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Pubblicato in Cose di Ca' Ska da Jacopo il 18 luglio 2013Sono sicuro che tutti comprenderanno il fascino di una casa con 9 buchi rettangolari nei muri, ma dopo 3 anni anche noi abbiamo pensato che sì, va bene lo stile spartano, ma in montagna l’aria è fresca, entrano le bestie, il governo è ladro (e anche i ladri sono ladri), e quindi qualche finestra ci avrebbe fatto comodo.
Dopo aver smontato gli ultimi moncherini che restavano di quelle precedenti ed esserci fatti truffare da un falegname che prometteva di riportarcele agli antichi fasti, abbiamo valutato se costruirle noi stessi grazie alle competenze acquisite con le imposte. Abbiamo desistito sia perché le abbiamo guardate bene, quelle imposte costruite da noi, ma anche perché ci siamo resi conto che assemblare delle finestre è una cosa molto diversa: gli scuri possono avere delle imperfezioni, le finestre no. Ogni taglio sbagliato, ogni incastro non perfetto, significa spifferi e gelo, e vanificare tutto il lavoro fatto con gli isolanti del tetto per isolare dal freddo esterno.
Ci siamo quindi rivolti a un professionista, un mastro falegname onesto e capace (che al giorno d’oggi non è poco), per avere un prodotto di qualità che durasse nel tempo.
Ci siamo accordati per eseguire noi alcuni lavori che avrebbero fatto lievitare il costo senza vero valore aggiunto, ad esempio il trattamento e la verniciatura e il montaggio delle finestre. In questo modo siamo riusciti a tenere il prezzo relativamente basso senza rinunciare a un buon prodotto e abbiamo potuto mantenere il nostro stile “fai-da-te” almeno parzialmente, senza prendere il pacchetto completo (altrimenti poi che gusto c’è?).
Due parole sulle scelte “tecniche”, condivise con il falegname. Le finestre sono in legno di pino, che ha un buon rapporto qualità/prezzo: un po’ meno economico e morbido dell’abete (in assoluto il legno più cheap, che abbiamo utilizzato per i pavimenti), ma non pregiato e costoso come, ad esempio, la quercia. Da quel che ci è stato dato di capire si usa praticamente sempre quel materiale per le finestre, quindi ci siamo adattati.
Per ragioni di efficienza nel lavoro dell’artigiano abbiamo anche accettato di buon grado che le finestre fossero costruite con la struttura di quelle moderne, cioè abbastanza spesse, con telai robusti e battuta finestra-telaio a più livelli per minimizzare gli spifferi (non so che termine tecnico usare, comunque penso che dalle foto si capisca cosa intendo). La ragione è molto semplice: cercare di fare delle finestre uguali alle vecchie, più semplici e più leggere, sarebbe paradossalmente costato molto di più, perché il falegname avrebbe dovuto seguire un processo diverso da quello utilizzato per fare le altre decine di finestre che costruisce ogni anno, facendo lievitare il numero di ore necessarie e quindi il costo. I doppi vetri sono stati scelti sia per la ragione appena spiegata che per limitare ulteriormente la dispersione di calore e aiutare il riscaldamento della casa in inverno. Infine, la scelta di farle mono anta invece che doppie (di certo più belle e più “tradizionali”) è stata dettata dalla necessità di aumentare la luminosità dei locali, visto che le sagome nei muri sono molto alte e strette (come si usava un tempo). Un compromesso con l’estetica che abbiamo accettato di buon grado.
Per prima cosa il falegname ci ha consegnato le 7 finestre costruite, ancora senza vetri, per trattarle e colorarle come preferivamo. Abbiamo dato una mano di antitarlo, due di impregnante e una di trasparente. L’impregnante è stato scelto color pino-larice, che a nostro avviso valorizzava il legno senza scurirlo troppo. La vernice trasparente serve invece per rendere lucido e idrorepellente il legno, così da riuscire a lavarle senza che lo sporco venga assorbito.
Una volta trattate, abbiamo riportato le finestre all’artigiano, che ha montato i cardini e i vetri e ce le ha restituite. Le maniglie ce le ha fornite a parte per montarle alla fine di tutto ed evitare che si rovinino nei lavori.
Una volta portate in loco, è iniziato il lavoro di montaggio, alla fine relativamente veloce. Abbiamo montato ogni telaio avvitando quattro tasselli, due per lato, nelle spalle del muro (ovviamente bucando prima il legno con il trapano per evitare di creparlo).
In questo modo le finestre erano fisse e stabili ma mancava tutto il “contorno” che le facesse diventare un tutt’uno con la parete. Per far questo abbiamo semplicemente proseguito stendendo l’intonaco sulle spalle, che quando avevamo intonacato avevamo lasciato scoperte proprio in vista di questo lavoro, andando a chiuderlo sul telaio. Così come abbiamo fatto per i muri, anche in questo caso abbiamo steso uno strato di intonaco grezzo in malta e poi abbiamo spennellato del grassello più fine per ridurre le asperità.
Nei casi in cui il muro circostante non era intonacato ma a pietra (solo una finestra in camera, in realtà) abbiamo riempito solo la fessura fra il telaio e l’inizio del muro, lasciando le spalle a pietra.
A questo punto i due lati verticali erano a posto, mancavano i due lati corti in basso e in alto. In alto non era un problema rilevante perché la finestra termina a contatto con l’architrave di legno e quindi va solo chiusa la fessura con un po’ di stucco/silicone da legno. In basso invece andava costruito un davanzale come si deve.
Per il davanzale abbiamo scelto di usare il cotto recuperato dai vecchi pavimento della casa. Abbiamo pensato di utilizzare sia il legno, in linea con il parquet del pavimento, ma il tutto sarebbe risultato probabilmente troppo pesante e monocolore (inoltre un davanzale di legno non è particolarmente pratico). Abbiamo valutato anche la pietra serena, ma andava comprata/recuperata, e non ci convinceva con il resto dei materiali.
Alla fine, avendo una notevole quantità di cotto disponibile (in aggiunta ai metri quadri che ci serviranno per i pavimenti al piano di sotto), abbiamo deciso di usare quello.
Credo sia stata una buona idea, perché il rosso mattone ben si sposa con il legno e l’intonaco bianco circostanti. Le fughe sono state fatte con lo stesso colore beige/panna delle stuccature, per ulteriore omogeneità. In tutte le finestre siamo dovuti praticamente partire da zero, perché il vecchio davanzale era polverizzato. Abbiamo quindi fatto una colata per arrivare al giusto livello, facendo in modo che le mattonelle di cotto arrivassero a filo del telaio, chiudendo la fessura ma senza andare a coprirlo.
Il colore spento e macchiato del cotto che si vede qui sopra mostra giusto l’ultimo lavoro lasciato indietro, cioè pulire il nostro vecchio cotto e farlo tornare, per quanto possibile, a un colore più bello. Si usa l’acido cloridrico, che è molto invasivo ma è l’unico modo per rimuovere sporco assorbito per decenni. Dopo averle pulite le mattonelle vanno trattate con una vernice trasparente simil-cera per renderle meno porose.
L’unica scelta che mi lascia perplesso (in quanto fatta dai miei soci) è quella di far sporgere le mattonelle di cotto per circa un dito fuori dal livello del muro: non ne vedo il valore aggiunto e credo sia poco pratico perché bisognerà fare più attenzione ad appoggiarsi e sedersi per non rischiare di rompere o sbeccare il cotto (cosa che peraltro è già successa). Ma siamo 4 teste e bisogna fare dei compromessi e accettare anche qualche decisione che non convince del tutto: è inevitabile giusto?
Per concludere (o forse l’abbiamo fatto prima, chi cazzo si ricorda) abbiamo cartavetrato gli architravi in legno con la smerigliatrice. Quegli architravi oscillano fra lo splendido blocco di rovere unico, come quello sopra la porta d’ingresso, all’accozzaglia di assi/assette/listelli messi storti. In realtà fa parte dell’atmosfera e dello stile di bucolica decadenza, e non stanno così male. Ma per limitare lo sporco abbiamo anche riempito tutte le fessure con vinavil misto a segatura, così da ottenere una specie di stucco dello stesso colore del legno.
Ecco una piccola gallery del lavoro finito. A mia discolpa devo dire che fotografare le finestre non è semplice, a causa della luce che proviene da fuori. E’ vero, avrei potuto risolvere chiudendo gli scuri come ho fatto nella seconda foto, ma… non ci ho pensato. Shame on me.
Ah, finora ho parlato delle finestre del primo piano perché ci siamo inizialmente concentrati su quelle (scrivo a luglio 2013 ma i lavori sono stati fatti nell’autunno 2012. Lo so, sono indietro, grazie). Ora che il primo piano è praticamente concluso (e nei prossimi due post vedrete il risultato), stiamo montando le finestre del piano di sotto. Non mi ripeto perché l’iter è identico a quello spiegato sopra (tranne per la diversa stagione, visibile dall’abbigliamento, che ha reso decisamente più piacevole il lavoro).
Funny story: montando la finestra piccola del salone, ci siamo resi conto che l’architrave esterno sembrava un po’ marcio. L’abbiamo smontato ed era così.
Abbiamo quindi convenuto che sostituirlo poteva migliorare la solidità di quella finestra e, con il lavoro più veloce della storia, l’abbiamo cambiato.
Bonus track: la finestra sopra l’entrata è un po’ diversa dalle altre. Abbiamo deciso di tenere il davanzale di pietra perché alcune erano molto belle, e anche perché essendo solo un vetro murato (in poche parole, non si apre), per di più sul “vuoto” (perché il soppalco non arriva fino a quella parete), non ci si appoggerà mai nessuno! Inoltre, proprio per il fatto di non essere raggiungibile non era possibile mettere un’imposta, quindi abbiamo ovviato montando un’inferriata. Non ricordo se era già nella casa quando l’abbiamo comprata o se l’abbiamo trovata da qualche parte, ma a mio parere fa la sua figura (anche se siamo un po’ impazziti a montarla).