- Anno: 2014
- Durata: 106'
- Distribuzione: Medusa
- Genere: Horror
- Nazionalita: USA
- Regia: Greg McLean
- Data di uscita: 10-June-2015
Sinossi: I giovani Rutger (Philippe Klaus) e Katarina (Shannon Ashlyn) si mettono in viaggio verso il Wolf Creek National Park, un luogo bellissimo e isolato che nasconde terribili insidie. Una di queste è lo psicopatico assassino Mick Taylor, un uomo che si diverte a dare la caccia ai malcapitati turisti di turno.
Recensione: Greg McLean torna alla regia con Wolf Creek 2, il tanto atteso sequel del film del 2005 Wolf Creek ed ha come protagonista John Jarratt, lo stesso che ha interpretato il ruolo di Mick Taylor nel primo film. Il film è stato presentato, il 30 agosto 2013, alla 70ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed è stato distribuito in Australia il 20 febbraio 2014.
McLean sceglie come vittime del prologo filmico i viaggiatori Rutger e Katarina, giovani e idealisti, che desiderano esplorare la “vera” Australia e si mettono in viaggio verso la bellezza piena ma desolata del Parco nazionale di Wolf Creek. Lontani dalla civiltà, i panorami mozzafiato e i vasti spazi aperti celano un pericolo in agguato nell’ombra: il killer psicopatico Mick Taylor (John Jarrat) è l’ultimo uomo che un viaggiatore possa aver voglia di incontrare nell’outback e adesso il suo atteggiamento di irriverenza nei confronti della vita umana si è innalzato a un nuovo livello di sadismo.
Greg McLean, ispirato alle gesta efferate di Ivan Milat, serial killer in galera da 20 anni per l’omicidio di sette saccopelisti negli sconfinati spazi australiani (i cosiddetti backpack murders), dirige un film che riporta reminiscenze di Non aprite quella porta di Tobe Hooper. Il Leatherface australiano è un imponente cacciatore redneck chiamato Mick Taylor, in apparenza servizievole coi ragazzi le cui auto restano bloccate da un misterioso campo magnetico nei pressi del gigantesco cratere.
McLean, in questa nuova pellicola orrorifica e splatter, abbandona l’abbondanza di riprese a mano sfoggiate nel primo film e dovute all’influenza del Dogma 95, il gruppo di registi danesi guidato da Lars Von Trier che ha dato il via alla rivoluzione digitale liberando i registi dai vincoli dei budget insostenibili.
Punto di forza dell’operazione è ancora una volta l’uso intelligente degli spazi aperti che disarmano volutamente il pubblico, che dimentica di essere in un film d’orrore e vi si ritrova all’improvviso in un celere cambio di scena drammatica. Un altro elemento da anti-cliché è l’attenzione all’assassino in primis: privo di orripilanti maschere il suo volto è rivelato da subito e lo spettatore ha così modo di avere un rapporto diretto con lui seguendo le espressioni facciali che variano secondo le diaboliche intenzioni da una vittima all’altra.
McLean afferma che il personaggio di Mick Taylor è un’indagine sulla Natura dell’identità nazionale australiana. La crudeltà di questo serial killer diviene emblema del caos frastornante e contraddittorio in cui viviamo e al quale tentiamo invano di assegnare un ordine in contrapposizione con la vendetta spietata verso “la specie introdotta”.
Libero Bentivoglio