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You, the Living: il (non) sense della vita per Roy Andersson

Creato il 18 agosto 2014 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

You-the-LivingCosì è la vita. Fatta di litigi e incomprensioni, piccole gioie e taciuti amori, stenti e privazioni. Coperto da una costante nebbiolina grigia che avvolge interni ed esterni, You, the Living (Du Levande) di Roy Andersson è un film surreale sul (non) sense della vita. In scena un manipolo di personaggi complessati e un po’ depressi, annoiati e sull’orlo di una crisi di nervi. E’ il ridicolo teatrino della vita, dove ciascuno racconta qualcosa di sé come in una flemmatica, alienata e nordica versione di un racconto scartato di Carver.

C’è chi, non sopportato dalla moglie, prepara il suo pezzo al trombone o alla grancassa per la parata militare del paese, chi non si sente amato e sfoga il suo astio gratuitamente sugli altri, chi si cruccia per una stupida offesa, chi sogna la pena di morte per una tavola imbandita mandata all’aria. Personaggi assurdi che incarnano tutta l’essenza di quell’inspiegabile senso della vita. Roy Andersson sembra però accennare, nel finale e in alcuni “episodi”, a come la morte e il sogno possano inaspettatamente essere talvolta migliori dell’esistenza. E’ il caso di quello sguardo finale verso l’alto, verso il cielo, verso una distesa di aerei che planano sulla città pronti a quel bombardamento sognato dal personaggio che apre il film. Ma sogno e realtà si mischiano e sovrappongono continuamente, e forse You, the Living già vive integralmente su una non-Terra, su un mondo tra le nuvole dove tutto è possibile. La dice lunga la bellissima sequenza degli sposini novelli (lui giovane chitarrista punkettone!), la cui piccola casetta è un treno che arriva in stazione per essere trionfalmente accolto da un popolo che sa ancora gioire con genuinità delle gioie altrui…

You, the Living: non un capolavoro, ma sicuramente un gioiellino d’autore da vedere.

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