Erano tempi lontani. Per l'esattezza, era l'anno 2000. Eravamo appena scampati dal Millennium Bug e dall'Apocalisse. Ma soprattutto, si supereroi al cinema se ne vedevano ancora pochi. Anzi, pochissimi. Io ricordo che da piccolo il tema del superuomo era stato affrontato solo coi classici, in special modo da Superman e da Batman, quest'ultimo recentemente uscito dal terribile trattamento di Schumaker ma ancora fresco di memoria da quelle due delizie di Tim Burton. Resistevano i cartoni animati, però, e dopo la serie classica dell'Uomo Ragno e delle trashate uniche come i suoi fantastici amici, c'era anche quella dei figli dell'atomo. Quindi anche se sono diventato un lettore di fumetti accanito solo durante le superiori, i supereroi mi hanno accompagnato per quasi tutta la mia esistenza. E se anche il mio preferito col tempo è diventato l'arrampicamuri di quartiere, non ho mai ignorato le potenzialità che stavano dietro a personaggi come questi X-men, forse i più 'politici' dell'universo Marvel, nonché quelli più beneficiati dalla magica penna di Chris Claremont. Il film comunque me lo persi al cinema, ma ricorod che quando ero alle medie lo fecero in tv e lo registrai. Ed erano proprio altri tempi...
Il mondo è diviso in due fazioni: da una parte ci sono gli umani e dall'altra i mutanti, i portatori del gene-x in grado di renderli 'speciali'. Alcuni uomini vedono però i mutanti come un pericolo, e vorrebbero ghettizzarli o, addirittura, eliminarli. Charles Xavier, mutante anch'egli, cerca di radunarne il più possibile nella sua speciale scuole, dove cerca di dare loro assistenza e aiuto nel gestire i loro poteri. Ma quando Magneto, un mutante in grado di controllare il ferro, da il via libera al proprio piano di conquista...
Erano proprio altri tempi sì, perché all'epoca di cose se ne facevano poche ma le si facevano bene. Infatti non eravamo invasi come oggi di pellicola che vedono come protagonisti palestrati in calzamaglia, e quelle poche programmate dovevano affiorare su un mercato nuovo e che non le vedeva particolarmente di buon occhio. Occorreva quindi prendersi i tempi giusti per poter sfornare dei film degni di questo nome, con delle storie belle e che sapessero intrattenere. E di tempo ne è servito tanto per poter creare qualcosa di decente con i figli dell'atomo, da sempre un supergruppo di supereroi difficilissimo da gestire e che racchiude al proprio interno una serie di tematiche cardine che in un cinecomic potrebbero centrare come i cavoli a merenda. Qui si decide di iniziare abbastanza seriamente, con un prologo ambientato durante la seconda guerra mondiale che vede un giovanissimo Magneto deportato nei campi di concentramento insieme alla famiglia e che qui ha modo di sprigionare il proprio potere per la primissima volta. Passa il tempo e vediamo che le cose non sono del tutto cambiate, l'umanità sta cercando ancora di arginare i diversi, ha paura di ciò che non rientra in determinati canoni e vuole eliminare la diversità. Ma spesso ciò che è diverso è geniale, spesso la paura per quello che è diverso da noi è un male assoluto che, come nella seconda guerra mondiale a oggi - ma anche nel resto della Storia - è dettato dall'ignoranza. E non quell'ignoranza che ci fa credere che due più due faccia cinque, è un tipo di ignoranza forse figlia di questa ma decisamente più pericolosa. Questo è il messaggio che vorrebbe portare il film, e lo fa alla sua maniera. Il che vuol dire molto all'acqua di rose, perché è un film sui supereroi e, per quanto qualcuno voglia farci credere che si possa ambire a molto altro [se qualcuno mi tira fuori la graphic novel di Watchmen dico subito che quello non è un fumetto sui supereroi] io continuo ad affermare cje queste non sono altro che bambinate, così come vuole il genere. E non è detto per denigrarli, anzi, le bambinate io le adoro, quando sono ben fatte come in questo caso. Perché per quanto sia un film commerciale che punta molto sulla spettacolarità e sugli effetti speciali, oggi magari un po' datati, non si può non ammettere che la sceneggiatura sia fatta con dovuta perizia. La trama si confà degnamente al genere trattato e non presenta ingenuità troppo insormontabili, senza contare che lo script riesce a introdurre una gran serie di personaggi dando a tutti un giusto ruolo e un giusto spazio, in modo che ognuno sia presentato nella giusta maniera e senza fretta. Cosa miracolosa, se pensiamo che è una pellicola di durata media e che tiene fra i propri intrecci quelli che sono cinque personaggi principali. E in più con delle battute niente male e una citazione per intenditori - sì, mi riferisco alla tutina gialla. Bryan Singer dirige tutto senza troppi problemi, con una fluidità medioclassica che, se non fa gridare al miracolo, almeno enfatizza le battaglie e impedisce anche ai semplici dialoghi di apparire smorti o monotoni. Ma il vero fiore all'occhiello è il cast, a cominciare da un allora sconosciuto Hugh Jackman che veste i panni della creatura che gli ha dato successo: Wolverine! Insieme a una Anna Paquin con la faccia meno 'a culo' delle altre volte e una Halle Berry che sa essere gnocchissima anche con un taglio di capelli improponibile.
Nulla di trascendentale, ma se volete fare un tuffo nel passato o volete far vedere qualcosa di bello e intelligente al vostro fratellino/figlioletto, questa è un'opzione da non scartare.Voto: ★★★