Il ritornello «I get knocked down, but I get up again / You are never gonna keep me down» lo conoscono praticamente tutti gli under-40 (e non solo loro), magari cantato in un inglese improbabile, senza avere mai davvero capito le parole.
Per molti è l’unico ricordo dei Chumbawamba, band britannica che ottenne grande popolarità a metà anni Novanta grazie al singolo Tubthumping, scalando le classifiche di tutto il mondo, Italia compresa.
Ma chi si immagina i Chumbawamba come il classico gruppo lanciato da un tormentone mai più bissato si sbaglia di grosso. La loro storia era ben diversa, quel brano arrivò infatti dopo quindici anni di carriera caparbiamente controcorrente.
Negli anni Ottanta la band era tra i nomi più noti del movimento anarcho-punk inglese e i componenti del gruppo vivevano in uno squat alla periferia di Leeds.
Mischiando rabbia e ironia dissacrante componevano canzoni legate ai più disparati temi sociali, dalle lotte dei minatori alle discriminazioni razziste e sessiste.
Anche dopo le critiche per la loro scelta di firmare per la Emi nel 1997 (qualche anno prima avevano partecipato alla compilation Fuck Emi con una cover non autorizzata di Heartbreak Hotel) e di concedere l’uso di alcuni loro brani per spot televisivi, si giustificarono sostenendo che fosse l’unico modo per fare arrivare i messaggi politici di cui si facevano portatori a un pubblico più vasto.
Dissero di voler usare il denaro delle multinazionali per combatterle, destinando i ricavati a centri sociali e movimenti anticapitalisti.
Non sorprende che nel 2001 l’accordo con la major si ruppe, probabilmente anche a causa delle performance sempre sopra le righe dei membri del gruppo, che tra le varie provocazioni rovesciarono una secchiata d’acqua addosso al primo ministro inglese John Prescott durante la serata dei Brit Awards e in un programma televisivo americano invitarono i fan più squattrinati a rubare il loro cd nelle grandi catene di negozi di musica.
I Chumbawamba non esistono più ufficialmente dal 2012, ma è curioso il fatto che il loro ultimo Ep sia uscito nel 2013. L’album era stato registrato in realtà otto anni prima e si poteva prenotare sul sito del gruppo, ma coerentemente con il titolo, In Memoriam: Margaret Thatcher, la band aveva deciso che sarebbe stato consegnato ai fan soltanto dopo la morte della storica leader del Partito Conservatore, da loro considerata una sorta di sciagura per l’Inghilterra.
«Sole e Baleno, la nostra rabbia non si è spenta»; «Sole e Baleno vivono nella rivolta».
Per chi vive a Torino e dintorni quei due nomi, Sole e Baleno, sono scritte sui muri piuttosto ricorrenti. Molti tra i più giovani non sanno a cosa facciano riferimento, mentre a chi ha qualche anno in più magari tornano alla mente i ricordi confusi di qualche episodio di cronaca.
Era il marzo del 1998: Maria Soledad Rosas detta Sole e Edoardo Massari detto Baleno vivevano in uno spazio occupato all’interno dell’ex manicomio di Collegno, vicino a Torino.
Lei ventitré anni, argentina, arrivata in Italia da poco più di un anno per un viaggio di laurea con un’amica, aveva chiesto per caso ospitalità all’Asilo, squat torinese e, affascinata dall’ambiente, aveva deciso di fermarsi; lui trentaquattro anni, originario del Canavese, era impegnato fin da adolescente in diversi centri sociali piemontesi.
Da poco erano una coppia.
Vennero arrestati insieme a Silvano Pelissero con l’accusa di essere gli autori dell’incendio al municipio di Caprie, nella bassa Val di Susa, avvenuto due mesi prima.
Il movimento No Tav è riuscito a farsi conoscere a livello nazionale piuttosto recentemente, ma le proteste contro l’alta velocità iniziarono in realtà già nel 1995. Negli anni successivi vi furono diversi sabotaggi, anche incendiari, alcuni dei quali rivendicati da un gruppo su cui non è mai stata fatta chiarezza, i Lupi Grigi.
L’episodio di Caprie, apparentemente poco sensato ai fini dell’opposizione all’alta velocità, venne comunque inserito in questo filone e subito dopo gli arresti sui quotidiani locali si iniziò a parlare della cattura degli «ecoterroristi».
I tre ragazzi vennero accusati proprio di associazione sovversiva con finalità di terrorismo e di ecoterrorismo con il conseguente regime di isolamento carcerario.
Qualche anno più tardi quelle accuse pesantissime crollarono, ma era troppo tardi. Infatti dopo ventitré giorni in prigione e dopo avere denunciato più volte la disumanità della vita in carcere Baleno si era suicidato e a distanza di poco più di tre mesi, divisa tra dolore e rabbia, anche Sole si era tolta vita nella comunità in cui era stata trasferita ai domiciliari.
Cos’hanno in comune queste due storie poco conosciute e così diverse, quella divertente del collettivo anarchico che ottiene un improbabile successo mondiale grazie a uno dei tormentoni simbolo degli anni Novanta e quella tragica dei due ragazzi morti in carcere in seguito alla loro battaglia?
Può sembrare strano, ma per un attimo si sono sfiorate.
I Chumbawamba erano affezionati all’Italia, in particolare ai centri sociali e alle radio indipendenti: il Leoncavallo di Milano, El Paso di Torino, la romana Radio Onda Rossa, Radio Sherwood a Padova.
A Firenze il cantante Danbert Nobacon ebbe anche una disavventura: venne fermato dalla polizia, probabilmente perché indossava una gonna, e poiché non aveva con sé i documenti venne trattenuto in questura per diverse ore.
Il legame con l’Italia si ritrova anche in A Singsong and a Scrap, album del 2005, in cui è presente una versione in inglese di Bella ciao, dedicata a Carlo Giuliani, ucciso al G8 di Genova, dove la band era presente.
Dopo l’exploit di Tubthumping però per la prima volta, dopo tanti anni passati nei circuiti alternativi, i Chumbawamba ritornavano in Italia da star, suonando nei festival più importanti. A luglio del 1998 allo stadio Paolo Rosi di Roma ad aspettarli c’erano più di mille persone. Sul palco però non salì la cantante, Alice Nutter.
Erano passati circa dieci giorni dal suicidio di Sole e ormai da tempo la tensione a Torino era altissima.
Fin dall’arresto dei tre giovani, ma in particolare dopo la morte di Baleno, era in corso una grande mobilitazione dell’ambiente delle occupazioni e dei centri sociali, che accusavano lo Stato e i giornalisti di essere responsabili del suicidio.
Quando anche Sole si tolse la vita il clima divenne ancora più pesante e ci furono spesso scontri anche molto duri tra manifestanti e polizia.
Quel giorno a Roma i Chumbawamba spiegarono che l’assenza della cantante era dovuta proprio a uno di questi scontri: il giorno prima a Torino avevano partecipato a un corteo e lei era stata ferita alla testa da un poliziotto durante una carica. Per solidarietà inoltre permisero a circa trecento militanti dei centri sociali di entrare senza pagare il biglietto per distribuire volantini, mentre alcuni salivano sul palco con uno striscione e raccontavano la vicenda dei tre anarchici.
Alice Nutter non si presentò sul palco nemmeno qualche giorno dopo al noto Womad Festival, in Inghilterra, e la cosa non passò inosservata.
Successivamente il gruppo ammise che la cantante si era sì fatta male, ma durante un incidente in furgone; aggiunsero che avevano inventato l’episodio della carica per fare parlare degli scontri a cui avevano assistito e soprattutto della storia di Sole e Baleno, che li aveva colpiti profondamente.
Lo stratagemma funzionò: per la prima volta in Gran Bretagna su giornali e tv, da Mtv alla Bbc, si accennava alle manifestazioni in Italia in seguito alla morte in cella di due giovani attivisti anarchici.
La band di Tubthumping era anche questo.
Riccardo Sarà
@twitTagli
[Grazie a Zerocalcare per avermi fatto conoscere questa storia. Senza quell’intervista penserei ancora ai Chumbawamba semplicemente come quel gruppo là che cantava «I get knocked down, but I get up again / You are never gonna keep me down» (ovviamente senza sapere le parole) e mi chiederei ogni volta chi fossero quei Sole e Baleno che vedo scritti ovunque sui muri della mia città.]