Wolfenstein: The New Order – Recensione

Creato il 23 novembre 2014 da Rostislav @videogiochiword

Non molto tempo fa abbiamo pubblicato un articolo riguardante alcune problematiche del genere fps.
In una generazione quanto mai affollata da elementi di tale genere avevamo avvertito un certo processo di ibridizzazione che, a conti fatti, ci aveva posto più di qualche campanello di allarme. Fps only online – Fps con caratteristiche Rpg – Fps open world. Senza contare gli fps con componenti stealth, da sempre un genere di nicchia, paradossalmente e a conti fatti, gli fps nudi e crudi – con un buon corridoio, miliardi di pallottole, una buonissima trama diretta e non invadente, da rimanere validamente interessante pur senza far perdere all’utente il nocciolo della costante azione, paradossalmente, potevano contarsi sulle dita di una mano.

Poco dopo la pubblicazione di questo articolo, nel pieno delle uscite non di certo rincuoranti di Titanfall e gli annunci (a-storici) di Destiny, ecco che però,  fulmine a ciel sereno, l’ambiente videoludico sembra essersi preso carico di questo difetto silente che nessuno aveva urlato, decidendo di darvi una pronta risposta. E’ il 20 Maggio 2014 e sugli scaffali, decisamente in sordina rispetto ad altri titoli, esce un gioco che non ha certo bisogno di campagne pubblicitarie per attirarsi addosso un certo numero di attenzioni. Si tratta di “Wolfenstein: The New Order” titolo cross-gen- disponibile per tutte le piattaforme (tranne le nintendine), erede dello storico marchio Wolfenstein che negli anni 90′ aveva creato il genere fps, con i suoi castelli e i suoi corridoi labirintici in cui, senza troppi fronzoli, fare strage di nazisti.

Dopo le ultime incarnazioni nate dal reboot della saga (ne felici ne infelici), ecco che lo stesso protagonista  William J. Blazkowicz, passato di mano direttamente da Activision (che non sapeva più che farsene) a Bethesda Softworks, si ritrova immerso senza neanche rendersene troppo conto, nella soluzione vivente alle problematiche sopra esposte,e, grazie allo sviluppo dei MachineGames, riporta in vita quella sana semplice formula che vuole lo spettatore freneticamente immerso in sparatorie all’ultima pallottola senza rinunciare ad una narrazione curata e coinvolgente che risulterà, ai titoli di coda,  una tra le più avvincenti proposte negli ultimi anni.

Ma bando alle ciance. come lo stesso Blazkowicz ci insegnerà nel gioco, se avete accusato questa mancanza per troppo tempo e non ci vedete più dalla voglia e dalla rabbia, prendete un bel respiro, e contate:
1,
2,
3,
4,

…e che strage di nazisti sia.

Parole sopra le pallottole

Come anticipavamo poco sopra, uno degli aspetti più curati è ben riusciti di questo Wolfenstein: The New Order, è sicuramente l’aspetto narrativo. Vi sembrerà strano a primo impatto perchè le premesse in realtà sembrerebbero annunciare tutt’altro.
E’ l’anno 1946 e senza troppi fronzoli vi ritroverete immersi in una battaglia in cui, in tutta gagliardia, vi si richiederà fondamentalmente solo di avanzare, sopravvivere e sparare in mezzo ai folli robot costruiti dall’armata tedesca e alle classiche perdine crucche liquidabili senza troppe difficoltà.L’intermezzo di qualche cut-scene di troppo non sembra spostare il baricentro dell’attenzione “fuocosa” del titolo: se cercavate righe di testo da leggere sembra proprio che dovrete continuare a cercare altro.
Ma ecco che all’improvviso il cambio di marcia arriva impreventivato e, come un pugno allo stomaco, colpisce il giocatore costringendolo a capire che qualcosa di ben più corposo questa volta bolle in pentola. Dopo essere stato quasi catturato il capitano Blazkowicz, a seguito di una ferita riportata al cranio, si risveglierà in un ospedale psichiatrico in un futuro alternativo dove i nazisti hanno vinto la guerra e si sono in definitiva, impadroniti del mondo.
Niente più pizza e spaghetti per l’Italia,niente rock per i Beatles, mode inglesi e romanticherie parigine neanche mai esistite. Tutto ormai è stato crautizzato.
L’intro vera e propria del gioco (che vi porterà poi direttamente negli anni 60′) diciamo che non ci tiene più di tanto a nascondere le caratteristiche che da lì in avanti avrete modo di notare per tutto il resto della durata del titolo, e inscena immediatamente una sbalorditiva sessione in game dove rivestirete i panni di un catatonico Blazkowicz rinchiuso in un ospedale psichiatrico polacco, immerso nei suoi pensieri (espressi da stupendi over voice) passivo al tempo e ad una schizofrenia che ormai lo sta lentamente consumando. Completamente perso nei suoi deliri, è però proprio un’irruzione nazista a farlo ridestare dal suo stato autistico e, dopo essersi liberato in extremis dei nazi di turno e aver salvato l’infermiera che più si era presa cura di lui, tenterà di ricongiungersi con le cellule sopravvissute del suo plotone per provare a ribaltare le sorti della storia moderna.

Questo è l’incipit: crudo, ritmato, poetico, citazionista e maestosamente cinematografico.
I timori che queste attenzioni, o raffinerie narrative, siano riservate solo alle prime fasi di gioco svaniranno quando l’ammontare delle ore vi porterà a constatare con gradevolezza che tutta la strutturazione del gioco è in realtà pensata proprio per mettere in risalto tali aspetti: non solo la mole (e durata) di cut-scene risulterà decisamente elevata ma, in questo viaggio, le missioni saranno dislocate in una inaspettata varietà di location (addirittura spaziali), e tra una e l’altra, vi saranno addirittura brevi missioni d’intermezzo (ambientate nel covo ribelle) create quasi esclusivamente per approfondire gli aspetti psicologici dei personaggi.
Il gioco tiene fortemente ed esplicitamente a coinvolgere l’utente in quella che è una vera e propria lotta per la libertà. Lo fa motivando i personaggi, tessendo una sceneggiatura molte volte sopra le righe (pienamente nello stile militar trash-americano) ma tremendamente convincente, che riesce a trapassare lo schermo alternando spacconerie d’altri tempi con momenti tragici ed eroici, altri invece semplicemente più lenti e militarmente poetici.
Ogni aspetto narrativo risulta poi curato con aggiunte ritrovabili senza troppi sforzi: documenti cartacei e registrazioni audio sbloccabili vi immergeranno in tutti i dettagli di un mondo alternativo creato con ironia pungente, mentre a volte invece metteranno in evidenza, con tono cupo e per niente morbido, le atrocità naziste che sfruttano questo futuro per essere ricordate.

Fiore all’occhiello del comparto narrativo è sicuramente il protagonista Blazkowicz  con i suoi over voice, le sue visioni, e le sue malinconiche crude digressioni. Non più lasciato alla sua figura stereotipata, il nuovo team di sviluppo si accorge delle evoluzioni dei prodotti videoludici avvenute negli ultimi 10 anni, e decide di non lasciarle da parte incominciando col donare un’anima vera e propria al personaggio. Questa operazione, pur senza rinunciare alla sana dose di classicismo a cui il titolo mira, riesce a creare un grado di empatia con l’utente straordinario, alternando momenti di frenetico e spensierato divertimento ad altri ove cui vedere come finirà questa rivoluzione sarà l’unica vera prerogativa.
Unico peccato sono forse le fasi di buco mnemonico che inizialmente il personaggio ha (e che vi porteranno improvvisamente da una scena ad un’altra -di molto successiva- ) e che poi invece finiscono smarrite per esigenze di trama.
Non è tutto però: per il capitano Blazkowicz  c’è spazio anche per una vera e propria romance, che prenderà possesso lentamente della storia aiutandola a muovere le fila relazionali dei personaggi e degli eventi.
In fondo quale buon soldato ribalta le sorti di un pianeta senza una donna da salvare?

Mietere nazisti che passione!

Amanti delle pallottole, non dovete però temere troppe lungaggini di sorta.In Wolfenstein, oltre che a narrare una storia avvincente, si tiene molto anche a creare una buona massa di cadaveri.
La mistura miracolosa dei Machine, come accennavamo sopra, sta proprio nel riuscire a non far perdere minimamente ritmo all’azione pur inserendo una sceneggiatura che avanza per la sua strada senza creare il minimo intoppo. La ricetta è però più semplice di quel che si pensa: lo fa eliminando l’eccesso che in troppi Fps si è venuto a creare. Parliamo di eccessi di “upgrade rpg” messi per attirare nuova utenza; l’eccessiva componente online che in troppi titoli non dedicati ruba più risorse economiche rispetto al reale valore aggiungo (suvvia per macellarsi online ci sono ormai prodotti specifici); eccessi di mondi “open world”, maestosi ma che spezzano inevitabilmente sia tono d’azione che ritmo narrativo. Qui tutto torna alla miscela originale, che, con sano essenzialismo dava agli fps quell’unicità immersiva tipica della prima persona, creando quel che si dice: puro divertimento immediato.

Anche se tutto ritorna agli albori il gameplay si ricorda di attingere ai modernismi dei suoi fratelli divenuti più grandi, e recupera un sistema di coperture libero (nessun aggancio alle pareti) ma che permetterà di far sporgere il personaggio utilizzando un sistema di piegatura a 360 gradi, permettendo un’inclinazione dei colpi libera quanto di fondamentale utilizzo. L’azione rimane così variegata dinamica e frenetica, e concederà anche il giusto riposo a chi dopo un po’ si sentirà stanco di sparare incondizionatamente tramite sessioni bypassabili anche con coltello e andatura stealth.

L’arsenale è variegato, quanto scottante, e non poteva essere che così: si va dalle pistole semplici ai fucili a canne mozze, da quelli di precisione alle mitragliatrici. Il tutto ovviamente utilizzabile a doppia mano, per dare il via a veri e propri assalti come se non ci fosse un domani, con proiettili speciali e potenziabili ad aumentare il vostro grado di distruttività. E come se non bastasse in aggiunta si presenta un laser-saldatore che potrà essere utilizzato anche come arma a lungo raggio e che, a seguito dei potenziamenti raccoglibili per i livelli, diventerà davvero devastante.

Tutto questo non deve però far pensare di ritrovarsi in una passeggiata ove scaricare la propria frustrazione: è bene ricordare che la voglia d’assalto la maggior parte delle volte dovrà essere comunque ragionata. Si dovranno utilizzare ripari in maniera oculata, anche perchè l’armatura e la barra d’energia non sono soggette a rigenerazione (alla vecchia maniera) – se non minima nell’arco delle venti unità – e se utilizzata con una progressione eccessivamente sbarazzina porterà a game over che vi costringeranno a ricominciare dall’ultimo checkpoint. Tant’è vero che al livello di difficoltà più alto 4 o 5 punti rasenteranno la vera e propria frustrazione facendovi, nella migliore delle ipotesi, tirare un buon numero di “maledizioni” verso i programmatori, o più semplicemente verso quella dannatissima orda di soldati corazzati che non vuole saperne di andare giù prima dei 5 o 6 colpi (vedere questo video per capire).
Programmatori che comunque si faranno perdonare conferendo una più che discreta longevità alla campagna, che si assesterà sulle circa 15 ore ai livelli di difficoltà più sostenuti.

Anche i nemici hanno da dire la loro: oltre i semplici soldati fanno capolino soldati corazzati (davvero ostici da eliminare) e sentinelle robotiche che vi ronzeranno intorno creandovi non pochi problemi; non serve ricordare la presenza di mostri meccanici ben più spaventosi ( come avrete visto benissimo dal trailer).

Non si cambia il mondo senza colonna sonora

Il fronte grafico è forse il comparto più sottotono, se vogliamo paragonarlo alle cure di cui hanno goduto ad esempio il comparto sonoro (ma d’altronde stiamo parlando di un titolo cross-gen).
Le animazioni dei personaggi e l’espressività dei volti si siedono su standard qualitativi che non fanno certo gridare al miracolo; gli ambienti risultano non distruttibili per intero e sicuramente gli effetti particellari non creano alcun tipo di effetto meraviglia. E’ però il colpo d’occhio quello che conta e qui Wolfestein ci prende decisamente bene, creando una mistura di elementi retrò-futuristici che sapranno far sentire l’utente in un prodotto con una precisa direzione stilistica. Il motore grafico non deve muovere molto ma lo fa con dignità (anche se a volte con qualche lieve ritardo nel caricamento delle texture) assecondando la frenesia dell’azione.
E se il colpo d’occhio comunque risulterà appagante è sia per via della potenza dell’immagine, quanto per i meriti di un comparto sonoro che molte volte copre le falle, coronando al meglio possibile, e con pezzi di assoluta varietà, arrembate trash e momenti drammatici.Le tracce sono elementi aggiunti che guidano la narrativa facendola a volte frenare improvvisamente, rendendola, tramite la loro bellezza, assolutamente credibile ed emozionante.
E’ poi il doppiaggio italiano che conferisce un’anima vera e propria ai personaggi, ed è proprio questo il caso in cui possiamo sentirci fieri di sentire doppiatori perfettamente calati nei panni videoludici che grazie a loro, acquisiscono vera e propria carne.

Buoni

  • Narrativa coinvolgente
  • Azione frenetica all’ultima pallottola senza divagazioni
  • Colonna sonora emozionante

Cattivi

  • Per chi apprezza gli fps ibridi è veleno
  • Comparto grafico pienamente cross-gen
  • Alcuni pezzi decisamente frustranti

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