Zapatero presenta El dilema, il suo libro: fu un errore non ammettere subito la crisi, ma non mi pento di niente
Da Rottasudovest
José Luis Rodriguez Zapatero non si pente di niente e si assume tutta la
responsabilità per aver deciso di introdurre il fiscal drag nella Costituzione spagnola,
nelle ultime settimane del suo mandato, e per aver introdotto drastici tagli
alla spesa pubblica per cercare di evitare il rescate, l'intervento dell'Unione
Europea nel sistema finanziario. "E' stata una decisione personale
mia e sono stato sempre consapevole del costo che avrebbe comportato. La
situazione era così delicata che avevo due alternative: fare tagli sociali o
consolidare la stabilità. Ho scelto la seconda misura. L'accordo dei due grandi
partiti per il cambio della Costituzione è stato un fattore molto positivo,
dato che c'erano rischi massimi, che si sarebbero risolti in un governo tecnico.
La mia responsabilità era ancora maggiore perché c'erano le elezioni a
novembre 2011 e il rescate non fu argomento della campagna elettorale. La mia
convinzione è che è bene che ci sia stabilità di bilancio. So che è un tema
doloroso per il mio partito, per questo sento un'enorme gratitudine per il
sostegno dato alla decisione" ha detto Zapatero, ieri, nella conferenza
stampa con cui ha presentato El dilema, il libro in cui racconta i drammatici
due anni finali del suo Governo, quando si è trovato per le mani la più grave
crisi economica della storia recente
Salvare la Spagna dal rescate è stata l'ossessione degli ultimi due anni della
sua presidenza: "Me l'hanno proposto tre volte e tre volte ho
detto di no. Ero convinto che un aiuto finanziario sarebbe stato molto negativo
per il recupero dell'economia spagnola. Sarebbero stati necessari anni per uscire
dalla crisi" ha spiegato l'ex premier. Nel libro, dice, ha cercato di
essere "il più sincero possibile" e "il più autentico", ha
raccontato i 600 giorni finali della sua presidenza per spiegare il suo punto di
vista e le sue sensazioni. La sincerità implica l'autocritica e Zapatero non se
l'è risparmiata. Ieri in conferenza stampa ha ammesso che "è stato un
errore non riconoscere, nel 2008, che la Spagna era in crisi"; ma se non lo
ha fatto, ha spiegato, "è stato per dare un messaggio di stabilità agli
investitori", perché "tutte le previsioni indicavano una ripresa
della crescita economica". Proprio per questo Zapatero, ammettendo l'errore
commesso, ritiene che sia assurdo che lo si accusi di aver ingannato gli
spagnoli.
"Abbiamo fatto grandi progressi e, quando è arrivata la crisi, abbiamo
frenato" ha riassunto. Ma grazie alle sue decisioni, la Spagna ha evitato
il rescate e di questo si sente fiero. A maggio 2010 ha adottato misure
draconiane, che gli sono costate la carriera politica, per cercare di mettere
ordine nei conti spagnoli e di tranquillizzare i mercati circa la solvenza delle
banche: ha congelato le pensioni e ridotto del 5%, in media, lo stipendio dei
funzionari pubblici, ha ritirato una delle conquiste del suo Governo, l'assegno
da 2500 euro per i neonati. Per i suoi detrattori è stato l'inizio della fine
del sogno progressista spagnolo, ma Zapatero non la vede così, perché
"voglio e devo ricordare che noi abbiamo mantenuto intatta la sanità
pubblica e abbiamo mantenuto intatti i diritti del sistema scolastico".
Insomma, visto come è andata con il successore, ci sono vari modi per
affrontare una crisi economica.
Però Zapatero non ha voluto giudicare l'operato di Mariano Rajoy, il suo
successore e si è limitato a dire che "dopo due anni fuori dal Governo,
visti i dati di disoccupazione e debito pubblico, la mia conclusione è che le
cose non erano così facili come alcuni pensavano. E' una crisi inedita, per
portata e contesto". Una frecciata a Rajoy, che assicurava che con lui
sarebbe scesa la disoccupazione e che con lui i mercati avrebbero riacquistato
fiducia nella Spagna. Però nessuna critica per il leader conservatore e una
concezione americana del Governo: "Il Presidente del Governo è il mio
presidente del Governo e il mio Governo è il mio Governo". Tutta un'altra
idea di lealtà, rispetto a quella dei suoi predecessori Felipe Gonzalez e José
Maria Aznar, che non gli hanno mai fatto mancare i loro pubblici rimproveri.
Ma Zapatero sembra avere un'altra idea sul ruolo dei Presidenti del Governo
ritirati. Di fatto la conferenza stampa di presentazione di El dilema è stata
la sua prima apparizione davanti ai media da quando ha lasciato la Moncloa. In
questi due anni lontano dal potere non ha mai rilasciato interviste in cui abbia
parlato del suo successore alla Presidenza del Governo. Non è un ex Presidente
intervencionista, sostengono i media spagnoli, come invece sì, continuano a
esserlo Felipe Gonzalez o José Maria Aznar. Neanche per loro Zapatero ha parole
di rimprovero. "E' molto difficile conquistare il rispetto dei cittadini se
non ci rispettiamo tra di noi" ha commentato ed è stata, in fondo,
un'altra frecciata.
Nel libro non ci sono parole di rimprovero per nessun collaboratore, neanche a
Pedro Solbes, il Ministro dell'Economia che lo ha abbandonato perché non
condivideva le sue scelte economiche e che, in un libro uscito in questi
giorni, lo ha pesantemente criticato. "Sento gratitudine per tutti i miei
ministri e questa si estende anche al vicepresidente economico del Governo.
Questo è il mio modo di intendere la lealtà del lavoro di squadra. Non
polemizzerò mai con qualcuno che ha fatto parte della mia squadra. E, se me lo
permette, stiamo presentando il mio libro, non quello di Solbes" ha
risposto Zapatero a precisa domanda.
La lealtà è un concetto che è tornato spesso nella conferenza stampa. Zapatero
la sente nei confronti del PSOE e, anche se al recente Congresso del PSOE
andaluso, ha sostenuto il cambio generazionale che la neo Segretaria Generale
andalusa Susana Diaz rappresenta, non ha voluto entrare nelle polemiche sulla
successone ad Alfredo Pérez Rubalcaba. Ha avuto, anzi, parole di stima e
affetto per il Segretario Generale, suo successore e suo Ministro degli Interni
e vicepresidente: "E' un amico, è stato uno dei miei principali
collaboratori nel Governo, ha vinto un Congresso, nessuno dubita delle sue
qualità politiche e, siccome è il mio segretario generale, mi attengo sempre a
quello che lui decide come iniziativa politica. L'unica cosa che farò è non
dare consigli né orientamento al partito, né al segretario generale, che non
ne ha bisogno, ma il mio sostegno" ha affermato. "Nei miei compagni di partito vedo solo virtù e con i miei
avversari preferisco anteporre il rispetto alle divergenze. Hanno alle spalle
milioni di elettori. E' una sensazione molto forte stare alla guida della
Spagna. Molto forte. Conosco questa sensazione e non si dimentica. Mai".
Off-records, ad alcuni giornalisti ha fatto sapere che se alle primarie del PSOE
si presenteranno vari candidati, non sosterrà nessuno. Un'incredibile altra
idea di ex Presidente del Governo, un uomo che finalmente non si crede
imprescindibile e che lascia che il futuro sia davvero in altre mani, avendo già dato lui il suo contributo e avendo lui stesso deciso che la sua stagione è finita. Avercene, ex
presidenti così.
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