Ci sono dei libri che quando li leggi ti fanno sentire deficiente. Che ti fanno arrivare alla fine con un grosso punto interrogativo sulla testa, che ti porta a chiederti se il problema sei tu e o se è il libro stesso. Poi però ti ricordi chi è l'autore, ti ritornano in mente le opinioni positive di chi l'ha letto ma anche quelle che hanno riportato il tuo stesso senso di confusione al termine della lettura. E quindi capisci che il libro è volutamente confuso, così come è voluta questa iniziale reazione nel lettore.
In questi casi, io di solito, una volta chiusa l'ultima pagina, lascio alla mia mente un po' di tempo per assimilare, per riflettere e per riposarsi, nella speranza che riesca così a cogliere tutto quello che il libro voleva trasmetterle.
Con Zazie nel metrò mi sono bastate poche ore. L'ho chiuso ieri sera, con la terribile sensazione di non aver capito niente. L'ho riaperto stamattina, ho sfogliato distrattamente le sue pagine e mi sono accorta di aver invece capito tutto. E di aver davanti un libro sicuramente di difficile lettura ma altrettanto sicuramente geniale.
Zazie è una ragazzina senza peli sulla lingua, maliziosa, provocatrice e dal linguaggio sboccato, che viene lasciata dalla madre per due giorni a Parigi dallo zio Gabriel, di mestiere ballerina, e dalla sua dolce mogliettina. La ragazzina scapperà di casa, lo zio per un po' la seguirà, finendo entrambi in situazioni buffe e strampalate che li porteranno a incontrare personaggi altrettanto strampalati, tassisti, calzolai, poliziotti e pappagalli, che renderanno il soggiorno parigino di Zazie semplicemente indimenticabile.
Questa ragazzina è un personaggio fantastico. All'inizio avresti voglia di prenderla a sberle, per la sua totale mancanza di educazione e per il suo modo sboccato di parlare. Poi però, mano a mano che vai avanti nelle pagine, ti affezioni a lei, alla sua impareggiabile furbizia nel rapportarsi con i grandi e al suo modo di vedere il mondo e tutto ciò che la circonda.
Perché vuoi fare la maestra?
- Per rompere le balle alle bambine, - rispose Zazie.- Quelle che avranno la mia età fra dieci, tra vent'anni, tra cinquant'anni, fra cento anni, fra mille anni. Aver sempre da rompere le balle a qualcuno. [...] Voglio esser carogna. Gli farò leccar l'impiantito. Mangiar la cimosa della lavagna. Gli metterò i compassi nel didietro. Pedate nel sedere. Porterò gli stivali. D'inverno. Alti così (gesto). Con gran speroni per scorticar la ciccia delle chiappe.
- Sai, - disse Gabriel con calma, - stando a quel che dicono i giornali non è proprio in codesta direzione che si sta orientando l'educazione moderna [...] E poi, tra vent'anni non ci saranno più maestre [...]
- Allora - dichiarò - farò l'astronauta [...] per andare a rompere le balle ai Marziani.
La difficoltà maggiore nella lettura è data sicuramente dallo stile: colloquiale, ricco di parole inventate e neologismi che richiedono una lettura molto, molto attenta per essere sicuri di coglierne il senso. E credo che la lettura in traduzione, per quanto ben fatta anche se forse un pochino antiquata, penalizzi un po' tutta l'opera e ne faccia perdere alcune sfumature.
Per me è stato un romanzo a scoppio leggermente ritardato, che subito mi ha lasciata confusa ma di cui poi , una volta metabolizzato, mi sono innamorata.
Traduttore: Franco Fortini
Anno di pubblicazione: 2005
Prezzo di copertina: 10,50 €