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Zagrebelsky alla Biennale: idee sulle Idee

Creato il 11 aprile 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Non si vive solo di passioni ma anche di ragioni”. Incomincia così la sua lezione Gustavo Zagrebelsky, in un Teatro Carignano gremito. Molti i giovani, soprattutto universitari. Presente anche il sindaco Piero Fassino. Il presidente della Biennale Democrazia si sofferma a salutare le prime file, come suo solito, prima di sedersi in cattedra.

Idee come visioni.
Partendo dall’etimologia della parola, Zagrebelsky pone le idee come bene massimo degli esseri umani propensi a riflettere. Riflessione che, come egli ci tiene a rimarcare, sta alla base dell’azione.
Si parla del Pil ma non del Fil” (ndr. Felicità interna lorda), continua, “eppure le idee dovrebbero essere considerate come indicatori della qualità della vita di ciascuno”.

Classificazione delle idee
Secondo l’ex Presidente della Corte Costituzonale, le idee possono essere suddivise in quattro tipi, che identificano altrettante tipologie di esseri umani: idee che nascono dalle menti che conoscono, risolvono, progettano e sognano.
Così, la mente che conosce si incarna nella figura di Funes, il curioso personaggio di Borges che conosceva ogni cosa nei minimi dettagli al punto da non sapersi più muovere dal particolare all’universale.

Quella che risolve, invece, meno teorica e più tecnica, opta per una risoluzione specialistica di problemi pratici. Il rischio è quello di ideologizzare il sapere specialistico, che mette in penombra altri metodi risolutivi. Le menti tecniche – presenti oggi più che mai anche in politica – agiscono nella circostanza e non sulla circostanza, costrette entro i confini dei loro sistemi. Per questo arrivano spesso a conclusioni restauratrici o conservatrici.

Al contrario, le menti più riformiste e rivoluzionarie sono proprie di chi progetta, di chi crea idee sulla realtà ma di parte. Per questo, in una società, ve ne sono di diverse. Le critiche mosse a chi progetta sono di ergersi sopra una presunta Legge oggettiva intoccabile o, all’opposto, di limitare le libertà individuali. Zagrebelsky sottolinea invece l’importanza del progettare, pur senza cadere nel rischio di rendere troppo nette le diversità, danneggiando la buona politica.

Infine, spazio alla mente che sogna e che spera. Gli uomini che sognano, però, non possono vedere un legame tra il mondo reale e ciò che promettono, poiché si rifanno a “fuochi fatui, prove di intelligenza fini a se stesse”. Che il riferimento sia verso un comico entrato recentemente in politica?
Tutti hanno bisogno di sogni e speranze ma senza inganni. Tra il regno della possibilità e quella dei sogni non ci deve essere uno scambio” poiché “se si attinge da una promessa salvifica, l’utopia può diventare incubo totalitario, evasione o perversione”.

E le idee in politica?
Oggi però andiamo verso l’accumulo di conoscenze differenziate, fino al minimo dettaglio. “Questa estrema frammentazione dà rilievo solo a ciò che differisce, mai a ciò che unisce. Le visioni di insieme arrancano e le ideologie, intese come ‘discorsi sulle idee’ sembrano cose di altri tempi. Il quadro generale va in frantumi, e con esso le idee progettuali”.
Siamo bravissimi in specifici ambiti ma non vediamo le connessioni più ampie, che rappresentano la vera politica. Così siamo diventato impotenti verso quelle idee che dovrebbero riguardare il bene comune. “Dobbiamo fare un passo indietro”, continua, “la vera democrazia la fanno paradossalmente coloro che ‘non sanno’, perché capaci di riconoscere ciò che tiene assieme i particolari, cioè il generale”.

Importante, dunque, che “la società si liberi dai corporativismi, che tramuti i falsi intellettuali in liberi pensatori capaci di valorizzare tutti i tipi di conoscenza e che incalzi i governi ad attuare politiche culturali”. Infatti, un governo che faccia circolare la cultura aumenta non solo il suo Pil, ma indubbiamente anche il suo Fil.

Questi obiettivi sono utopie? No. Il peggio è che per sentimento di impotenza cessassimo di pensare e lo facessimo fare ad altri. Sarebbe questa la massima infelicità”.

Articolo di Virginia Giustetto e Matteo Rinaldi.

gustavo zagrebelsky

Foto Festival della Scienza, licenza CC BY-SA


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