Dispacci diplomatici del periodo 1974-2008 dimostrano che Washington non ha mai ritenuto possibile la nascita di uno Stato saharawi, nonostante la cospicua ricchezza dei fosfati e il diritto all'autodeterminazione riconosciuto dall'Onu.
di Christophe Guguen per Lakome - traduzione a cura di Giulia Fagotto
A partire dal 1975 le sorti del "Sahara spagnolo" sono divenute oggetto di negoziazione tra la potenza occupante e i paesi della regione che rivendicano il territorio sotto il controllo iberico, Marocco in testa.
Poiché l'anno precedente Madrid si era impegnata ad organizzare, sotto l'egida dell'Onu, un referendum per l'autodeterminazione, i diplomatici americani hanno cominciato ad analizzare la fattibilità del progetto.
"Gli spagnoli hanno riflettuto a lungo sulla possibilità di realizzare uno stato saharawi indipendente", scrive l'ambasciatore americano a Madrid, Wells Stabler, in un dispaccio diplomatico datato 12 giugno 1975.
"Nonostante ne riconoscano le molteplici debolezze, hanno sottolineato che un Sahara indipendente non sarebbe molto diverso da altri nuovi Stati che hanno una popolazione ristretta, limitate risorse a loro disposizione e una quasi totale assenza di manodopera qualificata. Il paragone spesso viene fatto con il Kuwait, Abu Dhabi o altri stati del Golfo ricchi di idrocarburi".
Nel 1975 infatti la principale fonte di guadagno del territorio è rappresentata dai fosfati di Bou Craâ, estratti dalla compagnia spagnola Phosboucraâ.
Le riserve, sotto controllo iberico, stimate in 1,7 miliardi di tonnellate, sarebbero "le sole in grado di rendere lo Stato saharawi economicamente indipendente" afferma Madrid.
La mancanza di manodopera qualificata locale avrebbe potuto essere colmata, secondo la diplomazia spagnola, dall'arrivo di lavoratori stranieri, in particolar modo "palestinesi, egiziani e pakistani".
"Uno stato virtualmente senza difese"
Tuttavia, come sottolinea la diplomazia americana sempre nel 1975, l'aspetto economico non è il fattore più importante per determinare l'eventualità dell'indipendenza.
Nello stesso dispaccio, Wells Stabler evidenzia come la questione della sicurezza sia l'incognita maggiore. In effetti, mentre il territorio copre una superficie grande quanto la Gran Bretagna, la popolazione non supera le 70 000 unità.
Nel 1975, si contano 1200 uomini nelle forze armate locali, che peraltro dipendono direttamente dal controllo spagnolo. Tra loro non ci sono ufficiali saharawi.
"Il futuro Stato sarebbe virtualmente indifeso rispetto ai vicini più grandi e meglio equipaggiati. Una volta che le truppe spagnole avranno lasciato il territorio, la sicurezza dipenderà sia dalle garanzie che le parti interessate saranno in grado di fornire, sia dagli equilibri che si instaureranno tra i due vicini rivali: Algeria e Marocco".
L'ambasciatore americano a Rabat, Robert Neumann, segnalava già nel giugno 1974, che la rivalità tra i due Stati coinvolti nella vicenda del Sahara suscitava reazioni opposte all'interno del mondo arabo.
Molti paesi in quel periodo sostenevano la posizione dell'Algeria, che si era inizialmente schierata a sostegno delle rivendicazioni della Mauritania sul territorio.
Il Marocco, secondo Neumann, poteva contare solamente su Siria, Kuwait e Arabia Saudita. " Siamo convinti che gli altri leader arabi, benché riluttanti a opporsi direttamente all'Algeria, sarebbero comunque contrari alla nascita di un Sahara quasi indipendente, condividendo il punto di vista dell'ambasciatore saudita, secondo il quale la creazione di un Sahara indipendente, rappresenterebbe solamente un altro motivo di scontro all'interno del mondo arabo, il che non è nell'interesse di nessuno".
Robert Neumann esprime in seguito il suo punto di vista sulla posizione che dovrebbe adottare Washington: " Sono convinto che gli Stati Uniti dovrebbero guardare alla prospettiva di una Sahara spagnolo indipendente con la stessa freddezza espressa da gran parte del mondo arabo, e ciò per le stesse ragioni. Nel caso in cui ottenesse l'indipendenza, questo territorio vuoto diverrebbe sicuramente oggetto di contesa e quindi fonte di instabilità regionale".
A quell'epoca gli Stati Uniti tentano di mantenersi neutrali sulla questione del Sahara per poter intrattenere contemporaneamente buone relazioni con tutti tre gli stati coinvolti: Spagna, Marocco a Algeria.
Neuman spiega che la conclusione di un accordo tra questi paesi e la Mauritania è nell'interesse sia di Washington sia di quello, più generale, della stabilità regionale.
"Che questo accordo soddisfi o meno le rivendicazioni territoriali marocchine mi sembra irrilevante per gli interessi statunitensi", precisa successivamente l'ambasciatore.
La svolta della Marcia Verde, ma l'Algeria non cede
Nel novembre 1975, la Marcia Verde, che vede l'avanzamento militare marocchino in Sahara, così come la conclusione degli accordi di Madrid, che stabiliscono la spartizione del territorio tra il Marocco e la Mauritania, sembrano mettere fine alle speranze di veder nascere uno Stato saharawi indipendente.
Tutto ciò a discapito dell'Algeria, la cui strategia - analizzata nel giugno 1975 da un diplomatico americano in servizio ad Algeri - mirava invece alla creazione di un'entità "sotto la sua influenza".
Tuttavia la diplomazia francese avverte Washington: Algeri non rimarrà a guardare: "Il dossier algerino sull'autodeterminazione è giuridicamente valido e la soddisfazione attuale che il Marocco dimostra per la 'conquista' del Sahara può essere prematura", spiega D'Albis, il direttore della sezione Africa del Nord del ministero degli Esteri francese, in un dispaccio del 25 novembre 1975.
Ed effettivamente non aveva tutti i torti.
Trent'anni più tardi, il conflitto è in una situazione di stallo che non rende giustizia al diritto di autodeterminazione che è sempre, per lo meno a livello ufficiale, il principio guida delle negoziazioni in seno alle Nazioni Unite.
2008: le confessioni di Van Walsum
Nell'aprile 2008 la questione dell'indipendenza torna alla ribalta. L'inviato personale del Segretario generale delle Nazioni Unite, l'olandese Van Walsum, si lascia sfuggire le seguenti dichiarazioni davanti al Consiglio di Sicurezza: "Dal momento che il Consiglio di Sicurezza non ha reagito nel 2004, quando il Marocco ha deciso di non accettare un eventuale referendum che includesse l'indipendenza come possibile opzione, ne ho dedotto che nessuna pressione avrebbe potuto convincere Rabat a rinunciare alle sue rivendicazioni di sovranità sul territorio. E che dunque l'indipendenza del Sahara Occidentale non rappresentava più un'opzione realistica".
È la prima volta che un ufficiale delle Nazioni Unite si pronuncia pubblicamente sulla questione.
Van Walsum fornisce al Consiglio di Sicurezza la spiegazione della sua analisi dello status quo attuale: " C'è un'opinione largamente condivisa all'interno della comunità internazionale che ritiene la posizione del Polisario come la più forte dal punto di vista legale, ma che non pensa sia compito del Consiglio di Sicurezza quello di far pressione sul Marocco perché ritiri le sue truppe dal Sahara Occidentale. Sembra che il Fronte Polisario sia disposto ad ascoltare solo la prima parte di questa frase e il Marocco la seconda ".
Se le dichiarazioni di Van Walsum, che hanno mandato su tutte le furie il Polisario e l'Algeria, gli sono costate il posto, il Consiglio ONU non ha imposto l'abbandono dell'opzione dell'indipendenza.
Un dispaccio diplomatico parigino datato aprile 2008 rivela un altro 'scoop': gli Stati Uniti erano pronti a varcare la soglia.
In effetti, Washington aveva sottoposto all'Onu una risoluzione che bollava come irrealizzabile l'ipotesi dell'indipendenza. Questo avrebbe quindi messo al centro delle negoziazioni la proposta marocchina di creare un'autonomia regionale per il Sahara sotto la sua sovranità.
La Francia decide però di rifiutare di appoggiare la risoluzione, con grande sorpresa dei diplomatici americani che si sono interrogati su quest'apparente contraddizione (vista anche la consolidata posizione pro-Marocco mantenuta da Parigi in ambito diplomatico, ndt): "La chiusura francese sembra in contrasto con la linea fissata dal ministero degli Affari Esteri [...], vista anche la situazione turbolenta in Africa del Nord e le sue inquietudini riguardo alla possibilità, seppur remota, della formazione di uno 'stato fallito' in cui i terroristi avrebbero potuto circolare impunemente".
Gli americani appaino delusi dal fatto che il comunicato proposto dai francesi non sia stato così esplicito come "accordato precedentemente in sede privata".
Tuttavia l'atteggiamento volubile può essere spiegato considerando l'enorme influenza della lobby algerina sul governo francese, poi determinante anche nel sostenere il progetto dell'Unione per il Mediterraneo che il presidente Sarkozy all'epoca stava cercando di far decollare.