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ZERO DARK THIRTY, orario notturno delle 0.30 in gergo militare, quello dell’ultima missione,è la cronaca impeccabile nello stile del film-reportage, nobilitato dal talento di Kathryn Bigelow, dei dieci anni di caccia all’uomo più ricercato della storia moderna Osama bin Laden, a partire da tragiche testimonianze in solo audio a schermo nero delle vittime dell’attacco alle Torri Gemelle l’11 settembre 2001. La Bigelow, in stretta e rodata collaborazione con Mark Boal, corrispondente di guerra, dopo aver raccolto con cura documentazioni fondate, ha creato una sceneggiatura racconto vivente di quanto può essere accaduto, avvalendosi di una capacità di montaggio delle riprese, con modalità adatte alle circostanze, dalle classiche in interni con una fotografia magnifica, a quelle con camera a spalla, mosse e sporcate dal pulviscolo atmosferico o dalla fitta polvere di certi ambienti, fino alla meraviglia delle lunghe sequenze di notte fonda sfocate e con luce verdastra, quella degli infrarossi di cui erano dotati i Navy Seals per l’impresa decisiva. In uninarrestabile crescendo, che lentamente coinvolge anche il più distratto spettatore, affiora l’operato di un manipolo di agenti della CIA in Afghanistan, che in segreto si sono adoperati a raccoglierele informazioni che potessero condurre al famoso personaggio, fino ad usare torture atroci,ormai considerate di utilità discutibile e vietate per motivi etici, intercettazioni su numeri telefonici così ottenuti, mentre i continui attentati con molte vittime civili e militari non facevano che esasperare gli animi e spingere sempre più alla cattura. I capi dell’Intelligence in America volevano prove sicure, e solo nel maggio 2011, quando si sono convinti con foto, filmati, e visioni dirette che probabilmente era stata identificata la grossa costruzione dove Bin Laden poteva essere nascosto, in Pakistan, con un fremito di emozione generale è stata presa la decisione di attaccare. A questo si è giunti anche, se non soprattutto, per la tenacia e l’insistenza di un agente speciale della CIA, una giovane donna bionda e delicata di fattezze ma con i nervi d’acciaio, che è sempre stata presente senza demordere mai dalle sue convinzioni e richieste, sola contro tutti. Il suo nome, Maya, è di fantasia, le sue generalità sconosciute e il personaggio, forse unpo’romanzato, lotta con la sofferta compostezza espressa dalla giovane attrice Jessica Chastain, cosi incisiva e sincera da meritarsi una nomination all’Oscar. Solo alla fine, vincente ma più che mai sola in un grande aereo, che la riporta a casa, si permette una lacrima liberatoria, ma anche di smarrimento per la deprivazione del suo costante obiettivo, distruggere per il suo paese e per il mondo Osama Bin Laden, che da poco aveva riconosciuto nel cadavere contenuto in una custodia e alla cui uccisione aveva assistito in diretta attraverso un video. Qui Kathryn Bigelowallenta il controllo sulle emozioni e fa anche omaggio al manipolo che ha compiuto la difficile impresa, resa nel racconto con maestria insuperabile. Al di là delle parole di chi ne scrive, il film va visto come parte della Storia e grande cinema in continuo rinnovamento.
di Bufera
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