In Africa le donne, come sappiamo, sono fondamentali nell’economia di una famiglia sopratutto grazie all’apporto in moneta sonante del loro lavoro.
E questo discorso vale moltissimo nell’Africa rurale e, nello specifico, per quel che concerne strettamente il lavoro dei campi, che spesso è appannaggio solo della donna.
Ma a Zanzibar, l’isola prospiciente le coste del Tanzania,piuttosto nota per il turismo, le donne creano reddito familiare anche curando e raccogliendo le alghe nelle acque dell’oceano,una autentica e generosa ricchezza, che definire indispensabile è terribilmente riduttivo.
Esse, le alghe, si sviluppano in quelle che si definiscono le cosiddette “serre” del mare.
I cambiamenti climatici in atto un po’ sul tutto il pianeta e l’aumento delle temperature marine odierne rischiano però di azzerare i proventi derivanti da quest’attività , ritenuta fino a qualche tempo fa redditizia e importante nell’economia generale del luogo.
La produzione di alghe rosse, reclamata dall’industria cosmetica è, ad esempio,calata di molto già dal 2007.
Ne dà notizia il dipartimento di risorse marine di Zanzibar, che sottolinea addirittura un aumento di circa 10 gradi in più delle temperature delle acque oceaniche.
Un rimedio potrebbe essere quello di impiantare le alghe ad una maggiore profondità ma la cosa è tutta da sperimentare.
E, comunque,ciò significa al momento un alt deciso nell’attività lavorativa di parecchie persone (se ne impiegavano un tempo anche fino a 20 mila) e, in particolare, un fermo per le donne.
Queste, infatti, riuscivano a conciliare per necessità, sia pure a prezzo di grossi sacrifici, la conduzione della propria famiglia con questo genere di lavoro.
D’ora in avanti emerge lo spettro di una disoccupazione certa all’interno di un’economia fragile, come quella isolana, che oltre al turismo, che rimane un’ottima risorsa, esporta in prevalenza spezie e manufatti di raffia.
Le alghe, per inteso, interessano molto, e sempre per l’esportazione, anche l’industria farmaceutica e poi quella alimentare.
Insomma si tratta di un grande business che viene improvvisamente a mancare lì dove l’economia informale è regola dominante e il “santo arrangiati” non fa arrossire nessuno.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)