Un evento mediatico che parte da internet, usa internet come canale di divulgazione dal basso, che usa alcuni giornali come supporto, attenzione: come supporto. Sarebbe interessante capire quanta gente nel mondo ieri era collegata davanti al pc intenta a seguire l’evoluzione dei fatti, a rilanciarla febbrilmente, senza quartiere, minuto dopo minuto. Oggi il Cable Gate lanciato da Wikileaks su internet è la notizia da prima pagina di tutti i giornali online o meno del mondo. Massimo Razzi su Repubblica lo definisce il giorno che ha cambiato l’informazione. I media tradizionali non sono il perno centrale, il fulcro della divulgazione, ma solo spalle, non i protagonisti principali. Così il Guardian o il New York Times ad esempio.
È la cosa che si dice del terrorismo, no? Che il suo obiettivo – lo dice il nome – non sia la realizzazione di attentati, il numero di morti, il successo delle iniziative puntuali, ma la diffusione della paura, il radicamento della consapevolezza della propria esistenza. I terroristi vogliono far sapere che ci sono e che nessuno può sentirsi tranquillo perché possono colpire.
Il paragone si esaurisce ovviamente in questo aspetto – ci mancherebbe – ma per Wikileaks è uguale: non è pubblicare con successo scoop pazzeschi il suo fine, quello è il mezzo. Il fine è fare in modo che i governi, le istituzioni, i poteri, sappiano che non possono essere certi della segretezza delle loro scelte. Che capiscano che il tempo della riservatezza serena e garantita è finito: che niente di deprecabile o illecito potrà più essere fatto senza timore di essere scoperti. E in questo Wikileaks ha vinto già…
Ed è vero, nel bene o nel male, a seconda di come una la veda resta il fatto che le carte in tavola sono cambiate. E l’unico che ci ride su è Berlusconi.