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In Spagna vince il Partito Popolare di Rajoy. Chiusa la triste e dannosa epoca di Zapatero

Creato il 21 novembre 2011 da Iljester

In Spagna vince il Partito Popolare di Rajoy. Chiusa la triste e dannosa epoca di Zapatero

Seppure non sono spagnolo, non posso che essere felice di questo risultato. La Spagna torna nelle mani dei moderati di centrodestra, questa volta guidati da Rajoy. La Spagna, in questo frangente, ha dimostrato più maturità dell’Italia nelle sue scelte di fondo dinanzi alla crisi economia e finanziaria attuale. Anziché consegnare il potere nelle mani di un manipolo di tecnocrati, ha scelto la democrazia delle consultazioni elettorali. Soprattutto ha scelto la democrazia dei moderati, che finalmente potranno risistemare il paese iberico dopo la demolizione zapaterista.
La verità dunque viene ancora una volta a galla. Effettivamente l’Italia è un paese anormale. Ma non lo è perché un Governo ha abolito l’ICI sulla prima casa, bensì perché possiede una classe politica impresentabile. E non parlo di Berlusconi, né del solo PDL. Parlo di tutti i politici, compresi Bersani, Di Pietro e Vendola. Anzi, per essere sinceri, è soprattutto la sinistra a essere impresentabile in questo paese, dove è più facile diventare Presidente del Consiglio se si è rettore di una università privata, il quale peraltro collabora con una potente banca americana dedita alla speculazione in borsa, anziché qualcuno eletto dal popolo. E poi i sinistri pretendono di insegnarci la Costituzione? La verità è che mai come oggi – grazie alla loro complicità – il primo articolo della nostra carta fondamentale è stato svilito e avvilito dalla loro politica da quattro soldi con la connivenza di una sedicente destra che spesso si è rivelata culturalmente e politicamente succube degli ex-post-cattocomunisti italici.
Ma tornando alla Spagna, non so cosa farà Rajoy. Non ne ho idea. Ma certo sarebbe auspicabile l’abolizione di tutte quelle ridicole leggi finto-egualitarie promosse dal precedente governo socialista, compresi i matrimoni gay e il cosiddetto divorzio espresso. Per non parlare poi delle quote rosa e di altre amenità comuniste così bellamente ipocrite che mi sento persino imbarazzato a parlarne. In altre parole, mi piacerebbe che Rajoy, cattolico, ponesse nuovamente i valori cristiani e occidentali al centro dell’azione del governo spagnolo; valori che Zapatero in dieci anni di oppressione culturale, inseguendo il mito cheguevarista e castrista, ha praticamente demolito in nome di un laicismo ideologico davvero deleterio e dannoso per la Spagna.
Epperò, non so se Rajoy farà qualcosa per riportare la Spagna a una livello di civiltà più consono alla sua storia e alla sua cultura. Me lo auguro, sperando che le convenienze politiche (che spesso avvicinano i due opposti schieramenti in un tacito accordo: tu non abolisci le mie leggi e io non lo farò con le tue quando governerò io) non siano così influenti da impedire il raggiungimento di questo ambito risultato. Dunque – ripeto – ci spero. Mi pare che il nuovo Premier spagnolo – che sicuramente non avrà solo tre anni per governare, né sarà oppresso da indagini giudiziarie – abbia già espresso l’intenzione di riportare la Spagna verso una prospettiva culturale e di valori più matura e meno propagandistica. Fin dove però questa intenzione potrà arrivare, dipenderà parecchio dalla capacità di Rajoy di imporsi. Sul punto, ho diverse paure. Il nuovo Premier infatti non è quel che si dice “carismatico”, seppure abbia una maggioranza forte nel Parlamento spagnolo.
Non ci resta che attendere i prossimi sviluppi. Però una verità è ormai consolidata. La Spagna esce da una dittatura di stampo fascista quasi quarantennale a metà degli anni ‘70. All’epoca l’Italia aveva alle spalle già trent’anni di forma repubblicana. Eppure, confrontando oggi i due paesi, non possiamo che ammettere che la Spagna, in quasi quarant’anni di “libertà”, ha portato a compimento un processo di democratizzazione straordinario che colloca il paese iberico fra le nazioni con una democrazia matura. L’Italia, invece, dopo settant’anni di Repubblica, è ancora ferma alla resistenza e al 25 aprile, e si fa governare da un manipolo di tecnocrati e “banchieri”, anziché da un governo democraticamente eletto. È o non è un paese di buffoni politicamente immaturi?

 

di Martino © 2011 Il Jester 


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