Reginald Austin è nella città di Harare, capitale dello Zimbabwe, un noto docente della locale facoltà universitaria di Giurisprudenza ed era stato nominato dal governo, giorni addietro, presidente della Commissione per i diritti umani, nel paese-feudo di Robert Mugabe, con il compito (si propagandava) di garantire in merito rispetto e legalità.
Come era prevedibile, l’uomo ha rassegnato, e anche in tempi brevi, le sue dimissioni, in quanto si è reso conto, e subito, che il suo operato doveva essere di necessità subordinato ai rispettivi ministeri governativi della Giustizia e degli Affari legali.
Senza contare, inoltre, la scarsità dei mezzi economici messi a disposizione per la comune amministrazione dei compiti inerenti al suo ufficio.
Un’autentica burla è stata ed è questa giocata ai danni di Austin se intendiamo leggere la “cosa” in un’ ottica di democrazia,ottica che nello Zimbabwe di Mugabe è del tutto assente.
E, soprattutto, in previsione di un 2013, anno ricco d’importanti avvenimenti politici come il referendum per l’approvazione della nuova Costituzione, le elezioni legislative poi e, infine, quelle presidenziali.
Elezioni che, manco a dirlo, vedranno di nuovo in corsa il presidente uscente Mugabe con lo Zanu- Pf , il suo partito, e le due “anime” del MDC cioè il Movimento per il cambiamento democratico ,che fanno capo, di contro, al primo ministro Morgan Tsvangirai.
L’onestà del professore, pertanto, ha avuto la meglio,per adesso, sulle manipolazioni strumentali dei politici di turno, che intendevano farne un burattino nelle loro mani.
Questo conferma anche, e in una prospettiva non troppo lontana nel tempo, che i prossimi appuntamenti elettorali nello Zimbabwe non saranno molto differenti da quelli del 2008 sia per brogli che per corruzione.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
Nella foto in alto l'inossidabile Robert Mugabe,presidente dello Zimbabwe
Pacman
Nostradamus
Magical Cat Adventure
Snake