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Zibaldone 1 (Secondi pensieri, letture, problemi di base, il mondo com’é)

Creato il 16 dicembre 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

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576px-Leopardi,_Giacomo_(1798-1837)_-_ritr__A_Ferrazzi,_Recanati,_casa_Leopardidi Zeulig, Spock e di Astolfo.

Amore - È una camicia di forza, linguistica. Tutto ciò che gli sottostà costringendo ai limiti di una parola. Si può dirlo vittima per eccellenza dei limiti del linguaggio. Tante “cose”(sentimenti, passioni, disposizioni), vissute in modo non uniforme da individuo a individuo, costringe in una parola.

Fede – È amore, dicono i papi Bergoglio e Ratzinger. Con i limiti dunque del termine amore. Tanto molteplice quanto chiuso.   Felicità– È la filosofia. La riflessione, l’arte di ragionare. Anche quella della disperanza, altro esercizio a suo modo voluttuoso dell’arte della ragione. “L’esercizio della saggezza”, la diceva Aristotele. “L’elemosina che si getta ai mendicanti”, la dice Schopenhauer –con altrettanta saggezza?   Si definiva il Bene Supremo, e lo è , se non il fine di ogni esistenza. Di volta in volta, piacere, virtù, ragione, ascesi. E ora, nella filosofia della crisi, la superiore saggezza. O non è l’esito della sospensione del giudizio? Il “passeggiatore solitario” Rousseau si dice felice quando, disteso in barca, si lascia alla deriva sulle increspature dell’acqua.  Anche dell’attività febbrile, prometeica, se la sua mancanza (età, malattia, ristrutturazione) manda molti oggi in depressione. È una pausa.   “La ricerca della felicità distoglie dalla felicità”, argomenta Pascal. La ricerca dev’essere obliqua: si punta a essa con un falso scopo – facendo dell’altro, magari gravoso. Non residuale ma tangenziale.   È la corsa e non il traguardo. Per questo irraggiungibile. È “l’unica cosa al mondo”, dice Aristotele, che si vuole per se stessa. E non come falso scopo per altro beneficio. Si può dire anzi che tutta l’azione umana è concertata a questo scopo, seppure illusorio –direbbe Leopardi. Anzi no: sfuggente. Una meta retrattile. Un traguardo che balugina, della consistenza del miraggio – che non ama essere toccato.   Più spesso è definitiva, e per questo perenta. La felicità viene al culmine della saggezza, per Budda e non solo, ma si vuole un compimento. E in questo si cancella, per riproporre la sua propria ricerca.   Giustizia– È il perno della vita sociale, della sua costituzione. E della sua esistenza: ne è la linfa. Lo spirito di giustizia. È un senso, seppure non fisiologico. Si esprime dal basso, e prima o dopo gli ordinamenti. Somma ingiustizia è la giustizia degli apparati (ordinamenti) ingiusta, nelle sue istituzioni e\o nelle sue azioni.   Linguaggio- Limita indubbiamente, nel mentre che ordina e scopre – apre porte e frontiere. Apre ordinando– e più nella filologia più avventurosa e astrusa, sempre infine classificatoria. Nel senso che può dire Bergson, “Saggio sui dati immediati della conoscenza”: “Il pensiero resta  incommensurabile col linguaggio”. Per Bergson il linguaggio fa di peggio: comprime e limita là dove è più espressivo o significante: “La parola dai contorni ben definiti, la parola brutale, che immagazzina ciò che c’è di stabile, di comune, e per conseguenza d’impersonale nelle impressioni dell’umanità, schiaccia  quantomeno ricopre le impressioni delicate e fuggitive della nostra coscienza individuale”. Questo vale pure per Barthes, che ne ha finemente ampliato le articolazioni e analizzato le potenzialità.   Suicidio- Il tema è l’irrazionalità del suicidio. È passare a miglior vita? È atto ostile? Contro chi: se stessi, gli altri, Dio – la vita, la natura? E quali altri? Il gesuita Johannes Robeck si annegò quando ebbe completata la ponderosa “Exercitatio philosophica de morte voluntaria philosophorum et bonorum virorum”. Philipp Mainländer s’impiccò il giorno in cui ebbe la prima copia della sua “Filosofia della liberazione”. La virtuosa Basilò, di cui in Callimaco, “posto il fratello sulla pira, non sopportò\di vivere”, di vivere più del fratello morto. Re Mida si soffocò col sangue di bue, stanco di lucidare ottoni perché sembrassero oro. Arunzio si uccise per fuggire l’avvenire e il passato. Cleombroto d’Ambracia si buttò, secondo Callimaco, nel buco dello Stige per nessun altro motivo che l’aver letto Platone sull’anima, ricavandone gran desiderio della vita futura. Platone fu fatale pure all’Uticense, ma quella è un’altra storia. Lukàks giovane, quello dei saggi vivi, “L’anima e le forme”, “Teoria del romance”, voleva suicidarsi per amore di Irma Seidler, che lo ispirava, e glielo annunciò in una lettera mai spedita, anche perché poco dopo fu lei a suicidarsi. L’amore, lo dice Ovidio, non conosce limite né pace se non nella morte, ma di chi?   Dickens pare abbia detto: “La vita ci è stata data a patto di difenderla con coraggio fino all’ultimo respiro”. Che sembra sentenza di significato univoco e profondo e invece è vaga. Sempre, beninteso, è questione di vita e di morte. Il padre di Šklovskij, ebreo battezzato, che la moglie abbandonò col primo figlio, si trafisse da parte a parte con una daga, sopravvisse, si risposò, ebbe Viktor, e dopo una trentina d’anni s’accorse, insieme con la seconda moglie, che si amavano. Una legge di Enrico Morselli lega i suicidi alle nascite: tanto più crescono quelli, tanto più si moltiplicano queste. Ma un’unica legge o causa non c’è. Secondo Marguerite Duras gli uomini hanno inventato il suicidio come il canto e la divinità, contro la vita, per tedio. Può anche mancare il coraggio. Oppure la vita può essere tolta agli uomini malgrado tutto, giacché viene loro data.  

Vuoto – Non esiste in politica, si dice. Ed è vero: ogni spazio lasciato è subito occupato, in meglio o in peggio. Non esiste nella storia, anche quotidiana. Non esiste in memoria. Il vuoto di memoria è occupato da altre memorie, per quanto incongruenti. Anche lo zen, arte di fare il vuoto, richiede applicazione costante. Non siamo mai soli.

————————– LETTURE ———————————

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Ermetismo–Prede il nome da Ermes. Messaggero degli dei e psicopompo, accompagnatore degli spiriti nell’aldilà. Ma è anche un sorta di Ulisse divino, così nell’“Inno omerico” a lui intitolato e dopo, dalle molteplici risorse (polùtropos), astuto, ladro, stimolatore dei sogni. Ridotto in letteratura all’espressione asintattica, e avulsa, a mero suono.

  Fellini–È ancora il Grande Rimosso, il poeta e social scientist più attento e veritiero dell’Italia repubblicana. Dalla “Strada”,anzi dallo “Sceicco bianco”, a “E la nave va” o “Prova d’orchestra”, ottimista nello sfacelo, o al “Viaggio di G.Mastorna”, l’autobiografia storica a quattro mani con Dino Buzzati che non poté mai girare, di cui si pubblicano la sceneggiature, e alcune delle scene disegnate da Milo Manara. I vent’anni della morte, il 31 ottobre, sono passati quasi nel silenzio, in una cultura che pure non sa essere che funeraria: il Grande Censore degli anni fulgidi del neo realismo dev’essere ancora all’opera. Si può periodizzare la storia della Repubblica con i film di Fellini. I primi, fino alla “Notte di Cabiria”, sono i film della speranza – la ricostruzione. Poi viene il boom – la borghesia trionfante e incerta: “La dolce vita”, “Amarcord”, “Otto e mezzo”. Poi il nulla: “La nave”, la “Prova” – non c’è in fisica un disordine in ordinato e improduttivo, suicidario, in Italia c’è stato e c’è. C’è l’Italia in filigrana anche nei film letterari, dichiaratamente immaginifici: “Satyricon”, “Roma”, “Toby Dammit”(Poe), “Casanova”, “La voce dalla luna” (Cavazzoni), “La città delle donne”.   Femminismo–L’immagine della donna, non più casalinga senza essere una vamp, fu rinnovata da Elena Sedlak e le gemelle Kessler, ballerine della televisione, negli anni 1960. Boccasile le aveva precedute, il designatore di “Signorina Grandi Firme”, e nel dopoguerra di  tante pubblicità. Dalla domesticità al fascino, sena peccato. Subito, nel 1946, Boccasile si vide bloccata la pubblicità della Paglieri per la quale aveva disegnato una donna nuda senza niente di diabolico, e anzi angelicata. Si rifece dieci anni dopo.   È quello di Marinetti., “Il disprezzo della donna”, 1911: “In questo sforzo di liberazione, le suffragette sono le nostre migliori collaboratrici, poiché quanti più diritti e poteri esse otterranno alla donna, quanto più essa sarà impoverita d’amore, tanto più essa cesserà di essere un focolare di passione sentimentale o di lussuria. La vita carnale sarà ridotta unicamente alla funzione conservatrice della specie”.   Letteratura – Prospera come sfida al linguaggio, di cui si nutre: sempre rinnovata, anche nelle ripetizioni e i remake. È il senso della novella “Pierre Menard, autore del Don Chisciotte”, di Borges. Portata a epitome del paradosso del traduttore, la novella dà il senso delle letteratura. Innovativa nella (con la) ripetizione. Menard è l’autore che riscrive parola per parola il “Don Chisciotte”.   Proust – Si può dire bergsoniano anche in questo, oltre che per la “durata”: usa molte parole per forzare i limiti del linguaggio. Bergson era fermamente convinto che il linguaggio è una camicia di forza: la parola fissa, cose, concetti e contorni, delimitando la mobilissima percezione individuale, sempre ricca di sfumature, contorni (cornici), contesti.   È Secondo Ottocento pieno, anzi Belle Époque e Fine Secolo, nei personaggi femminili, le inprevedibili Odette, Albertine, Mlle Vinteuil, le comparse, le gradi dame . Imprevedibili e inafferrabili, se non da quel lato lì. L’“eterno femminino” di Goethe illustrato, se si vuole. Ma è anche la donna del romanzo francese: Balzac, Flaubert, Zola, lo stesso Stendhal per troppe incertezze. Non corpo, carne.   Traduzione – Il Montaigne di Fausta Garavini è “Montaigne”, saggio, preciso, amabile, conversativo. Anche in inglese Montaigne si presta a essere “Montaigne”, sottile  equilibrato, moderato. Mentre spesso è puntuto, e talvolta inconsiderato. Non è il solo caso Mentre non c’è Rabelais in nessuna traduzione: resta sempre di più, di fuori. Il Dante di Jacqueline Risset, l’ultima versione francese, è invece Dante per un tratto trascurato in Italia, il ritmo – per una carrellata interminata, che il lettore non vorrebbe interrompere, martellante.   Vittoriana – La cultura dell’epoca è sepolta sotto gli strali di Litton Strachey e Bloomsbury, fa tutt’uno con le irreprensibilità morale che si voleva dell’epoca, “borghese” – l’epoca delle tendine alle finestre dell’“Orlando” di V.Woolf alla fine della corsa, o delle crinoline sotto le gonne e i busti di stecche d’acciaio. Ma era una borghesia che esprimeva e leggeva, Dickens, Thackeray, Trollope, Hardy, le Bronte, George Eliot, Stevenson, Conrad, per non dire di Lewis Carroll e dello stesso Wilde. Prosastica e non poetica, questo è vero. Ma Tennyson, Browning, Swuinburne, Matthew Arnold, e infine Yeats si leggono sempre – si dice che la poesia salta un secolo, da Shelley, Keats e Byron a T.S.Eliot, che peraltro era americano, come Ezra Pound che ribalto negli anni 1910 la sonnolenta scena inglese, ma non è vero. Anche Conan Doyle è ben vittoriano, per età, personalità e “messaggio”.E Wilkie Collins. O Kipling, la cui inventiva si ascrive all’India. E Carlyle, John Stuart Mill, Ruskin, Macaulay, W. Pater nelle scienze umane, per non dire di Darwin.

In pittura la scena fu invece moderna e perfino scandalosa. Prediligendo l’immagine femminile – insieme con la pittura monumentale, di rovine – e il flou. L’immagine velata, suggestiva, del sogno e della bellezza, del corpo, di Dante Rossetti, Burne-Jones, Leighton, Milais. Che il corpo fanno armonico. Soffice, casto benché scoperto, suggestivamente velato. Mentre Parigi, che Londra ben frequentava, privilegiava il realismo impressionista, di contadine e ballerine da tabarin – parti intime comprese.

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———–  PROBLEMI DI BASE ——————-

Le sentenze della Consulta non si rispettano e non si applicano?

Le sentenze della Corte Costituzionale non sono rispettabili?   La Corte Costituzionale non è un tribunale?   I giudici della Corte Costituzionale non sono giudici?   La storia va avanti? Su quale strada?   La felicità è la corsa e non il traguardo? Si capisce che sia irraggiungibile.   Perché affannarsi tanto dietro la felicità?   Si corre per arrivare, o per correre?  

Puro spirito? Perché lo spirito sarebbe puro?

———— IL MONDO COM’E’ ——————–

Alimentazione – Peggiora con la scienza, alimentare e medica. Si passa di decade in decade, di generazione in generazione, dal niente acqua a due litri di acqua al giorno, sempre perentoriamente, per leggi fisico-biologiche poi rovesciate – tornerà l’acqua con giudizio? Dal tutto latte, bevete latte il latte fa bene, al poco latte. Dal tutto carne alle proteine vegetali. Dal niente zucchero, solo saccarina, al niente saccarina. E la pastina glutinata, tanto raccomandata, che tanti bambini ha condannato al rachitismo? E i conservanti, i glutammati, i polifosfati, i solfiti? L’alimentazione scientifica.

  Giustizia politica – L’atto di nascita si può situare nella condanna e l’arresto di Indira Gandhi, forse la statista più apprezzata, rispettivamente nel 1975 e nel 1978. Compreso il contro-effetto: Indira Gandhi sfidò nel 1975 la condanna, continuando a governare l’India, malgrado l’interdizione dai pubblici uffici per sei anni, perse le elezioni nel 1977, le rivinse ampiamente tre anni dopo. E sarebbe durata a lungo al potere, non fosse stata assassinata nel 1984 dai terroristi sikh. L’India è probabilmente il paese dove la giustizia è più politicizzata. In singolare contrasto con la prassi britannica, che dominò l’India a lungo. Ma l’India non ha preso nulla dalla Gran Bretagna, a parte la lingua. Dappertutto, dove Londra ha dominato, ha lasciato caratterizzazioni durevoli nella Pubblica Amministrazione in generale (procedure, codici, finanze), e negli apparati repressivi specialmente (polizia, giustizia). Anche negli Stati africani meno consolidati, Uganda, Sudan, Sierra Leone. Ma non in India: dal sistema castale -sotto al democrazia formale – ai codici, alla gestione della giustizia. Non è politica invece, contro le apparenze, la giustizia contro cui si sbraccia l’Europa di Bruxelles: la carcerazione di Julija Tymoscenko, la bionda leader dell’opposizione in Ucraina. Tymoscenko è  bruna, si è tinta bionda e ha adottato la crocchia quando decise d’incarnare il tipo contadina. È un’avventuriera e un’affarista, nonché probabile assassina, di un concorrente per il gas russo, di cui è l’importatrice in esclusiva, con aziende sue, del marito e di prestanome.   Mandela – A ridosso dell’India e di Indira Gandhi, le stesse procedure applicò il Sud Africa – dove il mahatma Gandhi per prima si risvegliò alla politica: la giustizia politicizzata. Il Sud Africa indipendente delle larghe intese, di Nelson Mandela con la comunità bianca ex razzista, nei confronti di Winnie Mandela, moglie di Mandela nella lunga carcerazione. Anima in quegli anni dell’African National Congress, il movimento anti-apartheid di Nelson, Winnie l’aveva rafforzato malgrado la dura politica repressiva del regime razzista, con grande abilità e con molti rischi personali. Fino a  mettere l’apartheid alle corde, propiziando l’uscita di Nelson dal carcere e il ritorno del Sud Africa agli africani. La liberazione di Nelson coincise con il divorzio d Winnie. Prima e dopo il divorzio, Winnie sostenne una politica dell’integrazione ma non di pacificazione. Non con la le stesse élitesbianche dell’apartheid – criticò vivacemente l’accettazione del premio Nobel per la pace di Mandela con De Clerk, l’ultimo presidente “bianco”. Winnie pagò l’opposizione alla politica di conciliazione con durissimi processi, lungo una quindicina di anni, tesi a farne una belva umana, con accuse di stragi, omicidi odiosi, rapimenti, estorsioni, ruberie. Sempre assolta – non propriamente, la sua assoluzione non essendo politicamente possibile, tuttavia mai condannata. E resta candidata di bandiera dell’African National Congress che governa il Sud Africa a ogni elezione – solo non deve candidarsi alla presidenza.   Migranti – Sono i nuovi schiavi, di una nuova tratta. L’emigrazione è oggi, più che una scelta volontaria, sfruttamento organizzato. A opera di una caporalato. L’emigrazione attuale, dall’Africa e dall’Asia verso l’Europa è un fenomeno radicalmente diverso da quella europea verso le Americhe e l’Australia. La povertà e la sofferenza che le accomuna non possono obliterare le profonde differenze, che ne mutano la natura. L’emigrazione europea, anche quella poverissima dei ghetti ebraici dell’impero russo e dell’impero austro-ungarico, era in qualche modo organizzata e protetta. Dalle autorità dei paesi di emigrazione, con linee di navigazione normali, visti di uscita e di entrata, visite mediche, e da quelle dei paesi di immigrazione. Per ragioni geografiche, essendoci gli oceani di mezzo. Ma anche per ragioni economiche. Si emigrava allora individualmente, per una qualche opportunità intravista, si emigra oggi in branco, organizzati da caporali di manodopera, africani e asiatici. Con vari strumenti coercitivi: usura, documenti, assistenza minima alla sopravvivenza nei paesi di destinazione. Per attività illegali o al limite della legalità. Caporalati che ci guadagnano tanto da potersi pagare le coperture, legali e illegali, nei paesi di destinazione. Ciò si vede soprattutto nel caso dell’emigrazione dall’Africa, la più soggetta alle forme di jugulazione, fino alle tante stragi per naufragio su natanti del tutto inadeguati. L’Africa è contigua, ma non tanto da non presupporre un’organizzazione a monte per molte delle attività cui gli immigrati forzati sono costretti. La Nigeria non è vicina, o il Ghana, non tanto da consentire un innesto naturale, spontaneo, di molte attività illegali: la prostituzione, la mendicità (squadre di giovani africani presidiano ogni angolo dei quartieri più affluenti), lo spaccio, e anche il piccolo commercio ambulante. Ci vuole molta organizzazione per introdurre e controllare tanta forz alvoro, numerosa, sparsa, illegale. Ancora più consistente l’immigrazione illegale che non si vede, di cinesi e altri asiatici per forme di lavoro schiaviste. Al limite cioè della sopravvivenza: senza documenti, quindi “inesistenti”, e senza abitazione, senza orario di lavoro, senza cure, e una paga ridotta al “soldo”.  

Pubblicità – Si personalizza? Avendo pubblicato qualche recensione di Irène Némirovsky, e una di “Bella di giorno”, dove è questione di corpi inquieti, aprendo il “New York Times” online quattro copertine di libri appaiono nei costanziani “inviti agli acquisti”: due bellissimi nudi, per storie evidentemente corporali, e due copertine di Irène Némirovsky. L’occhiuta pubblicità del “New York Times” sa anche che sono italiano.

Featurd image, A. Ferrazzi, Giacomo Leopardi, 1820, olio su tela, Recanati, Casa Leopardi; altre immagini Ludwig Wittgenstein da bambino, da destra con le sorelle Hermine, Helene, Margarete e il fratello Paul; ritratto di Margarethe Stonborough-Wittgenstein, 1905.

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