Era un luogo a lei familiare al quale aveva sperato di non far più ritorno. Il prato canuto le riportò alla mente tristi ricordi, ma questa volta c’era qualcosa di diverso. Proprio dinanzi a lei, infatti, vi era la porta più grande che avesse mai visto. A primo impatto sembrava essere costituita di solo marmo, il più candido esistente. Seppur delle venature dorate ne solcassero la superficie rendendolo luminoso se colpito dalla luce. Pregiati decori ne costituivano il perimetro, con fregi rappresentanti motivi floreali, intervallati a rilievi di volti comuni ed eterei distribuiti sull’intera superficie. Era come se umano e divino si fondessero una volta attraversato quel varco. Sia sulla base sia in cima delle scritte incise sul marmo s’illuminavano a intermittenza, simile a un elenco in costante aggiornamento. <<Cerchi forse il tuo nome?>> la voce di una donna la fece sobbalzare. Elesya si voltò e dinanzi a lei una figura imponente si chinò per osservarla meglio. Aveva dei lunghi e fluenti capelli neri che le sfioravano le caviglie nude. Il suo viso era pallido così come il resto del corpo e i suoi occhi ambrati sembravano due gemme vivide. Le labbra carnose e rosee tradivano il pallore del suo colorito e di tanto in tanto la donna si mordeva quello inferiore, mostrando perplessità. Indossava una sottile veste ottanio che metteva in risalto le sue prosperose curve, benché la profonda scollatura fosse già abbastanza imbarazzante, secondo Elesya. Ciò che tuttavia attirò la sua attenzione, furono gli spessi bracciali che circondavano le caviglie e i polsi. Erano di bronzo ma con incisioni in rame che a prima vista davano l’impressione di essere delle manette, piuttosto che dei monili. << Sei sorda? Ti ho fatto una domanda!>> la incalzò la donna, avvicinando il suo viso alla maga. Elesya ne fu intimorita date le grandi dimensioni dell’essere e la donna se ne accorse. <<Giusto, dimentico sempre che il mio aspetto vi spaventa; mi sembri una tipa apposto, per te posso fare un’eccezione>>aggiunse e afferrando il bracciale destro, lo girò in senso antiorario per due volte. Un lampo accecante investì la giovane maga che fu costretta a proteggersi gli occhi con le mani. Quando infine li riaprì, notò che la donna non era più grande quanto la porta ma sebbene il suo corpo si fosse assai rimpicciolito, restava comunque molto alta. Di nuovo si avvicinò a Elesya, camminando scalza sul soffice prato. <<Così va meglio?>> le domandò e la maga annuì. <<Ora posso sapere cosa ci fai davanti all’ingresso del Regno Eterno? A nessuno è concesso di sostare in questo luogo … questa è la mia prigione personale>> confessò la donna abbassando lo sguardo. <<Se sei qui … >> ma non ebbe modo di finire la frase perché un rumore attirò la sua attenzione. <<Presto, nasconditi dietro la porta, ma non toccarla o non avrò più il piacere della tua chiassosa compagnia>> la avvisò strizzandole un occhio. Elesya seguì le indicazioni della donna e si nascose facendo ben attenzione a non sfiorare il candido marmo. <<Fatti vedere, nulla può celarsi dinanzi agli occhi di Nephes, la guardiana del portale>>. Elesya ebbe un sussulto e iniziò a tremare quando dalla nebbia si rivelò la figura di un uomo, il cui volto tuttavia era celato. Nephes girò per tre volte il bracciale sinistro e nella sua mano apparve una falce oscura che puntò contro l’uomo. Elesya si sporse per avvisare la donna ma non appena sfiorò il freddo marmo, la visione svanì e lei si ritrovò avvolta dalle tenebre, con il teschio privato di una delle sue catene. <<Ci sei riuscita, ne mancano solo altre quattro e sarà tutto finito>> asserì Faiha, la cui voce tranquillizzò la giovane maga. Elesya avrebbe voluto dirle quanto aveva visto, ma la voce non ne voleva sapere di uscire. Non potendo fare nulla a riguardo, si limitò a eseguire le indicazioni della Conue e così avvicinandosi a piccoli passi, individuò la successiva spira da catturare. A differenza della precedente, la nuova catena era immobile e descriveva un ampio cerchio attorno all’artefatto. Elesya si chinò su un ginocchio e facendo attenzione, allungò la piccola mano. La catena però continuò a restare ferma e anteponendo i suoi timori, la giovane maga la afferrò senza pensarci. Una fitta lancinante e un forte calore avvolsero prima le sue dita e infine la mano fino al polso. Seguita da un odore insopportabile le trafisse le narici. Elesya si strinse il polso con forza e subito notò l’appariscente bruciatura sul suo palmo che tracciava l’esatta forma della catena. Ma non ebbe il tempo di ragionarci su poiché una barriera costituita da sole lingue di fuoco incandescenti, si frappose tra il suo corpo e l’artefatto. La temperatura era asfissiante, seppur continuasse a ripetersi che era tutto un inganno. La ferita però pulsava ancora e le fiamme vivide danzavano minacciose dinanzi a lei. <<Il sigillo si prende gioco della tua mente>> le ricordò Faiha e benché ne fosse consapevole, non riuscì a muovere un solo passo. <<Non ce la faccio>>pensò e presto una lacrima le solcò la guancia. <<Che cosa sta succedendo?>> domandò Xera vedendo il volto contrito dell’amica. <<Shhh! Fai silenzio!>>la ammonì Mihrrina che non distolse mai lo sguardo dalla sua protetta. Xera si morse il labbro dalla frustrazione. Si rese conto, infatti, che qualcosa non stava andando per il verso giusto, sebbene non potesse far nulla per la sua amica. Indecisa sul da farsi, pensò che l’unico in grado di poterla aiutare fosse Reilhan, che tuttavia si era incamminato verso Kodur. Xera si strinse nelle spalle e ricordando le parole di Elesya, pensò di concederle altro tempo, anche se questo avrebbe significato assistere inerme dinanzi alle sue sofferenze.
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