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“Era mio padre”

Creato il 30 luglio 2010 da Cinemaleo

2002: Road to Perdition di Sam Mendes

“Era mio padre”
“Era mio padre”
“Era mio padre”

Dopo lo stratosferico successo di American Beauty, la seconda opera di colui che MyMovies chiama “uno dei più potenti registi della Mecca del Cinema”.

 

Lietta Tornabuoni ha scritto (La Stampa): ‘Era mio padre’ di Sam Mendes è un film di gangster oscuro, piovoso e con ambizioni edipiche, estremamente bello, che presenta singolari accoppiamenti: due aspetti d´America, il lato oscuro della criminalità sanguinaria e il lato luminoso della grandiosità e bellezza naturale; la famiglia mafiosa e la famiglia individuale; la realtà del passato e il rispecchiarsi cinematografico di quella realtà”.

In effetti un grande spettacolo, una regia impegnatissima nella ricerca formale, una straordinaria interpretazione di tutti gli attori (Paul Newman è stato giustamente candidato ai Golden Globe e agli Oscar, ma perché Tom Hanks no?).

Più una tragedia greca che un gangster-movie, assistiamo a una favolosa ricostruzione dell’America anni 30 dove ogni cosa è rappresentata col massimo della perfezione.

Tutto bene dunque? Non completamene: non ci sentiamo coinvolti pienamente (un’operazione troppo calligrafica?) e la prima mezz’ora risulta eccessivamente lenta e stancante. Il film merita comunque d’essere visto per la grandissima regia dell’esperto Sam Mendes, per la performance dei due giganti Hanks e Newman e di uno stuolo di ottimi interpreti come i sempre bravi Jude Law, Jennifer Jason Leigh, Daniel Craig, Stanley Tucci.

Tra le tante recensioni lette, mi trovo pienamente in quanto scritto da Fabio Ferzetti (Il Messaggero): “Disseminato di scene da antologia per concentrazione drammaturgica e impatto visivo, ‘Era mio padre’ ha il suo punto forte nei personaggi – e insieme il suo tallone d’Achille. Sono bellissimi i duetti Hanks/Newman. E’ inquietante Jude Law, killer-fotografo specializzato in cadaveri che dà una caccia spietata ai due fuggiaschi. E’ notevole il sottotesto tragico che lega in un viluppo di affetti e rancori padri, figli e figliastri. Ma il fragore delle esecuzioni, la brillantezza del racconto, l’estrema cura dell’ambientazione, non cancellano del tutto un che di preordinato e artificioso che tiene lo spettatore lontano, catturato ma non partecipe. Si esce ammirati per le magnifiche immagini di Conrad L. Hall (già Oscar per ‘American Beauty’), per la maestria degli attori, in primis un omerico Paul Newman, per l’eleganza vibrante della messinscena – ma forse non altrettanto emozionati”.

Giusta mi è sembrata anche l’osservazione di Roberto Nepoti (Repubblica): “I distributori sono tipi buffi: lasciano il titolo in inglese a qualsiasi film e lo tolgono proprio all’unico in cui l’originale contiene un gioco di parole: Road to Perdition, ovvero il sentiero della perdizione ma anche la strada per la città di Perdition, meta del viaggio che attraversa quasi tutta la vicenda”.  

p.s.

-Il film è ispirato all’opera a fumetti di Max Allan Collins

-Ultimo film di Paul Newman e del direttore della fotografia Conrad L. Hall, che chiude la carriera vincendo l’Oscar per la migliore fotografia

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“Era mio padre”

 


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