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Yesterday, i film del (mio) passato (N°4): recensione "Stand by me"

Creato il 17 dicembre 2014 da Giuseppe Armellini
Chi ama il cinema, ma forse chiunque abbia la passione per qualcosa, è come se avesse due vite parallele.Una è quella che conoscono tutti, quella della sveglia alla mattina, del lavoro (se c'è), del tentativo di star bene e del costruire affetti importanti.L'altra è quella più nascosta che ti vede crescere insieme alla tua passione, ti costruisce mattoncino dopo mattoncino, in questo caso film dopo film.A volte le due vite, quella evidente e quella latente, si incontrano là fuori, alla luce del sole, e camminano insieme per mano.Altre volte invece continui la vita che ti sei costruito e il tuo io appassionato rimane nascosto.Nel Giuseppe parallelo, quello che è cresciuto negli anni con i film ce n'è uno che nella vita reale equivarrebbe a qualcosa di grande ed importante, qualcosa che in qualche modo ti cambia.Quel film è Stand by me, e in quell'immaginaria costruzione di mattoni e mattoni che sei te e la tua passione quel film rappresenta buona parte delle fondamenta.
Vent'anni, forse, dall'ultima (unica?) visione.Vent'anni che sembrano venti giorni, ed è così, che mica tutti i modi di dire sono sempre e solo modi di dire eh.Tratto da Stephen King già, lo Stephen King privo di mostri, più umano, quello che (sarà un caso?) ha dato al cinema le sue storie migliori (Stand by me, Il Miglio Verde, Le ali della libertà, Misery), qui straordinario narratore di quella fase delicatissima che va dall'infanzia all'adolescenza.Stand by me è film icona come pochi, forse diventato ancora più importante del suo reale valore (per me altissimo comunque). Non c'è altro film probabilmente negli ultimi 30 anni che sia fotografia e immagine migliore di questo quando si parla di ragazzi, d'amicizia, e di viaggi che rendono grandi.Quattro amici che decidono di partire alla ricerca del corpo di un loro coetaneo scomparso pochi giorni prima e - loro lo sanno grazie ad una soffiata - morto investito da un treno.A piedi, attraverso due giorni e quasi due notti, con un sacco a pelo, una pistola, tanta adrenalina e un pò di paura.Molte volte, io per primo, si è visto questo film come metafora del Viaggio che ti rende grande, come se quelle rotaie in cui camminano i quattro siano le rotaie che portano dall'esser bambini al non esserlo più.Il viaggio è sì importantissimo ma oggi, in questa seconda visione di vent'anni dopo, non mi è sembrato la cosa più importante.Ho trovato magnifico invece, e drammatico allo stesso tempo, come vengono raccontati i rapporti.In un solo flash back di un minuto ad esempio (cosa da pochi) capiamo tutto del rapporto tra Gordie e suo fratello maggiore, morto ai tempi della vicenda da 4 mesi. Un fratello che amava profondamente Gordie ed era infastidito dall'essere il cocco di famiglia.Ma il rapporto più bello è quello tra Gordie e Chris (interpretato da River Phoenix, fratello di Joaquin, morto per overdose a 20 anni)=, impressionante, ed anche qua bastano poche pennellate per rendercelo indimenticabile. Gordie l'intelligente e Chris il teppista.Ma un teppista con una rara maturità e con un cuore grande come la disperazione in cui batte, quell'amico vero che sa esaltarti nella superficie delle stronzate e immergersi con te nella profondità delle cose serie.E le cose serie sono due bambini (anzi, forse tutti e 4) non amati.Stand by me non racconta tanto di un viaggio iniziatico ma del muro, dell'incomunicabilità, della frattura tra il mondo dei bambini e quello degli adulti.Ogni genitore viene fuori distrutto in questo film.Genitori che bevono e basta, altri che picchiano il figlio, altri, forse i peggiori, che nel mito del primogenito dimenticano l'altro.E lo sfasciacarrozze che li offende tutti, e il racconto di Gordie al falò, vera metafora di tutto questo, quel racconto in cui un ragazzino obeso deriso da tutti i "grandi" decide di vendicarsi. Sono due mondi staccati.Non è un caso che l'unica volta che vediamo un adulto e dei bambini in simbiosi sono nel finale, nell'oggi, con il Gordie padre.Perchè chi vive certe dinamiche nell'infanzia poi o si vendica verso la vita riproponendole o se ne riscatta stravolgendole.C'è una frase meravigliosa che dive Vern:"Stiamo proprio bene vero?"E la voce fuori campo:"Non era il semplice star bene, vivere quell'avventura. Era come se ci fosse qualcosa di più. E noi lo sapevamo. Era come fosse magico"Ecco, loro stanno vivendo qualcosa di grande che appartiene solo a loro e che solo loro possono capire. I genitori non esistono, gli adulti non esistono, la vita a casa non esiste. Ci sono solo loro e qualsiasi cosa in quei due giorni gli sta capitando o gli capiterà sarà per sempre impressa nella loro memoria.Che sia lo scappare da un cane oppure da un treno in corsa su un ponte, che sia il togliersi di dosso le sanguisughe e svenire per la vergogna e lo spavento di trovarsene una sotto le mutande.Che sia trovare quel corpo.Poi arrivano i ragazzi più grandi, in macchina.In macchina già.E non so perchè ma ho trovato la parte più bella del film, quella più commovente, in quel "non ce lo porteranno via".E' facile arrivare in macchina per la strada maestra, senza fatica.Molto più difficile farsi 30 km a piedi sopra le rotaie, in mezzo ai boschi, gli stagni e le paure.Quel corpo è il culmine di un'esperienza, apparentemente il fine della stessa, ma forse il mezzo per un altro fine, vivere qualcosa di indimenticabile.E 7 ragazzi in macchina non possono portarci via quell'esperienza, perchè è nostra e abbiamo faticato per viverla.Quella pistola puntata è solo l'ultimo, orgoglioso, e forse disperato tentativo di quattro bambini che vogliono difendere un mondo, il loro, che gli altri non possono capire.
"When the night has comeand the land is darkand the moon is the only light we'll seeNo i won't be afraid, no I want be afraidJust as long you stand, stand by me"
voto 10


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