Magazine Società

Giorgio Chinaglia, senza mezze misure

Creato il 03 aprile 2012 da Nicola Mente

Giorgio ChinagliaGiorgio Chinaglia se n’è andato. Così, in silenzio. Senza fragore, senza “vaffa”, senza polemiche. Una dipartita dimessa, la sua, in palese antitesi con una vita bruciante e intensa, colorata di quell’irruenza nel fisico e nell’anima. Long John, uno dei simboli più vividi di quei tumultuosi anni Settanta, che trasportarono nel calcio tutte le ansie di una società in fermento, pronta all’esplosione, decisa a combattere pallone su pallone. Proprio come Chinaglia, centravanti di quella Lazio che vinse nonostante uno spogliatoio più simile ad una polveriera che a una combriccola di compagni (e c’è da dire che di simile a un “compagno”, tra quelle mura, c’era poco o niente). Figlio d’emigranti, prototipo grezzo di quel Bobo Vieri che decenni più tardi sfondò, da pioniere, la barriera dell’avanspettacolare calcio-varietà, quello fatto di pubblicità, belle donne, lustrini e paillettes. Chinaglia il leader, Chinaglia l’uomo in bilico, sempre in precario equilibrio tra la legalità e l’illegalità. L’ariete, il marcantonio pronto a duellare con lo stopper di turno, il centravanti che rifiutava il fioretto, abituato com’era a farsi largo a forza di sportellate.

Giorgio Chinaglia

Il celebre "vaffa" di Chinaglia al CT Valcareggi, durante i Mondiali di Germania del 1974

Un’esistenza fatta di pochissime linee morbide e di molti spigoli, dentro e fuori dal campo. Un percorso irto di spine, che non abbandonò Long John neanche dopo che gli scarpini furono appesi al chiodo, neanche dopo che quelle basette si accorciarono e  quella chioma lasciò spazio alla pelata, quasi come un qualsiasi distinto signore di mezza età. Un’esistenza che gli regalò scontri ben più duri, in ambito finanziario. Torbida la sua parentesi da uomo d’affari, affari che in realtà non si rivelarono mai tali. Perché la vita non era come l’area di rigore, dove Long John maramaldeggiava. Anche se avrebbe desiderato fare le fortune dei colori biancocelesti, oltre che in campo, anche da un ufficio da dirigente. In quegli ambiti però, l’ingenua e schietta veemenza di Chinaglia non si rivelò arma vincente, tutt’altro.

chinaglia
La sua prima sfortunata esperienza nei quadri dirigenziali laziali portò la società romana alla bancarotta, era il 1983. Eppure il legame nei confronti della sua amata Lazio trasudava ed era tangibile, in ogni azione e in ogni parola. Anche se, senza Tommaso Maestrelli, Giorgio non aveva mai avuto la sagacia necessaria nell’incanalare la sua strabordante irruenza. La scomparsa del suo mentore l’aveva segnato nel profondo, quasi come se avesse perso un padre. E così passarono gli anni, in cui Chinaglia rincorse sempre affannosamente la magia di quel 1974, di quello scudetto storico che sembra trascendere da qualsiasi ambito prettamente calcistico. Una rincorsa ad una vita da imprenditore di successo, la sua. Una rincorsa vana. La fuga negli States alla fine degli anni Settanta, il tentativo di esportare il verbo del Soccer con i Cosmos di Pelé, che poi tentò (senza fortuna) di rilanciare da dietro una scrivania. Tanti gol e tante soddisfazioni in campo, tanta delusione al di fuori, oltreoceano come in Italia.  Quel profumo di primavera targata 1974 che faticò sempre a tornare, lasciando spazio ad un gelido e arido inverno che gli portò fallimenti e tonfi fragorosi. Quasi come se non volesse conoscere mai la mediocrità: o le stelle, o le stalle. Mai abituato a mezze misure.

chinaglia

Giorgio Chinaglia con Luciano Re Cecconi

Come quando, per motivare un talentuoso ma troppo timido Vincenzo d’Amico, preferiva usare calci del sedere al posto delle ramanzine. Lui, uomo che non amava mezze misure, leader di una squadra in cui le mezze misure latitavano. Niente dolcezze, niente abbracci, ma scontri a muso duro, litigi quotidiani  in seduta d’allenamento e divisioni tra clan. Una santabarbara quella Lazio, un covo di teste calde e un po’ matte guidate dalla saggezza di papà Maestrelli, che sapeva tenere a bada quella prole così discola, quando non ci si metteva la vita stessa, a frenare gli impulsi (come nel tragico caso di Re Cecconi).  Intemperanze e dissidi che in campo si trasformavano in coesione per un obiettivo comune, raccogliendo tutte le aspettative di gloria sotto quella maglia numero 9 extralarge, che scaraventava in rete pallone e attriti accumulati durante la settimana.

chinaglia
La serenità, questa sconosciuta. Per Chinaglia non arrivò mai, da quel “vaffa” a Valcareggi, fino alle recenti indagini su una possibile implicazione con la camorra nella scalata (l’ultimo fallimento) alla Lazio, nel 2006. Un vulcano, Long John, mai disposto a nascondersi: «Ho accettato la staffetta questa volta, ma non sono più disposto a farlo. È la prima ed ultima volta; a me le partite piacciono giocarle fino in fondo», dichiarò nel premondiale di Ludwigsburg, riferendosi alla sostituzione subita da Anastasi. Pochi giorni più tardi, dopo aver mandato a quel paese Valcareggi, sbottò anche con Carraro, reo di avergli dato del “disadattato”: «ringrazia che qui è pieno di gente – disse riferendosi al Responsabile del Settore Tecnico- altrimenti ti avrei menato».

Ora che non c’è più, pare andarsene, insieme a lui, una fetta d’esistenza, nel ricordo di uno sport e di un mondo tanto lontano e tanto schietto. Un mondo che paradossalmente se ne va in silenzio, con tutte le sue luci e tutte le sue ombre, subissato dalla plastica degli spot pubblicitari, dei lustrini, e delle paillettes.

Giorgio Chinaglia, senza mezze misure

(Pubblicato sul “Fondo Magazine” del 3 aprile 2012)



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

  • Il Generale Vaccaro non si tocca. Punto.

    Quel che è successo oggi a Genzano ha dell’assurdo. Ma in fondo in fondo dimostra una cosa: qui da noi, in Italia, saremo sempre vittime dell’intolleranza... Leggere il seguito

    Da  Mirkospadoni
    ATTUALITÀ, OPINIONI, SOCIETÀ
  • La storia strappata

    storia strappata

    Licia Satirico per il Simplicissimus Ogni anno, nella notte tra il 24 e il 25 aprile, rileggo le Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana. È un... Leggere il seguito

    Da  Albertocapece
    CULTURA, SOCIETÀ
  • Varie ed eventuali

    Un po' di cose assieme. Intanto volevo sfatare un tabù del blog: citare un articolo de Il Giornale non per denigrarlo ma perchè latore di informazioni utili.. Leggere il seguito

    Da  Vpostulato
    ATTUALITÀ, POLITICA, SOCIETÀ
  • Giorgio Chinaglia è morto in Florida

    Giorgio Chinaglia morto Florida

    Giorgio Chinaglia MIAMI - Giorgio Chinaglia, ex attaccante della Lazio dei tempi d'oro e della nazionale, è morto oggi in Florida. Leggere il seguito

    Da  Samalos
    ATTUALITÀ, SOCIETÀ
  • La passione della 'ndrina per il pallone

    passione della 'ndrina pallone

    Ci hanno bucato il pallone. Di nuovo. Deve essere una regola non scritta della Federcalcio o forse della Fifa (dato che, come vedremo, certe cose non... Leggere il seguito

    Da  Andreaintonti
    SOCIETÀ