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Wish you were here - 13

Da Baffo1971
Josh stava rientrando verso casa, dopo la giornata di studio. Era stata una giornata come tante altre, illuminata da quella luce bianca del sole quando è offuscato da una patina di nubi, gas e afa che rendono la temperatura insopportabile, la luce troppo forte per gli occhi, specie per il riflesso sulle superfici chiare degli edifici. Non aveva mai amato il sole Josh, anche perchè non l'aveva mai visto veramente: sapeva che una volta il cielo era blu, il sole appariva nettamente nel mezzo del cielo, quando era giorno, ed il giorno era ben distinto dalla notte. Ma erano solo storie, di un passato lontanissimo... nemmeno suo padre, nè i suoi nonni, o i nonni dei nonni avevano mai visto il sole che si raccontava nelle storie per dormire.
Eppure Josh sentiva spesso raccontare da suo padre che prima o poi il sole sarebbe tornato a splendere nel cielo, e la "Nuova Era" avrebbe riportato la vita di un tempo. Che mai sarà stata la vita di un tempo... anzi, la "bella vita di un tempo", diceva papà...
E mentre questi pensieri gli frullavano per la testa, all'improvviso gli apparirono davanti tre suoi compagni di scuola: Terenç, Marcus e Guillermo, il gruppetto che tutti chiamavano "Tempesta", perchè ogni volta che c'erano di mezzo loro - tutti e tre insieme - arrivava qualche problema.
"Ecco il nostro compagno asiatico", disse Marcus in tono di sfida, ed intonò una cantilena: "Josh è un asiatico, Josh è un asiaticooooo...".
"Josh non solo è un asiatico, ma è fiero di esserlo", rimarcò Terenç. "Ahahah... vi rendete conto? Devi essere matto Joshua, gli asiatici sono sempre stati inferiori, sporchi, brutti, ladri. Per questo vanno puniti. Che ne dite ragazzi, gli diamo una lezione all'asiatico? Ahahahah!"
Josh non accettò la sfida, rimase con gli occhi puntati sulle punte dei piedi, accelerò il passo, si scansò dal gruppetto, strinse i denti e sperò che la smettessero. Ma a quel punto Terenç lo strattonò, tirandolo per lo zaino; lo fece sbilanciare all'indietro e Josh crollò all'indietro, gambe all'aria.
"Ahahahah", gridarono tutti e tre, e mentre ridevano lo colpivano con calci e pugni. Josh si divincolò, ma un calcio lo colpì violentemente alla mascella e lo stordì, al punto che si sentì svenire.
Mentre i tre vigliacchi continuavano a colpirlo, Josh pensava a suo padre e alle sue parole sull'uguaglianza tra le persone: "non è giusto e non è possibile", diceva, "che le persone pensino tutte allo stesso modo; le persone sono tutte uguali davanti alla legge, anche se la pensano diversamente una dall'altra". Il suo ultimo pensiero fu: "ma perchè io devo essere uguale a Terenç, Marcus e Guillermo? Papà, perchè mi hai illuso? Perchè non ci sei? Come vorrei che fossi qui, ora, a darmi forza e a difendermi!".
"Fermi, o chiamo la Guardia Municipale!", intimò all'improvviso una voce. Josh alzò gli occhi, annebbiati dal dolore e dalla luce potente. Hana...
Il gruppetto capì di essere nei guai, e con uno sguardo d'intesa i tre ragazzi si capirono al volo, e se la diedero a gambe levate, scomparendo tra i cespugli del parco del campus.
"Josh, che è successo? Ti hanno fatto male, ti porto io a casa, ora... è tutto finito". Hana lo caricò sulla sua biposto ed arrivarono in pochi minuti a casa, seguendo le indicazioni di Josh.
Hana premette il pulsante di richiamo alla porta della casa monofamiliare a cui erano arrivati. Mike aprì la porta, vide il volto di Josh tumefatto da pugni e calci, gli corse incontro e lo abbracciò forte: "Cosa ti hanno fatto? Chi è stato?".
"Mike, suo figlio ha bisogno di lei. Non gli racconti più quelle storie, altrimenti rischia grosso. Non adesso almeno, non si faccia sentire, ci vada piano! Suo figlio è molto intelligente, ed anche troppo sensibile. Non riesce a trattenere i propri pensieri, e sappiamo tutti come in questo mondo... ehm... ciò non sia possibile". Si fermò un istante, e riprese: "Certo, è possibile, ma molto costoso. Ci siamo capiti, Mike. Abbiate cura di lui... come ne sto avendo io... ed abbiate cura di voi". Abbassò gli occhi, e sottovoce sussurrò: "Paç fat!".

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