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[Zona d'Ombra] Josef Mengele

Creato il 24 settembre 2011 da Queenseptienna @queenseptienna

Josef Mengele (pronuncia tedesca: [ˈjoːzɛf ˈmɛŋɡələ]) (Günzburg, 16 marzo 1911 – Bertioga, 7 febbraio 1979) è stato un medico nazista ed ufficiale delle SS tedesco.
Laureato in antropologia all’Università Ludwig Maximilian di Monaco di Baviera e in medicina alla Johann Wolfgang Goethe-Universität di Francoforte, è tristemente noto per i crudeli esperimenti medici e di eugenetica che svolse, usando come cavie umane, i deportati, anche bambini, del campo di concentramento di Auschwitz. Per la sua attività svolta nel campo era stato soprannominato “Angelo della morte”: il nome ha una duplice connotazione; infatti era sia negativo per la mancanza di pietà umana e ogni sorta di rimorso, sia positivo, perché alcuni prigionieri, presi sotto l’ala di Mengele, di fatto scamparono a morte certa. La sua figura assunse triste notorietà, soprattutto nel dopoguerra, quale esempio di negazione dei principi stessi della medicina.
Nel 1940, si arruolò come volontario nel servizio militare, dopo il quale servì la 5. SS-Panzer-Division “Wiking” nel fronte orientale. Nel 1942 fu ferito sul fronte russo e giudicato sanitariamente inadatto al combattimento; venne promosso al rango di “Capitano delle SS” per il salvataggio di due soldati tedeschi. Per questo ricevette anche delle croci di ferro. Il 30 maggio del 1943, all’età di 32 anni, iniziò a prestare servizio ad Auschwitz-Birkenau.
Sopravvisse alla caduta del regime nazista e, sfuggito al processo di Norimberga, dopo un periodo di vita in incognito in Germania, si rifugiò in Sud America, spostandosi successivamente in diversi paesi tra cui Paraguay e Brasile. Il falso documento di identità che gli permise di emigrare gli fu rilasciato dal Comune di Termeno (Tramin in Alto Adige), comune noto per avere rilasciato diversi falsi documenti di identità a vari criminali nazisti (tra i quali Adolf Eichmann). Nonostante fosse ricercato come criminale di guerra nazista, sfuggì alla cattura per il resto della sua vita. Riguardo alla sua morte, molte persone nel corso degli anni hanno dichiarato di averlo ucciso, ma in realtà è deceduto per cause naturali.

Biografia

Nato a Günzburg, Baviera, il 16 marzo 1911, fu primo di quattro figli di Karl e Walburga Mengele. Il padre, persona con forte personalità ed autorevolezza, era un noto industriale e dirigeva la Karl Mengele und Sohn, importante ed affermata azienda produttrice di macchine agricole che impiegava circa 200 dipendenti; la madre, di fede cattolica, era anche lei una persona decisa ed autoritaria. Della sua infanzia-adolescenza non si conosce molto. Quel poco che si sa, proviene da testimonianze che lo ritraggono come una persona socievole, educata e soprattutto molto ambiziosa; Mengele infatti era ossessionato dal suo futuro: voleva ad ogni costo diventare un medico che la storia avrebbe ricordato per le sue scoperte. Questa ossessione, secondo diversi studiosi, dipendeva proprio dalla volontà di sorprendere i suoi genitori, che molto autoritari e severi, non lo gratificavano, nonostante fosse un ottimo studente.
Aveva ferme idee politiche, che lo portarono a vent’anni ad iscriversi negli Stahlhelm, Bund der Frontsoldaten (Elmetti d’Acciaio), per poi entrare nel 1934 nelle Sturmabteilungen. In quegli stessi anni, iniziò i suoi studi all’Università Ludwig Maximilian, dove conseguì la laurea in antropologia nel 1935, con una tesi sulla “Ricerca morfologico-razziale sul settore anteriore della mandibola in quattro gruppi di razze”; ebbe come relatore il professor Mollison. Nel gennaio 1937, presso l’”Istituto per la biologia ereditaria e per l’igiene razziale” di Francoforte, divenne assistente di Otmar von Verschuer, un illustre scienziato, conosciuto per le sue ricerche nella genetica, con un particolare interesse per i gemelli, ricerche che influenzarono Mengele.
Nel 1937, Mengele si iscrisse al partito nazionalsocialista e nel 1938 alle Schutzstaffeln (SS); nello stesso anno, si laureò in medicina, presentando una tesi intitolata “Ricerche sistematiche in ceppi familiari affetti da cheiloschisi o da fenditure mascellari o palatali”, aiutato da Von Verschuer. Mengele si dedicò agli studi con fermezza, (la sua tesi di laurea ottenne anche un discreto successo all’interno della comunità scientifica, reputata un lavoro valido e preciso), ma si dedicò anche alla mondanità delle serate di Monaco; beveva birra, fumava e non disprezzava le donne. Sempre in quegli anni si sposò con una ragazza protestante, Irene Schoenbein (la famiglia era contraria al matrimonio in quanto protestante e non cattolica). Con lei visse a Monaco per alcuni anni prima di partire da solo (la moglie decise di non seguirlo) per Auschwitz. Il matrimonio, inizialmente sereno (lo stesso Mengele parlò della moglie come di una persona bellissima, l’unico amore della sua vita), iniziò a registrare dei contrasti, soprattutto quando Mengele si trasferì ad Auschwitz, dove rimase per circa 2 anni. In questo periodo, la moglie si recava a fargli visita periodicamente, ed in una di queste rimase incinta, di quello che sarebbe stato l’unico figlio di Mengele. Sulla fedeltà di Mengele alla moglie, alcuni prigionieri riferiscono che delle volte sceglieva tra le prigioniere una bella ragazza (che poi ordinava di uccidere il giorno dopo) per passarci la notte.
Nel 1940, dopo essere entrato nelle SS, si arruolò volontario nella Waffen-SS per la Seconda guerra mondiale, distinguendosi anche come soldato. Nel giugno 1941 venne insignito della Croce di Ferro per le sue azioni nel fronte ucraino. Nel gennaio 1942, mentre serviva sotto la 5. SS-Panzer-Division “Wiking” presso il fronte russo, salvò due soldati tedeschi da un carro armato in fiamme e venne premiato con un ulteriore croce di ferro.
Nel 1942, ferito lievemente dai sovietici, si ritirò dai campi di combattimento perché definito non idoneo a combattere nelle prime linee; venne assegnato al Rasse und Siedlungshauptamt (RuSHA) di Berlino. In questo periodo, riprese i contatti con il suo mentore, von Verschuer, che lavorava presso l’”Istituto per l’antropologia, la genetica umana e l’eugenetica Kaiser Guglielmo” a Berlino. Poco prima di essere trasferito ad Auschwitz, Mengele venne promosso al rango di “capitano” delle SS nell’aprile 1943.

Nel maggio 1943, Mengele rimpiazzò un altro dottore, che si ammalò, nel campo di concentramento di Auschwitz, per poter portare avanti i propri studi e ricerche. Il 24 maggio, divenne medico del campo nomadi nel settore Settore BIIe di Auschwitz-Birkenau; nell’agosto 1944, questo venne smantellato e i deportati che vi risiedevano, uccisi nelle camere a gas. In seguito Mengele divenne medico capo del campo principale di Birkenau, sottoposto comunque a Eduard Wirths.

Durante i 21 mesi di permanenza ad Auschwitz, l’atteggiamento di Mengele nel campo fu registrato da numerose testimonianze. Alcune parlano di un Mengele “buono”, che salva dei gemelli dalla camera a gas per analizzarli, che si occupava dei bambini portando loro dello zucchero (i bambini zingari paradossalmente lo chiamavano “Zio Mengele”). Mengele veniva anche chiamato “der weiße Engel” (“l’angelo bianco”) dai deportati, per l’atteggiamento e per il camice che indossava quando si apprestava a scegliere chi avesse dovuto fare parte delle sue ricerche, chi avesse dovuto lavorare e chi era destinato alle camere a gas. Più spesso tuttavia si mostrava crudele, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “angelo della morte“; uccideva senza pietà prigionieri a calci, colpi di pistola o iniezioni di fenolo; in un battito di ciglio decideva alla banchina, se una persona era da destinare al lavoro o alle camere a gas. Egli disegnò una linea sul muro del blocco dei bambini, alta circa 150 centimetri, gassando chi non raggiungeva questa altezza. Quando un capannone venne infestato dai pidocchi, Mengele decise di uccidere tutte le 750 deportate che vi risiedevano. Uno dei sopravvissuti disse che aveva uno sguardo che diceva “Io sono il potere“.
Secondo molti, il suo sdoppiamento di personalità era dovuto alla sua assoluta fedeltà all’ideologia nazista e quindi l’estrema dedizione che osservava quando era chiamato a svolgere il suo “dovere” (selezionare e analizzare), nello svolgimento del quale era assolutamente distaccato e non tradiva alcuna emozione. Tuttavia in momenti meno formali, al tempo stesso risultava essere una persona paradossalmente piacevole e comprensibile come raccontano gli stessi medici che con lui collaborarono. Ad ogni modo, molto spesso Mengele altalenava momenti di calma e pacatezza e rispetto (alcuni gemelli ricordano come se pur analizzati nudi, Mengele fosse stato sempre corretto e educato e li avesse trattati con gentilezza, con la professionalità di un dottore) a scatti d’ira incontrollabili (in un episodio, diversi assistenti raccontano, come si irritò per la lentezza con cui venivano fatte le iniezioni di fenolo dallo stesso personale SS e come lui stesso abbia strappato dalle mani di uno di questi la siringa per mostrare come doveva essere fatto). Uno dei disturbi di Mengele era infatti legato alla sua estrema attenzione per i dettagli, l’efficienza e la cura dei particolari in ogni cosa facesse, avendo una attenzione maniacale per l’igiene. Alcuni prigionieri ricordano infatti di Mengele il suo portamento elegante, gli abiti (quando non era in divisa bianca e guanti bianchi) sempre impeccabili e il profumo. Paradossalmente, alcune prigioniere dello stesso campo, erano infatuate di lui.
Nel 1945 Mengele fu costretto ad abbandonare il campo di concentramento portando con se tutto il materiale delle sue ricerche che fino ad allora aveva condiviso con alcune personalità del settore medico come Butenandt e von Verschuer che lavoravano all’esterno di Auschwitz a cui inviava relazioni dettagliate. La fermezza ed il rigore di Mengele nel svolgere le mansioni assegnate si evidenziarono fino alla sua ultima ora trascorsa nel campo. Il giorno prima dello sgombero dello stesso, Mengele continuò imperturbabilmente, senza alcuna agitazione o preoccupazione, nell’eseguire le selezioni: esaminò l’ultimo treno con circa 506 prigionieri condannandone alle camere a gas circa 470-480.

L’ingresso ad Auschwitz venne vissuto da Mengele come un’occasione unica ed irripetibile: poteva eseguire ricerche su qualsiasi soggetto lo interessasse, poteva analizzarli, operarli, sezionarli e ucciderli senza essere esposto a nessuna responsabilità. È per questa ragione che Mengele, a differenza di altri medici SS, dedicò tutte le sue energie alle ricerche e ai suoi studi, proprio perché sapeva che in nessuna parte del mondo era possibile svolgere le sue ricerche in un modo anche solo simile. L’obiettivo di Mengele, secondo la maggior parte degli studiosi, consisteva proprio nel riuscire tramite gli esperimenti nel campo di concentramento ad effettuare quelle scoperte (soprattutto riguardo alla trasmissione dei caratteri e nell’ambito dell’eugenetica) tali da consacrarlo alla storia per sempre. Nel periodo che trascorse ad Auschwitz, Mengele sfruttò tutto il tempo a sua disposizione: organizzò una squadra composta essenzialmente da medici e infermiere, in particolare una antropologa (Teresa W.) e un patologo (Nyiszli), tutti reclutati all’interno dello stesso campo e quindi a loro volta prigionieri. La squadra così composta godeva di protezione e il semplice fatto di ricoprire questo ruolo li salvò da morte quasi certa.
I suoi studi nel campo riguardarono essenzialmente due aspetti: “il fondamento biologico dell’ambiente sociale”, “la trasmissione dei caratteri” e “i tipi razziali” e infine “persone con elementi di anormalità (difformità, sviluppi morfologici anomali)”. Tali studi vennero condotti quasi esclusivamente sui gemelli, che rappresentavano la sua principale ossessione. Oltre a questi, studiò anche zingari e mostrò un certo interesse anche per i nani ed ebrei, che Mengele reputava delle forme umane “anomale”. Tra le sue ricerche nel campo, una parte furono dedicate anche al noma. Tra gli studi di Mengele a carattere meno scientifico e di natura prettamente nazista, si ricordano quelli legati agli occhi; di questi, Mengele segui due filoni, uno riguardante l’eterocromia e l’altro la possibilità di riuscire a mutare il colore degli occhi. Dopo la morte, i cadaveri erano sottoposti ad autopsia e spesso alcune parti dei corpi o interi feti conservati grazie alla formalina venivano inviati al di fuori del campo per effettuare su di essi ulteriori e più approfonditi esami.

Tra le ricerche condotte da Mengele nel campo, quelle a cui dedicò più energia e attenzione (praticate già un anno prima dell’entrata ad Auschwitz) furono riservate ai gemelli. In particolar modo, Mengele concentrò la sua attenzione sui gemelli monozigoti. Lo stesso Mengele si recava alla banchina, dove arrivano i treni dei prigionieri, per selezionare lui stesso i gemelli non appena scendevano. I gruppi di gemelli comprendevano individui delle età più diverse, da piccoli ad anziani, tra questi veniva scelto il più anziano, che assumeva la funzione di Zwillingsvater (Capogemelli o padre dei gemelli), per distinguerli ulteriormente dagli altri prigionieri, gli venivano tatuate insieme al numero anche le due lettere ZW (cioè Zwillinge). Delle sue ricerche nel KZ (Konzentrationslager, campo di concentramento) Mengele teneva sempre informato il suo ex professore universitario, Von Verschuer, inviando anche all’istituto di biologia razziale a Berlino, esemplari e relazioni. Mengele analizzava i gemelli insieme, che sottoponeva a ricerche di tipo comparato. Nel suo analizzare i gemelli identici, Mengele effettuava misurazioni, fotografie, prelievi di sangue spesso ad ogni visita. Alcuni gemelli superstiti invece, affermano che le ricerche di Mengele riguardarono anche altre pratiche: utilizzo di sostanze chimiche per analizzare la reazione della pelle, o pressioni su parte del corpo per misurare la resistenza o iniezioni.

[Zona d'Ombra] Josef Mengele
Sulle relazioni tra Mengele e i gemelli vi sono testimonianze contrastanti. Un assistente dello stesso Mengele, il dott. Miklos Nyiszli testimoniò che era lo stesso Mengele ad ucciderli (raccontò in particolare un episodio in cui uccise in una sola notte, uno dopo l’altro, 14 gemelli di origine zingara). Per quanto riguarda gli altri prigionieri, diversi dai gemelli, non ci sono invece dubbi alcuni: ne uccise direttamente diversi sparandogli o attraverso iniezioni di fenolo. Altri, come una sua collaboratrice, Teresa W., affermò di non aver mai avuto notizia del fatto che Mengele uccidesse i gemelli che studiava, e secondo la stessa, se una cosa del genere si fosse verificata per lei sarebbe stato impossibile non venirne a conoscenza. Oggettivamente, al di là di questo, i gemelli conducevano nel campo una vita migliore rispetto agli altri prigionieri (e questo proprio in virtù del fatto di essere oggetto di ricerca dello stesso Mengele): infatti veniva loro concesso di continuare ad indossare gli indumenti originari e di non radersi i capelli. I gemelli vivevano in un blocco speciale, vicino alle baracche dedicate alle ricerche e separati dagli altri prigionieri, svolgevano i lavori meno faticosi (portaordini), avevano una razione più nutriente e godevano di una protezione pressoché totale: se rubavano non venivano uccisi, potevano girare nel lager liberamente e non potevano essere per nessun motivo malmenati o lesi dai prigionieri e dalle stesse SS.
Questo speciale trattamento permise alla maggior parte dei gemelli di sopravvivere per lunghi periodi e nella maggior parte dei casi di riuscire a giungere fino alla liberazione dello stesso KZ per opera dei russi (anche qualche anno dopo il loro ingresso). Infatti, le probabilità di sopravvivenza degli altri prigionieri rispetto a quelle dei gemelli monozigoti erano pressoché nulle, contando il fatto che molti prigionieri furono gassati appena scesi dai treni e non trascorsero ad Auschwitz neppure una notte. Il gruppo di gemelli mantenuti in vita per gli esperimenti sopravvisse anche all’ultimo ordine di Mengele di essere gasati, dato che le truppe dell’Armata Rossa stavano sopraggiungendo ma l’ordine non poté essere eseguito poiché le scorte di gas erano esaurite.

Nell’immediato dopoguerra iniziò la ricerca dei criminali di guerra nazisti, tra questi vi era anche Mengele. Alla sua ricerca si dedicarono in particolar modo i servizi segreti israeliani Mossad, ma anche il governo americano e quello tedesco. Per agevolare la sua cattura venne anche fissata una taglia di circa 3.000.000 di dollari per chi lo avesse catturato e consegnato alle autorità.
Le modalità della fuga furono simili a quelle di Adolf Eichmann. Gli furono infatti forniti, con modalità non chiarite dai responsabili (gli amministratori del Comune di Termeno), dei documenti falsi che asserivano si chiamasse Helmut Gregor, nato nel comune di Termeno in Alto Adige.
Nel 1949 si imbarcò con una nave dal porto di Genova diretto nell’America meridionale, arrivando poi in Paraguay dove rimase diversi anni. Finché, allertato dall’avvocato di famiglia, fuggì dopo qualche anno, prima in Argentina a Buenos Aires e poco tempo dopo, nel 1955, in Brasile, dove rimase per circa 25 anni fino alla sua morte. Durante questo periodo, visse prima in una casa con due sorelle ungheresi anticomuniste, simpatizzanti per il regime nazista e poi con una famiglia del luogo, mantenendo sempre nascosta la sua vera identità. All’arrivo in Sud America, Mengele inizialmente nascose la propria identità adottando diversi nomi falsi, dopo alcuni anni però decise di tornare ad utilizzare il suo vero nome, convinto ormai di essere scampato alle ricerche di America, Israele e la stessa Germania (in quel periodo il suo nome risultava anche dall’elenco telefonico).
Tuttavia, dopo alcuni anni, in particolar modo a partire dalla cattura di Eichmann avvenuta fra l’altro proprio in Sud America, Mengele iniziò ad allarmarsi: ritornò subito ad adottare un’identità falsa e si spostò diverse volte (fino a giungere in Brasile) e cambiando diverse abitazioni. Nel periodo in cui visse in Sud America, lavorò come operaio nella stessa industria della famiglia Mengele, che anche in Sud America aveva degli stabilimenti.

Nel 1979 morì in Brasile, all’età di 68 anni, in conseguenza di un attacco cardiaco mentre stava nuotando a pochi metri dalla riva nell’Oceano Atlantico. Fu sepolto nel cimitero di Nostra Signora del Rosario, a Embu das Artes, sotto la falsa identità di Wolfgang Gerhard. Nel 1985 il suo corpo fu scoperto, nel 1992 la salma fu riesumata e il suo DNA fu confrontato con quello del fratello, che inizialmente si rifiutò di fornirlo, ma cambiò idea successivamente, su pressioni dello stesso governo tedesco. L’esame accertò, con una probabilità pari al 99,69%, che la persona lì sepolta era Josef Mengele.

FONTE: Wikipedia – I Personaggi Più Malvagi della Storia, di S. Klein & M. Twiss, edizioni Newton & Compton, Londra, 2002.


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