Dieci anni fa era l’undici settembre e per la prima volta entrò nella mia vita un’assistente sociale.
Fino a quel momento avevo pensato all’Assistente Sociale come una personalità di grande rilievo e autorevolezza.
Più che grande era grossa, bassa e grassissima.
Aveva una forma ovale curiosamente regolare: larghissima sui fianchi andava a restringersi fino ad una testa a boccino, collegata al torace da nessun collo.
Rimasi a breve stupito, con pochi minuti di conversazione, della discrepanza dei nostri spessori, oltre che fisici, culturali.
Lei mi dava del tu, come se fossi stato un suo amico o cosa.
Io le davo del lei e utilizzavo un linguaggio ben più forbito del suo, che spesso lasciava a desiderare persino nella coniugazione dei verbi più semplici, escluso gli imperativi, utilizzati con maestria.
Arrivò presto al punto.
Devi andare a scuola o un giorno di questi finisci al RI-FOR-MA-TO-RIO.
Io ero al secondo giorno di sciopero.
Che lo sciopero è un diritto e perché ho 14 anni ho meno diritti degli altri?
Ero in sciopero contro mia madre, contro i giudici e gli avvocati e anche contro la globalizzazione che è una fregatura che serve solo ai ricchi per diventare più ricchi e quelli che non valgono niente come i poveri, gli africani e i quattordicenni continueranno a non contare un cazzo.
La discussione era monotematica e continuavo a rispondere no, poi lei se ne va che ha un appuntamento con un bambino che è orfanissimo ed è già in ritardo e la cosa mi fa incazzare tanto che l’avrei adottato a patto che non dovesse più avere a che fare con la donna-uovo.
La vedo varcare il cancello con passo da pinguino per andare a comprimersi dentro una piccola macchina-uovo.
Nel pomeriggio non successe niente e leggevo Schopenhauer e leggevo il Manifesto e dicevo a mio zio che secondo me al riformatorio ci sarei stato bene che c’era sicuramente un sacco di figa.
Mia madre aveva subaffittato casa per l’estate e volevo andare da mio babbo ma era vietato e quindi siamo andati dagli zii che avevano il satellitare e mio fratello poteva guardarsi i cartoni animati e 4 volte al giorno un film con Ben Stiller, poi era ricominciata la scuola e io sono rimasto lì così non dovevo vedermi la faccia di mia madre.
Dagli zii parlavo con lo zio, che mi aveva portato alla festa della birra e avevo bevuto la birra e che era stato a Genova al G8 per girare un documentario e si era preso una manganellata e meno male che aveva un casco da operaio che si è spezzato in due e non mi parlava male di mio babbo.
Mio zio disse che il riformatorio è una merda.
Pensai peccato che ci avevo fatto la bocca e mia zia iniziò a urlare dal salotto satellitare che era successo un macello che qualcosa si era schiantato contro un grattacielo a New York.
Una bomba disse la zia.
Un aereo disse lo zio.
Un’assistente sociale dissi io.