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World War Z

Creato il 12 luglio 2013 da Af68 @AntonioFalcone1

zPhiladelphia. In casa Lane inizia una mattina come tante altre, le due marmocchiette Rachel e Costance “invadono” il letto di papà Gerry (Brad Pitt) e mamma Karen (Mireille Enos). Colazione e via, solito tragitto scuola-ufficio, ma è difficile per Gerry, ex agente dell’ONU, non notare come vi sia qualcosa di strano in città, troppi elicotteri a solcare il cielo e numerose motociclette della polizia che sfrecciano ad alta velocità: pochi minuti e si scatena l’inferno, nel caos più totale è possibile intravedere degli esseri umani diversi dagli altri, si muovono velocissimi, nonostante il loro corpo appaia in decomposizione, sono violenti, pronti a mordere i propri simili e trasmettergli così lo strano morbo dal quale sembrano contagiati.

Fana Mokoena e Brad Pitt

Fana Mokoena e Brad Pitt

E’ ormai in atto una vera e propria pandemia, un virus sconosciuto ha colpito il genere umano, come spiega a Gerry il suo ex capo, Thierry (Fana Mokoena), intervenuto per trarlo in salvo insieme alla sua famiglia, facendo sì che trovino sistemazione in alto mare su di una nave militare.
Ma in cambio dell’ “ospitalità”, il nostro dovrà riprendere servizio e mettersi in viaggio alla ricerca del “paziente zero”, la probabile origine della trasformazione degli uomini in zombie, “non morti”, dalla Corea del Sud a Gerusalemme e poi infine, dopo varie peripezie, a Glasgow, presso un centro medico dell’OMS, dove riuscirà a trovare un valido rimedio ed infine ricongiungersi ai suoi cari, anche se la guerra sembra essere appena iniziata …

Trasposizione cinematografica del romanzo World War Z: An Oral History of the Zombie War di Max Brooks (2006, già autore, tre anni prima, di The Zombie Survival Guide), su adattamento ad opera di ben quattro sceneggiatori (Matthew Michael Carnahan, J. Michael Straczynski, Drew Goddard, Damon Lindelof), World War Z, diretto da Marc Foster (regista poliedrico ma discontinuo nei risultati), si sostanzia come una pellicola quanto meno curiosa: pur presentando infatti, elementi propri dei generi horror (gli zombie) e sci-fi (la visione distopica di un’umanità debellata dai suoi stessi comportamenti), più che sfruttarne le caratteristiche tradizionali se ne serve funzionalmente per mettere in scena un classico action movie ad alto tasso di spettacolarità.

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La narrazione, lineare ma a volte claudicante, complice una sceneggiatura che ha subito evidenti rimaneggiamenti in corso d’opera, a volte sin troppo didascalica e altre capace di sorvolare con disinvoltura su molti particolari (vedi i riferimenti politici, appena accennati), trova il suo fulcro vitale in Gerry, “eroe suo malgrado”, interpretato con efficacia da Pitt, il quale si mantiene distante da roboanti spacconate, accostandosi ala figura di un angelico salvatore, forte di una passata esperienza sul campo e degli affetti familiari, propri e altrui (per conseguente empatia), in nome dei quali è pronto a lottare sino all’estremo sacrificio.

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La regia, complessivamente valida, senza particolari guizzi, presenta il pregio di assecondare lo script come se si stesse girando in diretta, dall’incipit col rapido susseguirsi di notizie via televisione, il quale fa presagire che, catastrofe dopo catastrofe, guerra dopo guerra, qualcosa possa essere sfuggito al controllo dell’uomo, all’alternanza fra sequenze spettacolari (più che il baillame iniziale, lo sciame zombesco in quel di Gerusalemme, brulicante come una miriade di blatte) ed altre più giocate sulla suspense, affidandosi alla caratterizzazione dei non morti come inerti sin quando non siano attratti da un minimo rumore e dall’odore del sangue.

In conclusione, una confezione ipervitaminica con l’efficacia complessiva di un buon B movie, da intendersi anche nell’innovativa terminologia di Brad Movie, considerando la suddetta onnipresenza del protagonista (tra una scusa e l’altra viene spesso lasciato solo in scena, come nello sbrigativo finale, mettendo da parte il nostro Pierfrancesco Favino e Daniella Kertestz, così da godersi l’assolo al ralenti, lucido e trionfante, al suono di musica roboante, prima del fatidico ricongiungimento familiare). Nel complesso, come personale sensazione, mi sono tanto divertito quanto annoiato, non necessariamente nell’ordine, senza riuscire a trovare un valido riscontro emotivo ed empatico.
“Un passatempo estivo”, per adoperare le parole del buon vecchio Pitt, il quale continua così la frase: “francamente è una cosa che volevo fare per i miei figli”. Insolita manifestazione d’affetto familiare, proficua, soprattutto.


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