Oggi, dopo tanti anni che è mancata, ho pensato a zia Anna, anzi Marianna, come era stata battezzata.
Mi è ritornata alla mente mentre facevo colazione con i soliti biscotti Oro Saiwa, questa volta spalmati di marmellata. Solitamente non mangio cibi dolci, non li cerco (eccetto la cioccolata fondente), però mi sono fatta tentare da una confettura di amarene, ed allora mi sono ricordata di quella che preparava in casa la zia: una marmellata un po’ acidula, con le drupe ancora intere, solo snocciolate, cotte in un pentolino di alluminio con pochissimo zucchero e subito invasate nei contenitori di vetro chiusi con la carta oleata e qualche giro di spago: la data di confezionamento scritta con calligrafia elegante sopra un’etichetta e i barattoli prendevano la via di Bolzano, in scatole di cartone ripiene di paglia.
Già, perché nonna e zia vivevano in quel di Caserta, piuttosto lontano quindi da Bolzano.
La zia preparava altre cose buone: il nocino, gli struffoli, la pastiera (mai mangiata una buona come la sua), il casatiello, la marmellata di arance con tante scorzette, la caponata, le sarde in tortiera con pane spruzzato di aceto e con aglio ed origano (guai a metterci il prezzemolo, come dicono tante ricette), pietanze che aveva insegnato a cucinare anche a mia madre, trentina, cresciuta a tortèi di patate, smacafàm, strangolapreti, polenta.
Tutte queste cose mi riportano all’infanzia, alle merende estive sul terrazzo di casa della nonna adornato di oleandri e gerani piantati nelle grosse latte che avevano contenuto i pomodori pelati :merende a base di filoncini di pane con pomodori schiacciati irrorati di olio buono e origano, oppure freschissime foglie di basilico, oppure farciti con con i peperoni arrostiti o, senza che mamma vedesse, peperoni fritti, la mia passione.
Altro che le merendine pubblicizzate in televisione; un gusto per le verdure che ancora adesso mi accompagna.
Zia era zitella e lei stessa scherzava sopra questa sua condizione. Era la sorella minore di mio padre, anche se fisicamente assai differente da lui. Mio padre infatti era bruno, sia di carnagione che di capelli, come mio nonno; la zia invece aveva preso tutto da sua madre.
Non ho mai saputo perché non si fosse mai sposata: da giovane era davvero una bellezza: carnagione chiara, occhi verdazzurri, una massa di capelli castano chiaro racchiusi un una folta treccia, un bellissimo sorriso con denti che si erano conservati bianchissimi e sani fino in tarda età. Ricordo che dopo i 40 anni aveva avuto una proposta di matrimonio da parte di un vedovo, un capitano di marina, ma lei non aveva accettato in quanto avrebbe dovuto trasferirsi in Puglia e non voleva lasciare sola sua madre, ormai anziana, che non voleva abbandonare la casa.
L’unica cosa della quale si rammaricava, era che noi si frequentasse poco o niente la chiesa: lei era molto religiosa, al limite del bigottismo. In casa, dappertutto santini vari, un santo per ogni occasione, con la sua bella preghiera dietro, rosari, una “Deposizione” in cera sotto la campana di vetro sopra il comò, ovunque altre immagini sacre incorniciate.
Con l’avanzare dell’età e la morte di nonna si era concessa qualche piccolo lusso che le permetteva la pensioncina minima della quale godeva. Una stufetta, al posto del braciere che solitamente usava, ed infine in casa era arrivata l’acqua, che prima doveva andare a prendere alla fontana con il secchio: un’acqua freschissima che arrivava direttamente dall’acquedotto Carolino di Ponti della Valle, opera di Vanvitelli, che approvvigionava sia la Reggia di Caserta che gli opifici di san Leucio.
Ogni tanto si concedeva qualche piccolo viaggio solitamente pellegrinaggi, ma quando poteva veniva anche a Bolzano, specie in estate, e qui, approfittando delle mie assenze da casa mentre lavoravo, “viziava” i miei figli, tentandoli con biscottini e caramelle.
Con l’avanzare dell’età le visite però si erano diradate fino a cessare del tutto: lei stessa piano piano era sfiorita, trascorrendo le sue giornate tra le visite in chiesa e interminabili rosari in casa, ma sempre senza lamentarsi, fiduciosa in un mondo migliore che l’aspettava lassù…e spero per lei che il suo desiderio si sia avverato.
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