicamente che mentalmente, a dimostrazione di come l’elemento horror sia più un contorno che si mischia perfettamente con lo stile noir. Musiche malinconiche nei momenti di maggior pathos fanno da contraltare a momenti di puro silenzio in cui si sente solamente il fischio del vento o il ticchettio dell’orologio, l’aspetto del protagonista, il periodo degli anni ’30 e ovviamente le scelta di utilizzare solo il nero e il bianco, mostrano una grande creatività e stile dietro la produzione di questo titolo.
Purtroppo non siamo di fronte ad un gioco perfetto. La durata risulta veramente troppo breve e l’aggiunta di qualche capitolo in più non sarebbe dispiaciuta, anche se ciò avrebbe dovuto portare ad un bilanciamento dei nemici presenti nel mondo di gioco. Esiste infatti una sola tipologia di fantasmi che si muove e rimane ferma in punti ben definiti e non è molto reattiva alla nostra presenza. Spesso la loro posizione è stata scelta appositamente per costringere il giocatore a seguire determinati percorsi, anch’essi ben definiti in modo tale da farci risolvere enigmi basati sull’uso della luce elettrica, l’unica in grado di eliminare definitivamente i vari poltergeist. Purtroppo gli enigmi, nonostante cerchino di essere criptici risultano molto banali e semplici, al più richiedono l’uso di qualcosa ottenuto in precedenza, ma mai nel nostro inventario ci siamo trovati con più di un oggetto da utilizzare e solo in un caso ci siamo trovati in difficoltà, non per la complessità ma perché non ricordavamo dove andava usata una chiave, costringendoci a girare a vuoto per la villa e sprecare fiammiferi. Questo, perché non è presente una vera e propria mappa in cui sono segnati i punti chiave, difatti dovremo affidarci solo alla nostra memoria e lo stesso dicasi per gli indizi che ci aiuteranno a risolvere alcuni enigmi, che non vengono trascritti da nessuna parte, ma con un po’ di attenzione non si avrà mai nessuna difficoltà. In ogni caso il sapiente uso delle proiezioni della luce sul nero riescono a creare degli enigmi davvero creativi e a volte un po’ surreali, ma in linea col tipo di gioco, visto che spesso l’unico vero ostacolo sarà proprio il buio. Tuttavia la difficoltà non molto elevata, ma comunque presente visto che capita anche più volte di morire, permette di godersi appieno la trama di White Night, che risulta appunto il pilastro portante su cui si regge l’intera produzione, anche se, dopo una run, a meno che non si vogliano trovare tutti i collezionabili o completare la storia senza mai salvare, i motivi per iniziare una nuova partita saranno ben pochi.
Il design del gioco e il brillante uso dei soli colori bianco e nero, oltre a risultare funzionali al gameplay e visivamente ricercati, permette al motore di gioco di essere facilmente scalabile su più macchine. In primis per l’assenza di texture ovviamente inutili in questo caso, sia che per modelli tridimensionali dell’ambiente e dei personaggi volutamente semplici, ma mai vuoti e che ben si sposano con lo stile minimalista del gioco. L’illuminazione però riveste un ruolo centrale e pur non sfumando dalla fonte di luce e passando con uno stacco netto dal bianco al nero, risulta molto realistica e alcune soluzioni, come il nero totale anziché la luce bianca quando cade un fulmine, risultano molto creative ed intelligenti. Inoltre a seconda della posizione della telecamera a volte sarà anche possibile notare i lens flare generati dal fiammifero o da un camino acceso, oppure vedere un determinato dettaglio appositamente illuminato, che altrimenti ci sarebbe sfuggito. Questo grazie alla scelta di utilizzare delle inquadrature fisse che non seguono il protagonista, ma che appunto cercano di mostrare il lato più artistico del gioco, poiché ogni scena è stata ben studiata per coniugare la bellezza della luce che filtra da una porta con un eventuale punto chiave su cui dobbiamo focalizzarci, anche se alcune volte specie nei momenti più concitati, il cambio d’inquadratura potrà disorientarci e farci finire direttamente nelle grinfie di un fantasma. Tuttavia, White Night presenta più volte problemi di aliasing, specie nella proiezione delle ombre, che risultano fin troppo seghettate e in parte rovinano l’ottima atmosfera, oltre a denotare una mancanza di pulizia finale, che in un gioco dalla grafica comunque semplice come questo, si sarebbero potuto e dovuto evitare.