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Da Fishcanfly @marcodecave

Ci sono giorni in cui amo i viaggi in treno. Altri in cui li odio. Perché, senza motivo alcuno, l’altro che mi sta davanti non è il mio tipo. D’altronde, a chi non è successo. La cosa più misteriosa dei viaggi in treno è perché ad un certo punto della vita ci troviamo a farlo. Cioè perché una certa persona ad un certo punto della sua vita si trova ad affidarsi ad un ambiente abbastanza stretto e non troppo pulito ostinandosi a dormire. E se non ci si riesce, a vedere il paesaggio o se niente paesaggio a fissarsi le mani, i piedi oppure certi oggetti che esistono solo nelle fiabe. Come l’amuchina.

Trovo affascinante il fatto che i viaggi in treno rendano le persone impenetrabili oppure completamente libere di parlare. Spesso si preferisce la prima opzione. Quella del silenzio concordato. Le persone per un tacito patto decidono di non parlare perché forse l’hanno deciso prima o forse perché già sanno tutto su quello che hanno davanti. O forse, sinceramente perché non gliene importa.

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Il viaggio in treno conduce spesso all’odio del genere umano. Chissà se lo sanno i macchinisti. Portano degli umani che sono lì solo per spirito di convenienza, di caparbietà all’adattamento. Si trovano lì perché ad un certo e preciso punto la vita ha dato loro solo quella precisa scelta: le persone messe al muro possono diventare molto cattive. O estremamente generose.

I macchinisti non sanno per questo che sono artefici del destino delle persone. Non perché rischiano di deragliare, tutt’altro. Rischiano di dare direzione alla vita. La selezione ha portato un manipolo di umani alla scelta che inevitabilmente il fato ha dato loro: l’unico modo per sbarazzarsi dal caos almeno per una mezz’ora, era salire sul treno. Per chi è più lontano, arriva anche a tre ore. I macchinisti non sanno che compiono dei viaggi spirituali. Le due rotaie sono quelle su cui rimbalza il sentiero umano, ragione istinto, che non si incontrano o al massimo si scontrano, unite indelebilmente dalla carrozza. E dai passaggi a livello. La carrozza diventa la scelta obbligata di un’esistenza o il prolungarsi dell’inquietudine sulle cose e le menti che si cela nel patto silenzioso del sonnecchiare pendolare.

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C’è solo un problema. Il treno arriverà in ritardo.

Ci scusiamo per il disagio.

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