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Il senatore Dell'Utri e le Br: l'amaca di Serra

Creato il 30 marzo 2012 da Tiba84
Sono un po' inquietato per la notizia che il senatore Dell'Utri abbia acquistato all'asta i volantini delle Brigate Rosse, non per altro, se non per il fatto che sono documenti storici e di una storia ancora da scrivere, e quindi falsificabile. La storia del terrorismo così vicina a quella di un altro terrorismo all'italiana, quello mafioso. Riunirli, per sconfiggerli non sarà facile. L'acquisto di Dell'Utri ci allontana dalla verità con quell'inquietante parallelo BR-68.
E attendiamo la verità sul rapporto Stato-mafia. Chissà se Dell'Utri ce la fornirà mai?!

Il senatore Dell'Utri e le Br: l'amaca di Serra

La patacca di Dell'Utri e i volantini delle Br
Si somigliano paradossalmente Dell’Utri e i volantini delle Br che ha comprato all’asta. Il re del documento falso ha messo le mani sulle tracce ossessive della falsa rivoluzione. Ma la somiglianza è ancora più profonda e più inquietante. Aberrazione della storia, quei terroristi credevano che bastasse sparare e ammazzare per produrre storia. Aberrazione della storiografia, Dell’Utri pensa che basta mettere le mani sui documenti storici per diventare storiografi, per assumere su di sé la profondità e la complessità dello studioso indagatore.
Ma come le Br furono il prodotto di un Paese incapace di cambiamento politico, lo spasmo rovinoso di un paralitico, così Dell’Utri è il prodotto di una paese che deprime la ricerca storica, di uno Stato che, per colpevole distrazione, permette le scorrerie dei pataccari come lui. E’ infatti la sempre più proverbiale ignavia del ministero dei Beni culturali che ha consentito l’incursione di Dell’Utri nell’asta di Bolaffi. L’assenza dello Stato ha trasformato Dell’Utri da bibliofilo in biBRioflio, vale a dire, nientemeno, in storico delle Brigate Rosse.
In ultima analisi dunque è il ministro Ornaghi che ora permette a Dell’Utri di annunziare una mostra sul 68, con l’idea che questi volantini, gli agguati che sintetizzano, le violenze di cui parlano e l’assassinio di Moro che raccontano, furono conseguenze di quell’anno giovane, ricco e colorato. Dell’Utri insomma vuole dimostrare che questi ceppi funerari, questi campi di sterminio di carta, questi cimiteri dell’intelligenza della politica e dell’idea stesso di rivoluzione, furono la maturazione del ‘68. Perciò sommerà patacca a patacca e farà un uso ancora una volta aberrante di un frustolo del passato. Nella Porta Portese dei beni culturali italiani il senatore trova sempre un straccio vecchio, non importa se falso come i diari di Mussolini o vero come questi volantini, per vestire i suoi fantasmi banali, le sue ossessioni, la presunzione - avete visto che ho ragione? – che lui sa la storia perché se la compra.
Ma Dell’Utri non ha colpa. E’ il solito pataccaro di sempre e perciò dall’accusa di concorso esterno in offesa della storia verrebbe assolto, e senza bisogno della simpatia della Cassazione. E non ha colpa neppure la Bolaffi che, con logica commerciale, ha indetto l’asta e ha venduto i volantini per 17mila euro. La colpa ce l’ha il ministero che, attraverso la direzione generale degli archivi dello Stato, affidata alla signora Rossana Rummo, avrebbe dovuto vincolare questi 7 volantini dichiarandoli di interesse storico. Dopodiché, esercitando il diritto di prelazione previsto dalla legge, avrebbe dovuto acquistarli, senza strombazzamenti gaglioffi, allo stesso prezzo che è stato pagato da Bolaffi al privato che glieli ha venduti.
Solo nell’archivio di Stato questi documenti non diventano a loro volta patacche. In mano a Dell’Utri – hanno ragione i parenti delle vittime del terrorismo e il sindacato di polizia – saranno invece cimeli, elementi ludici, le foglie di fico che nascondono la voglia di essere antichi, come i reperti archeologici trafugati dai tombaroli ed esposti nei salotti dei ricchi analfabeti.
Eric Hobsbawm non compra documenti nelle aste ma li scova negli archivi. Lì ha studiato i briganti, i prigionieri, i banditi, i ribelli, i primitivi, tutto quello che ha avuto una carica eversiva di antagonismo di massa prima e dopo la nascita della classe operaria.
Il tecnico Lorenzo Ornaghi – ‘Ponzio Ornaghi’ lo abbiamo recentemente battezzato su queste pagine – si svegli dunque e consulti gli esperti legali del ministero. Ci risulta infatti che potrebbe essere ancora in tempo. Con un intervento d’urgenza forse può ancora bloccare questa pataccata e l’ incultura istituzionale che, ovviamente ‘a sua insaputa’, la copre, la protegge e la nutre. Forse può ancora vincolare i volantini e in 60 giorni acquisirli all’archivio di Stato. Signor ministro, tocca a lei difendere la storia da Marcello Dell’Utri.F. Merlo

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