In poche parole possiamo definire Wolfskin, progetto fumettistico ideato dal britannico Warren Ellis, come uno splatter heroic fantasy: il protagonista, un abitante delle terre del Nord, vive durante l’era della Pangea (ambientazione non molto differente da quella del Conan di Howard), è un lupo solitario che vaga per le terre del suo mondo e che si trova arruolato suo malgrado, durante la prima miniserie disegnata da Juan Jose Ryp, in una guerra tra due fratelli del popolo Noi, dai tratti orientali di evidente ispirazione cinese, due portatori di civiltà.
In effetti, come Tarzan e Conan prima di lui, anche il protagonista di Wolfskin è una maschera che serve all’autore per proporre critiche di stampo anarchico (o quasi), rintracciabili anche in altre sue opere. Se le posizioni politiche espresse in Capitan Swing sono però più esplicite e approfondite ed essenzialmente rivolte contro lo stato, in questo caso è proprio la struttura gerarchica in generale ad essere messa in discussione. I due fratelli, infatti, sembrano rappresentare uno la democrazia e l’altro la monarchia, poiché ciò che li divide mettendoli in guerra è proprio l’idea di successione dinastica, sposata da uno e respinta dall’altro:
Ne avevo avuto abbastanza di dinastie e leggi e odio. Dopotutto c’erano delle ragioni se avevamo lasciato Noi.
dice il capo del villaggio che ha assoldato il Wolfskin vagabondo. E sulla bocca di quest’ultimo ecco che Ellis mette della altre, interessanti parole chiave:
Sono bambini. Sono troppo abituati a essere guidati e istruiti.
Ho sempre creduto che stessimo fissando al villaggio uno stile di vita.
La prima frase della citazione precedente sembra suggerire il motivo per cui la maggior parte delle persone è legata a una qualche forma di governo, mentre la seconda ha il suono della giustificazione morale per il potere detenuto dai politici nelle democrazie e dai monarchi e tiranni in altre forme di governo.
Il risultato finale di questo confronto sarà una strage, un fiume di sangue causato dal Wolfskin in preda ai fumi dei funghi allucinogeni, i capanera, che rappresentano la carne del suo dio, Wrod, una sorta di Odino che appare a chiunque li ingerisca. Questo passaggio è un evidente riferimento alla religione e in particolare ai riti cattolici che ricordano l’ultima cena (i capanera vengono considerati come una estensione del corpo di Wrod)1, e in questo senso la stessa conclusione sanguinosa della guerra tra i due fratelli Noi può essere letta come una critica anche alle religioni organizzate. Laddove, infatti, Swing era, da buon anarchico e libertario, un pacifista (le sue armi servivano per ferire o tramortire e non per uccidere), il Wolfskin diventa invece un guerriero violento e incontrollabile ogni qual volta entra in comunione con il suo dio.
La storia d’appendice del primo volume, scritta da Mike Wolfer su soggetto dello stesso Ellis e disegnata da Gianluca Pagliarini, conferma il ruolo di critica sociale rappresentato dal Wolfskin: in effetti l’intero episodio, che è un prologo alla seconda serie, sembra quasi chiederci:
Che genere di civiltà può fondarsi quando si vendono i propri stessi figli anche solo per sopravvivere?
Il secondo volume, che raccoglie tutta la seconda miniserie dedicata al personaggio, è realizzato proprio da Wolfer e Pagliarini, e può essere, ancora più del precedente, accostato al Capitan Swing. In questo caso il protagonista si impegnerà, insieme a una variegata compagnia, nella protezione di un villaggio del Nord, apparentemente attaccato da un mostro lovecraftiano uscito dalle viscere della Terra.
Dopo la riunione della compagnia da parte di Ildsen, mago del fuoco e originario del villaggio minacciato, i nostri eroi, durante il viaggio verso la loro meta, si racconteranno i miti dell’inizio e della fine, con Wolfer che prepara così il confronto fondamentale su cui gioca il secondo volume: quello tra magia e tecnologia, tra ignoranza e conoscenza.
È nel complesso un confronto non troppo differente da quello che è già presente in Swing tra magia e scienza: ma se in quel caso la distinzione era abbastanza semplice, in questo caso i “cattivi” si presentano come una versione pre-storica proprio dei Pirati elettrici del Capitan Swing, generando nel lettore un momento di smarrimento, che potrà essere risolto con alcune semplici considerazioni.
Innanzitutto gli abitanti delle montagne muovono guerra contro i valligiani per l’accaparramento delle risorse da questi possedute (e non sfruttate), laddove i Pirati elettrici agiscono per difendere il principio di condivisione della conoscenza. Gli abitanti della montagna, poi, mostrano, nelle interazioni con la compagnia del Wolfskin, una arroganza e una superiorità morale che nasconde una critica non tanto alla scienza quanto alla tecnica, intesa come applicazione della prima: questa, infatti, sembrano raccontarci Ellis e Wolfer, è sovente applicata non per l’avanzamento del genere umano e per la convivenza pacifica, ma per consentire ad alcuni uomini di dominare su altri.
Anche in questo caso il volume si conclude con una strage, sempre compiuta dal Wolfskin, preda delle allucinazioni indotte dai capanera, e alimentata dal desiderio di rivalsa e di vendetta di Wrod, un dio che, come molte altre religioni di quell’epoca fittizia, viene sempre più spesso dimenticato. Ciò alimenta un senso di inevitabilità verso un destino negativo per il genere umano, come sottolineano anche le parole conclusive del volume:
Nessuna invenzione di ferro o acciaio avrebbe veramente scalzato il potere degli dei.
È importante, anche per chiarire il senso della frase e di tutta l’operazione Wolfskin, sottolineare come Wrod sembra incarnare l’idea di dio-concetto creato dall’uomo e introdotta dal filosofo tedesco Ludwig Feuerbach, e quindi l’incarnazione mistica degli istinti del Wolfskin. Per cui quando Ellis e Wolfer sottolineano come “nessuna invenzione di ferro o acciaio” sia in grado di “scalzare il potere degli dei“, sottolineano come nessuna tecnologia potrà mai sconfiggere gli istinti primordiali dell’animo umano, come il desiderio di possesso dei territori e delle risorse che esso contiene, nodo narrativo su cui si fonda buona parte dell’azione.
È anche per questo che Wolfskin è completato da e al tempo stesso completa il Capitan Swing, che invece si fonda proprio nella liberazione che la conoscenza condivisa concede al genere umano, qualcosa di molto più aleatorio e meno concreto delle invenzioni di “ferro o acciaio”. È infatti importante sottolineare ancora una volta come il popolo delle montagne muova guerra grazie alla conoscenza delle risorse del villaggio, mentre gli abitanti di quest’ultimo riescono a liberarsi, anche se parzialmente, dalla schiavitù delle superstizioni quando, grazie al Wolfskin, vedono per quel che sono i mostri che li stanno attaccando: delle macchine guidate da degli uomini.
Le connotazioni negative, quasi belliche, legate alla religione sono, inoltre, sottolineate nella scena mistica cui il Wolfskin assiste subito dopo l’assunzione dei capanera: i simboli delle religioni raccontate all’inizio del viaggio sono in lotta l’uno contro l’altro, distruggendosi a vicenda, fino a che non emerge dalle nebbie il volto del terribile Wrod, che troneggia su tutto, rappresentando in maniera metaforica non solo le guerre di religione, ma anche la loro essenza egoistica e strettamente collegata con l’animo umano.
Dio è una risposta grossolana, un’indelicatezza verso noi pensatori – in fondo è solo un grossolano divieto che ci vien fatto: non dovete pensare!
Friedrich Nietzsche
Abbiamo parlato di:
Wolfskin vol. 01, vol. 02
di Warren Ellis, Juan Jose Ryp; Mike Wolfer, Gianluca Pagliarini
Panini Comics, 2014
brossurato, colore;
vol 01.: pagine 112, € 13
isbn: 9788865896532
vol 02: pagine 160, € 15
isbn: 9788891205001