Magazine Ecologia e Ambiente
Xylella fastidiosa: identikit e possibili soluzioni di Daniela Pasanisi
Creato il 21 aprile 2015 da Antoniobruno5Xylella fastidiosa: identikit e possibili soluzioni Scritto da: Daniela Pasanisi , 1 aprile 2015 Con questo intervento dedicato alla drammatica “questione Xylella” avviamo la rubrica “Occhio alla Scienza“. Con il contributo di Daniela Pasanisi, dottaranda in Biologie e Biotecnologie presso l’Università del Salento, esploreremo il mondo, troppo poco conosciuto, della Scienza e delle sue applicazioni.
xylellaNel lontano 1880 una misteriosa fitopatologia distrusse più di 14000 viti e circa 50 vigneti dovettero essere dismessi nell’area agricola di Los Angeles. Questa, nel 1887, venne descritta dettagliatamente da Newton B. Pierce, così da essere oggi conosciuta come malattia di Pierce della vite. Dopo circa un decennio, una fitopatologia simile fu trovata nei peschi. L’agente eziologico della malattia di Pierce fu isolato da una vite in coltura pura, Xylella fastidiosa (1). X. fastidiosa è un batterio Gram-negativo caratterizzato da una bassa velocità di crescita che prolifera nei vasi xilematici delle piante (apparato conduttore della linfa grezza, ossia dell’acqua e dei soluti in essa disciolti), causandone l’occlusione e, di seguito, una serie di alterazioni in grado di determinare anche la morte delle piante infette. Una volta colonizzata la pianta, i batteri formano un biofilm, macroscopicamente evidente come un gel, a livello dello xilema, ostruendo l’irradiamento dell’acqua attraverso i vasi linfatici della stessa e bloccando la sua nutrizione. Tra le sintomatologie tipiche e più frequenti associate alle infezioni di X. fastidiosa, vi sono la bruscatura delle foglie (leaf scorching), il ridotto accrescimento e il disseccamento dei rami e dei germogli, dapprima isolato e, successivamente, di intere branche della pianta. X. fastidiosa è un patogeno con un’ampia gamma di piante ospiti, tra cui specie coltivate di interesse agricolo, essenze forestali e ornamentali. Inoltre il batterio è stato trovato anche in molte piante selvatiche prive di sintomi, come erbe, carici ed alberi, che potrebbero rappresentare un importante “serbatoio” del batterio (2). Già negli anni ’40 vennero identificati i primi vettori del fitopatogeno in grado di causare le malattie in viti e peschi, appartenenti alla famiglia delle Cicadellidae, insetti che si nutrono dello xilema (3).
Figura 1 A. Cellule di X. fastidiosa formanti biofilm attaccate alla cuticola del vettore (fonte: A. Almeira). B. Cellule di X. fastidiosa in vasi xilematici (fonte: A. Almeira). C. Il vettore H. vitripennis della California (fonte: http://www.apsnet.org/bookstoretitles/EPPCD/Images/3-14.htm). D. Philenus spumarius, un possibile vettore di X. fastidiosa in Europa (fonte: EPPO). Nel 1987 in Brasile si sviluppò una fitopatologia a rapidissima diffusione simile alla malattia di Pierce, chiamata clorosi variegata degli agrumi: anche in questo caso venne isolata X. fastidiosa dagli alberi infetti (4). Negli stessi anni si ebbe un boom nella diffusione della malattia di Pierce in California, causata dall’importazione di una piccola cicala del sud est degli USA, la Homalodisca vitripennis, che divenne una vera e propria minaccia per l’intero settore dell’industria vinicola. Questo insetto, isolato in California per la prima volta nel 1996, era in grado di diffondere l’infezione da X. fastidiosa molto più rapidamente rispetto agli altri vettori.
Fino al 2013 le patologie causate da X. fastidiosa sono state riportate solamente nel Nord e nel Sud America. In Europa è stato rinvenuto un solo caso non confermato in Kosovo (5) e alcune segnalazioni sono state effettuate in Francia, in piante da caffè e peschi di importazione, a cui non è seguito, però, l’insediamento della fitopatologia. Tuttavia non si può escludere che il patogeno sia stato introdotto in Europa già da molto tempo, ma che sia rimasto latente. Infatti una serie di innesti di viti selvatiche del Nord America vennero importante su larga scala in Europa, già agli inizi del ‘900, per la loro resistenza alla fillossera della vite, un fitofago che attacca le radici delle specie europee. Inoltre l’importazione di molte altre piante in Europa potrebbe aver condotto all’incidentale introduzione dei vettori del fitopatogeno, così come accaduto negli anni ’90 in California (6). Tuttavia anche le Cicadellidae locali potrebbero, nel tempo, essere diventate un utile vettore del microrganismo, come Cicadella viridis e P. spumarius. A causa di questi potenziali rischi X. fastidiosa è nella lista A1 di quarantena di EPPO (European and Mediterranean Plant Protection Organization).
Nel 2013 il primo caso di epidemia di X. fastidiosa in Europa è stato registrato in Puglia. La patologia, che qui attacca principalmente gli ulivi, è caratterizzata da una serie di fattori che conducono a quello che è stato definito Complesso del Disseccamento Rapido dell’ulivo (CoDIRO) (7). Recentemente sembrerebbe essere stato sequenziato anche il DNA del ceppo isolato negli ulivi salentini (8), che ci fornirebbe informazioni molto più dettagliate sul ceppo di X. fastidiosa coinvolto nel CoDIRO. In particolare il sequenziamento ha rivelato che il ceppo nostrano, geneticamente vicino a X. fastidiosa sottospecie pauca, è geneticamente vicino a quello brasiliano, e non a quello californiano. Il microrganismo, inoltre, possiede delle variazioni nei geni codificanti per i fattori di virulenza coinvolti nel riconoscimento di fattori specifici nell’ospite che potrebbero spiegare il motivo della scelta di un ospite, l’ulivo, così diverso da quelli oltreoceano. Anche il fattore climatico risulta fondamentale per la diffusione: i vettori europei sono stati capaci di sopravvivere all’inverno e, da adulti, di diffondere la patologia; i recenti cambiamenti climatici hanno reso il bacino mediterraneo una regione ideale per la sopravvivenza dei vettori nella stagione fredda, che risulta ormai mite e umida (9).
Quali sono le possibili soluzioni trovate dalla ricerca? I ceppi di X. fastidiosa americani sono stati oggetto di studio per cercare le possibili soluzioni. Scartando quelle che prevedono prodotti o pratiche non regolamentari in UE e in Italia ci sono degli spunti interessanti, che potrebbero essere studiati in relazione al ceppo nostrano.
Una delle prime soluzioni proposte dal mondo scientifico fu quella di utilizzare virus che attaccassero specificatamente le cellule di X. fastidiosa, batteriofagi specie-specifici. Nel 2006 un primo studio in tal senso condusse all’isolamento del fago Xfas53 (10). In seguito ad ulteriori studi è stato scoperto che, in realtà, si trattava di un cocktail di due fagi che lavorano in sinergia contro X. fastidiosa. In seguito a test in serra, effettuati nel 2014, si sta provvedendo all’allestimento di una sperimentazione in campo, in California.
Un’altra possibile via è quella di ricercare dei target molecolari che caratterizzano il patogeno, in modo da colpirli specificatamente. La xilellaina, una cisteina proteasi del ceppo, è stata utilizzata per immunizzare topi, che hanno prodotto anticorpi contro X. fastidiosa. La xilellaina potrebbe essere un target promettente per combattere le fitopatologie causate da X. fastidiosa (11). Tale approccio potrebbe essere utilizzato insieme al trattamento delle piante infette con N-Acetilcisteina (NAC), capace di ridurre l’adesione dei batteri allo xilema in quanto contrasta la sintesi del biofilm. Una recente ricerca ha dimostrato che la regolare somministrazione di NAC, mediante fertilizzanti organici o con colture idroponiche, indurrebbe una riduzione della popolazione batterica (12).
Un altro studio si è focalizzato sull’uso di possibili antibiotici contro X. fastidiosa: è stata calcolata la minima concentrazione inibente (MIC), ovvero la dose più bassa di antibiotico capace di uccidere il microrganismo, di vari tipi di antibiotici contro diversi ceppi di X. fastidiosa (13). In questo studio sono stati trovati alcuni peptidici tossici per i ceppi; tuttavia l’uso di antibiotici è attualmente vietato per due ragioni: comprometterebbe il raccolto e, soprattutto, perché l’uso incontrollato di antimicrobici potrebbe portare all’effetto opposto, ovvero a creare dei ceppi fitopatogeni più aggressivi e difficili da debellare, antibiotico-resistenti.
Un altro approccio è quello dello studio dei processi molecolari dei microrganismi. I batteri sono entità autonome, cellule singole che, però, sono in grado di comunicare fra loro formando una vera e propria comunità. Tale comunicazione è mediata da sostanze chimiche, ciascuna con il suo significato biologico. Recentemente è stato scoperto che in X. fastidiosa i segnali chimici necessari per la comunicazione tra cellule sono dei particolari acidi grassi, chiamati Fattori diffusibili del segnale (DSF), necessari al microrganismo nella fase di colonizzazione dell’insetto, e nella fase di invasione dello xilema, con conseguente formazione del biofilm al suo interno. Interferendo con i meccanismi cellulari che regolano la sintesi dei DSF sarebbe possibile ridurre la capacità di infettare lo xilema e/o di colonizzare il vettore, senza alcun tipo di alterazione nella pianta e nel vettore (14).
Tra i metodi biologici testati è da evidenziare un metodo che prevede l’inserimento di un “predatore biologico” di X. fastidiosa nelle piante infette, mediante funghi che attaccano il microrganismo. Tuttavia l’introduzione di una nuova specie fungina nella pianta infetta potrebbe alterare gli equilibri ecologici e fisiologici del sistema, risultando dannosa per la pianta. Per questo motivo i ricercatori hanno studiato una “via alternativa” per l’inserimento non del fungo vivo ma di un suo estratto caratterizzato da molecole naturali bioattive specificamente contro X. fastidiosa. Tale metodo è stato coperto da brevetto, a dimostrazione della sua promettente efficacia (15).
In conclusione la ricerca ha già prodotto dei risultati green ed ecocompatibili, che prevedono la conservazione della pianta e l’introduzione di sostanze che non altererebbero il frutto e l’ambiente che circonda le piante infette. Varrebbe la pena dare maggiore fiducia alla ricerca e approfondire gli studi sul ceppo presente nel Mediterraneo.
Riferimenti
Wells J.M., et al. 1987. Xylella fastidiosa gen. nov., sp. nov: Gram-negative, xylem limited, fastidious plant bacteria related to Xanthomonas spp. Int. J. System. Bacteriol. 37, 136-143. Hernandez-Martinez R. et al., 2006. Differentiation of strains of Xylella fastidiosa infecting grape, almonds and oleander using a multiprimer PCR assay. Plant Disease 90: 1382-1388. Severin H.H.P., 1949. Transmission of the virus of Pierce’s disease by leafhoppers. Hilgardia 19: 190-202. Chang C.J., et al. 1993. Culture and serological detection of the xylem-limited bacterium causing citrus variegated chlorosis and its identification as a strain of Xylella fastidiosa. Current Microbiology 27: 137-142. Berisha B., et al. 1998. Isolation of Pierce’s disease bacteria from grapevines in Europe. European Journal of Plant Pathology 104: 427-433. Janse J.D. e Obradovic A., 2010. Xylella fastidiosa: its biology, diagnosis, control and risks. Journal of Plant Pathology, 92 (1, Supplement), S1.35-S1.48 Saponari M, et al. 2013. Identification of DNA sequences related to Xylella fastidiosa in oleander, almond and olive trees exhibiting leaf scorch symptoms in Apulia (Southern Italy). J Plant Pathol 95:659–668. Giampetruzzi A. et al., 2015. Draft genome sequence of the Xylella fastidiosa CoDiRO Strain. Genome announcement January/February 2015 Volume 3 Issue 1. Hoddle M., 2004. The potential adventive geographic range of glassy-winged sharpshooter, Homalodisca coagulata and the grape pathogen Xylella fastidiosa: implications for California and other grape growing regions of the world. Crop Protection 23: 691-699. Ahern S. J. et al., 2014. Characterization of Novel Virulent Broad-Host-Range Phages of Xylella fastidiosa and Xanthomonas. J Bacteriol. 196(2): 459–471. Nogaroto V., et al. 2006. Recombinant expression and characterization of a Xylella fastidiosa cysteine protease differentially expressed in a nonpathogenic strain. FEMS Microbiology Letters. Volume 261. p. 187–193. Muranaka et al., 2013. N-acetylcysteine in agriculture, a novel use for an old molecule: focus on controlling the plant-pathogen Xylella fastidiosa. PloS One 2013 Aug 23;8(8):e72937. Kuzina L.V. et al. 2006. In vitro activities of antibiotics and antimicrobial peptides against the plant pathogenic bacterium Xylella fastidiosa. Letters in Applied Microbiology. Volume 42. p. 514–520. Chatterjee S. et al., 2008. A cell–cell signaling sensor is required for virulence and insect transmission of Xylella fastidiosa. PNAS vol. 105, pp. 2670-2675. Rolshausen P. et al. 2012. Fungi antagonistic to Xylella fastidiosa. Patent US 2012/0282233 A1.
Daniela Pasanisi dice di se: Sono una dottoranda di Biologie e Biotecnologie. Mi occupo prevalentemente di Microbiologia ma, essendo laureata in Biotecnologie Farmaco-Industriali, il mio principale oggetto di studio sono le applicazioni biotecnologiche della Microbiologia, come i batteri produttori di antibiotici. Sono appassionata di scienza nel suo complesso, in particolar modo alle tematiche ambientali e alle applicazioni tecnologiche di questa. Mi piace trasmettere la passione per la scienza e e diffondere l'approccio "open your mind", perché il futuro è adesso e lo strumento per raggiungerlo sono solo le nostre idee.
Fonte: http://www.siderlandia.it/2.0/index.php/xylella-fastidiosa-identikit-e-possibili-soluzioni/?123
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