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Zombi 5 – Killing Birds – Raptors (1987, C. Lattanzi)

Creato il 27 aprile 2013 da Salcapolupo @recensionihc
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Tag: 1987, cinema-Z, Claudio Lattanzi, horror, Lara Wendel, Robert Vaughn, Timothy W. Watts

Un gruppo di studenti si reca in una località sperduta alla ricerca del rarissimo picchio dal becco d’avorio, andando incontro ad un (im)prevedibile destino…

In breve. Film horror ottantiano poco noto, che dovrebbe riprendere la saga spaghetti-zombi inaugurata convenzionalmente da Fulci (Zombi 2), ma siamo distanti diverse miglia dai pregi e dalle qualità di quest’ultimo. Poco ritmo, storia lenta ed alquanto prevedibile per un intreccio che vide l’inserimento dei living dead solo di sfuggita (cosa alquanto assurda, visto il titolo rifilato). Esclusivo per gli inguaribili sadomaso del genere, e neanche per tutti.

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Killing birds” fu prodotto da Joe D’Amato (anche direttore della fotografia) e diretto da Claudio Lattanzi (che scrisse il soggetto): quest’ultimo è un fan dichiarato di Dario Argento che si occupò di dirigere la pellicola. Pienamente sulla falsariga delle produzioni low-cost di fine anni 80, ne esce fuori un prodotto che sembra non avere nulla a che fare con i morti viventi, e che si limita ad ereditare le consuete suggestioni del genere (case inquietanti, personaggi ambigui, giovincelli tanto gioiosi quanto aspiranti suicidi, vittime dai comportamenti incomprensibili e via dicendo).

Zombi 5 – Killing Birds – Raptors” è un film che racconta la storia del prof. Brown (Vaughn), l’unico a poter aiutare le ricerche dei ragazzi e probabilmente l’unico interprete al di sopra delle righe. Successivamente il regista si limita a mettere in mezzo un sotto-intreccio – quello dei morti che camminano, per l’appunto – che diventa brevemente il tema principale, per poi tornare ai soliti, benedetti uccelli. Quale sia il ruolo dei pennuti, di fatto, non risulta neanche essere chiaro perchè accechino cieco il povero Brown: si tratta di “esseri infernali”, e questo può andare, ma allora i morti viventi cosa c’entrano? Misteri della fede cinematografica.

Assistiamo dunque ad una serie di azzardi un po’ eccessivi anche per l’epoca, periodo storico nel quale le “licenze poetiche” finivano per abbondare senza per forza sfigurare: per la verità esiste qualche sprazzo surreale neanche orribile anche qui (la prima allucinazione nella casa, ad esempio), e l’atmosfera ottantiana è davvero archetipica a  mio avviso, per quanto i piccoli pregi non riescano a compensare il gran numero di difetti: su tutti, il senso di brutale sconnessione di una pellicola “media aritmetica” di due – se non tre – soggetti distinti. L’apparenza di ibrido tra Zombi di Romero e Gli uccelli di Hitchcock – paragone improprio, anche se “Zombi 5” così venne presentato – è immediatamente smentita dalla realtà: è un film artigianale e senza pretese, che non riesce a farsi seguire con costanza e non risulta accattivante neanche nei rari momenti di tensione. Tanto varrebbe, a quel punto, guardarlo per mera curiosità apprezzando comunque, senza troppo sarcasmo, il coraggio assoluto nell’aver realizzato una pellicola del genere con mezzi quasi di fortuna. La trama andava comunque focalizzata in modo più netto, dato che il film sballotta lo spettatore tra atmosfere e stati d’animo contrastanti: si parte con una sequenza killer vagamente impregnata dello spirito di Venerdì 13, e poi il calo è inesorabile, le musiche non sono sempre azzeccatissime, il ritmo migliora leggermente in certi momenti ma il risultato finale rimane deludente.

Il crescendo di tensione che si dovrebbe sviluppare quando le cose si mettono male per i protagonisti, inoltre, è fortemente minato da un doppiaggio italiano non eccelso (etteparèva) e da “perle” di sceneggiatura improbabili, tipo “forse LUI può dirci come andare via di qui” (riferito ad un computer dell’epoca, in una casa sperduta e senza internet: eh, magici anni 80!). I giovani protagonisti, delineati in modo frettoloso e poco coinvolgente, sono l’emblema delle vittime predestinate più classiche: neanche il tempo di fissare delle assi alla porta (sic) che vediamo uscire fuori uno zombi direttamente dal muro (!), parete peraltro visibilmente sottile come un cartoncino. “Killing Birds” è un film di cui molti avrebbero fatto a mano, da conoscere per cultura “zombesca” personale ma che sarà difficile ricordare felicemente dopo averlo visionato.


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