Antonella Ossorio
Antonella Ossorio è nata a Napoli, nei Quartieri Spagnoli, finora si era cimentata con successo nella narrativa per bambini e ragazzi, storie in prosa, in versi, a mo’ di filastrocca, con Giunti, Electa, Rizzoli ed Einaudi Ragazzi. Ma ora Einaudi scommette su di lei e arriva in libreria “La mammana”, il suo esordio narrativo nella letteratura per adulti.
Tra le più suggestive e originali voci della letteratura contemporanea, dopo alcuni anni d’insegnamento ha deciso di dedicarsi interamente alla scrittura, riconoscendo alla sua precedente esperienza professionale il merito di averle fatto comprendere meglio il mondo dell’infanzia.
Suoi scrittori preferiti sono Gianni Rodari e José Saramago. Ha tenuto per tanto tempo laboratori di scrittura creativa e di animazione alla lettura per bambini.
La Mammana
La “Mammana” è un romanzo ambientato 1843 e il 1858 al centro i moti Risorgimentali e narra la storia di Lucina, la “mammana” cioè la levatrice del paese, e di Stella, una bimba che lei aiuta a venire alla luce e che, nata albina e in una notte segnata dal passaggio di una cometa, sarà marchiata dalla sua gente come una reietta. Ma sarà solo lei, Lucina che sceglierà di essere vicina a Stella, di “fare famiglia” con lei: Lucina in fondo – come Stella – è “diversa” da tutti gli altri. La sua bellezza travolgente, infatti, nasconde un segreto: Lucina – sessualmente – è un uomo.
Ed è qui che la narrazione diventa attuale, nella scelta di affrontare, seppur romanzata, un tema come quello dell’identità di genere, così profondamente discusso e oggetto di opinioni contrastanti.
In una sua intervista su “Optimamagazine”, Antonella spiega il tema della “diversità” lo voleva raccontare da quando aveva già incrociato sulla sua strada la storia vera di Carolina Crachami, una bambina nata nel 1815, detta “la nana siciliana”, portata su tutti i palchi d’Europa come un fenomeno da baraccone e morta a 9 anni proprio in palcoscenico.
Caroline crachami
Carolina nel suo racconto, non è mai comparsa ma è stata lo spunto fondamentale per raccontare di Lucina e Stella. Il tema, invece, dello “scegliersi” e del formare famiglia – al di là di ogni convenzione sociale – nasce da una profonda convinzione di Antonella, dall’idea che l’amore va oltre il legame di sangue.
E del resto “La mammana” rimane una storia d’amore (di tanti tipi diversi di amore, quello filiale, quello coniugale, quello per gli animali) e di maternità.
Per ulteriori informazioni su Antonella e la sua attività vi consiglio di consultare il suo sito personale www.antonellaossorio.it e vi ricordo, per chi si trovasse in zona che il 18 di Luglio sarà ospite qui, a Piano di Sorrento, nell’ambito dei salotti del venerdi’ tenuti da Vincenzo Iurillo, per presentare appunto “La Mammana”
Angie: – Quanto conta una buona alimentazione per il tuo lavoro?
Antonella: – Molto. Non solo per il lavoro ma, in generale, per la qualità della vita
Angie: – Nel lavoro che svolgi ti sei mai ispirata/o a qualcosa di gastronomico?
Antonella: – Nei miei libri ci sono quasi sempre dei riferimenti al cibo: in una raccolta di racconti per bambini è presente addirittura nel titolo (L’ingrediente segreto e altre storie, Anicia). E nel mio ultimo romanzo (“La Mammana”, Einaudi) la protagonista, Lucina, viene spesso descritta nell’atto di cucinare.
Angie: – Cosa significa per te mangiar bene
Antonella: – Fare attenzione alle materie prime e alla stagionalità dei prodotti; limitare le abboffate ma, ancora di più, evitare come la peste gli eccessi salutisti. Il cibo è anche, anzi soprattutto, un piacere. Possibilmente, da condividere.
Angie: – Le tue esperienze lavorative?
Antonella: – Per qualche anno ho insegnato, da tempo scrivo.
Angie: – Hai un ristorante o un locale dove preferisci andare a mangiare? Se sì, dove?
Antonella: – Mi piace sperimentare, seguendo i consigli di guide del settore o di amici fidati. Poi, se il tentativo va bene, si replica. Qualche nome fra tanti: Angiolina a Marina di Pisciotta (SA), Osteria del gallo e della volpe a Ospedaletto d’Alpinolo (AV), Il conte matto a Trequanda (SI).
Angie: – Ti piace invitare amici a cena o a pranzo, o sei più spesso invitato??
Antonella: – Mi piace cucinare e, quando ho tempo, invitare gli amici. Ma confesso che ultimamente mi sono impigrita: dunque invitatemi, vedrete che non me lo faccio ripetere due volte!
Angie: – Sei mai stata/o a dieta?
Antonella: – In teoria, lo sarei eternamente. Nel mio diario di quattordicenne già ricorreva con puntualità la frase: da lunedì a dieta! Ma mi sa che quel lunedì deve ancora arrivare.
Angie: – Meglio carne o pesce?
Antonella: – Sono sempre stata carnivora. Poi, cinque anni fa, è arrivata Anita, la mia golden retriever, e mi ha messa in crisi. Instaurare un rapporto affettivo con un animale porta a guardare con occhi diversi le creature che prima consideravi senza remore fonti di cibo. E’ uno stato d’animo complesso da spiegare, che può rimanere irrisolto o condurre a un cambiamento di abitudini. Io, con molti cedimenti, ci sto provando.
Angie: – Se fossi un dolce, quale saresti?
Cassata siciliana
Antonella: – Cassata siciliana.
Angie: – Se fossi un ingrediente?
Antonella: – Aceto balsamico.
Angie: – un frutto
Antonella: – Pesca.
Angie: – Vino, ed in quale ti identifichi caratterialmente??
Vermentino di Sardegna: amabile, con leggero retrogusto amarognolo.
Angie: – Un liquore
Nocillo, perché la sua ricetta prende l’avvio da un rito magico: la raccolta delle noci nella notte di San Giovanni (e delle streghe).
Angie: – Il tuo punto debole
Antonella: – Il cioccolato. Tenerne una scorta per eventuali ospiti mi è impossibile: lo fiuto a distanza, ne sono ossessionata e non mi metto il cuore in pace finché non lo faccio fuori tutto. L’unica per non ammazzarci a vicenda è evitare di comprarlo.
Angie: – Nel tuo frigo che cosa non manca mai, e nella dispensa?
Yogurt greco
Antonella: – Latte, yogurt greco; pasta, rigorosamente di Gragnano.
Angie: – L’aspetto che più ti attira del fare da mangiare e se c’è un piatto che ti piace cucinare di più in assoluto?
Antonella: – Del cucinare mi piace l’aspetto creativo. “Quel loro sminuzzare gli ingredienti e mescolarli, metterli al fuoco e convertirli in un tutt’uno differente da ciascuna delle sue parti nel colore, nella forma, nel profumo, gli pareva artificio di magia” (da “La mammana”. Mi scuso per l’autocitazione che ho azzardato solo perché chiarisce il mio pensiero). Come cuoca non ho preferenze, tutto dipende dall’estro e dal momento.
Angie: – E quello che ti piace mangiare?
Antonella: – Paste farcite, timballi, lasagne. Insomma, roba leggera leggera.
Angie: – Come ti definiresti a tavola?
Antonella: – In passato avrei risposto: the growing girl (tradotto in napoletano: ‘a guaglioncella in crescenza). Definizione non mia, bensì di un ristoratore irlandese, compiaciuto e allo stesso tempo scioccato dal mio robusto appetito. Ma da qualche anno la mia capacità (nel senso letterale di ciò che riesco a contenere) purtroppo non è più illimitata. Però rimango sempre una buona forchetta.
Angie: – La colazione ideale e quella che invece normalmente fai
Antonella: – Il sogno: colazione dolce e salata, di tutto un po’. E (ma questa è più che altro una perversione) pizza margherita avanzata dalla sera prima. La triste realtà: caffellatte e fette biscottate con marmellata d’arance o miele.
Angie: – Di cosa sei più goloso? e cosa proprio non ti piace?
Mozzarella di bufala
Antonella: – Mozzarella di bufala, se potessi ne mangerei ogni giorno. Invece non sopporto le ostriche e, più in generale, i frutti di mare crudi; dopo alcuni svogliati tentativi mi sono arresa: mi fanno veramente senso.
Angie: – Che ne pensi dei prodotti surgelati, che dimezzano il tempo in cucina?
Antonella: – Faccio coming out: quando ho seri problemi organizzativi cedo alle lusinghe dello spinacio in cubetti o della pasta sfoglia pronta. Ma in tutti i casi evito i cibi precotti da rianimare nel microonde e quelli da friggere (tipo bastoncini, per intenderci). Se manca il tempo di cucinare, meglio pane e pomodoro (in estate. Altrimenti, pane e quello che passa il convento)
Angie: – La cucina e’ fatta anche di profumi, essenze, odori, ne hai uno preferito ed uno che non ti piace proprio?
Antonella: – Amo le erbe aromatiche, soprattutto basilico, origano e menta. Non mi piace il
erbe aromatiche
sedano. Sì a tutte le spezie, a eccezione del cumino.
Angie: – Limone o aceto?
Antonella: – Aceto, preferibilmente di mele, nell’insalata. Limone, buccia grattugiata compresa, per tutti gli altri usi.
Angie: – Non puoi vivere senza…
Antonella: – Mozzarella e latticini di ogni tipo.
Angie: – un tuo menù ideale?
Antonella: – Per una volta nella vita, e con la speranza di non rimanerci secca, tutto fritto dall’antipasto al dolce.
Angie: – Dici parolacce?
Antonella: – Certo! A volte un “vaffa” ben indirizzato fa miracoli.
Angie: – La parola che dici piu’ spesso?
Antonella: – Secondo me è “situazione”. Ma mio marito vota per “tremendo”.
Angie: – Esiste un legame tra cucina e sensualità? Che cosa secondo te conta di più nel sedurre una donna? Una buona cena, o anche il saper cucinare?
Antonella: – Naturalmente un legame esiste, ed è talmente evidente da essere diventato un luogo comune. Saper apprezzare una buona pietanza denota vitalità, che è di per sé seducente.
…cucinare per qualcuno lo vedo più come un gesto d’amore che come arma di conquista.
Ma il cucinare per qualcuno lo vedo più come un gesto d’amore che come arma di conquista.
Angie: – Una “fantasia erotico gastronomica”?
Antonella: Il mio partner è adagiato su un enorme piatto con un limone in bocca e vestito solo di un perizoma fatto di cozze bollite ancora nel guscio (ahi!), da disfare con voluttà… ma no, scherzo! Se ne avessi una non te la direi nemmeno sotto tortura.
Angie: – Hai mai conquistato qualcuno cucinando??
Antonella: – No, e nemmeno ci ho mai provato. “L’uomo si prende per la gola” mi è sempre sembrata più un’ipotesi di reato che una strategia seduttiva.
Angie: – Hai mai utilizzato l’ambiente cucina per (scrivere) e lavorare?
Antonella: – No, però mi capita regolarmente di fare la spola tra studio e cucina. Il rischio è altissimo, perché la scrittura contrae il tempo. Credevi di essere su una pagina da dieci minuti, invece è passata un’ora abbondante. E il pranzo, nella migliore delle ipotesi, s’è “azzeccato” al fondo della pentola.
Angie: – La verve letteraria, lo stimolo per incominciare a raccontare, avviene a pancia piena o a digiuno?
Antonella: – Rigorosamente a pancia piena. Il digiuno non mi ispira, semmai mi deprime.
Angie: – Preferisci di più il dolce o il salato quando sei preso dal tuo lavoro?
Antonella: - Pare brutto se rispondo che tutto fa brodo?
Angie: – Hai qualche episodio legato al cibo da raccontare? O una cosa carina e particolare che ti è successa?
Antonella: – Durante un viaggio in Normandia con una coppia di amici, malgrado fossimo in quattro ordinavamo sempre per cinque. E alla terza sera, la cameriera, con un certo sarcasmo, ci chiese quale dei piatti avesse ordinato “l’homme invisible”.
Angie: – Vai spesso a pranzo/cena fuori, se si’ che tipo di locale prediligi?
Antonella: – Quando sono a Napoli, non tanto spesso. Quando viaggio cerco i ristoranti o le osterie che fanno cucina tipica locale. Il cibo è anche cultura e un ottimo tramite per comprendere l’essenza dei luoghi.
Angie: – Che fai dopo cena?
Antonella: – Banalmente, se ne vale la pena guardo la tv. Altrimenti leggo.
Angie: – L’ultimo libro che hai letto?
Antonella: – Il cardellino di Donna Tartt. Ma non mi ha entusiasmato.
Angie: – Il pezzo musicale che mette in moto i succhi gastrici…
Antonella: – Satisfaction (I can’t get no. In caso contrario sarei magra.)
Angie: – Hobby?
Antonella: – Mi piace leggere e viaggiare. Colleziono cristalli, ma poiché li utilizzo anche a scopo curativo forse questo non è esattamente un hobby.
Angie: – Se fossi un personaggio mitologico chi saresti?
john william waterhouse penelope e la tela 1912
Antonella: – Vorrei essere Ulisse, ma mi sa che sono più Penelope.
Angie: – Qual è il sogno più grande?
Antonella: – Abitare in una casa antica come quella dove sono nata. Un posto che abbia un’anima e, magari, anche un piccolo giardino.
Angie: – Cosa ti dicono più spesso?
Antonella: – Che sono “solare”. Termine abusatissimo e che perciò trovo un po’ irritante.
Angie: – Ti fidanzeresti con una cuoco/a?
Antonella: – Sì, e me lo terrei anche stretto.
Angie: – Un piatto della tua infanzia
Antonella: – Pane, sale e olio per merenda. E i mezzanelli “lardiati” che preparava mio padre.
Angie: – C’è un piatto che non hai mai provato e che vorresti assaggiare?
Haggis scozzese foto Wikipedia
Antonella: – L’haggis scozzese, ma in realtà non so se ne avrei il coraggio.
Angie: – Oggi si parla di federalismo. Secondo te, esiste anche in cucina?
Antonella: – Mi ritengo multiculturale, non mi pongo il problema.
Angie: – Quale piatto eleggeresti come simbolo dei 150 anni dell’Unità d’Italia?
Antonella: – Pizza!
Angie: – Dopo la cucina italiana, c’e’ ne qualcuna internazionale che preferisci? Se si’, quale?
Antonella: – Spagnola e greca, comunque di gusto mediterraneo.
Angie: – A quali altri progetti ti stai dedicando in questo periodo?
Antonella: – Attualmente sono impegnata nella promozione del mio ultimo romanzo. Ma a settembre conto di iniziare a scriverne uno nuovo.
Angie: – Come definiresti il tuo carattere, da un punto di vista prettamente gastronomico?
Antonella: – Curioso, aperto alle nuove esperienze, ma con alcune riserve.
Angie: – A che piatto paragoneresti Letta, Berlusconi, Renzi, Vendola, Beppe Grillo?
Antonella: – Nell’ordine: sogliola lessa, peperonata (non me ne vogliano i peperoni, li assimilo a B solo nella diabolica capacità di riproporsi), diplomatico all’acqua di rose (una variante di quello al rum che ho inventato per l’occasione), stracotto, chiacchiere di carnevale.
Angie: – La cucina ti ha mai tradito?
Antonella: – Raramente.
Angie: – Se tu dovessi abbinare una pietanza a ogni personaggio del tuo romanzo, quali sceglieresti?
Antonella: - Lucina la mammana: peperoncini fritti, amari ma saporiti; Bartolomeo: zuppa di cipolle con pane fritto e molto formaggio, comfort food; Stella: biancomangiare alle mandorle, delicato nella forma, con carattere nella sostanza .
Angie: – Quale personaggio del tuo libro potrebbe essere “la mela proibita”?
Antonella: – Sicuramente Lucina.
Angie: – Prova a descrivere il tuo romanzo – o parti di esso – con metafore culinarie, tipo “nutrimento dell’anima”.
Antonella: – Direi che è un sugo cotto a fuoco lento.
Angie: – Se tu dovessi scegliere uno scaffale di supermercato (o altro negozio simile), dove immagineresti collocato il tuo libro? E perché?
Scaffale delle Spezie
Antonella: – Nello scaffale delle spezie, perché mi piace pensare che ogni pagina abbia un suo peculiare profumo.
Angie: – Stai pensando alla trama da mettere su carta, sei preso dal vortice dell’ispirazione: dove ti percepisci? (es. in un agrumeto, in un campo di pomodori, in una distesa di mais, in un vigneto ecc.)
Antonella: – In un uliveto nel Cilento. Tra gli ulivi pisciottani: ultracentenari, maestosi, tutti diversi tra loro e non meno belli di quelli pugliesi.
Angie: – “Panem et circenses”. Sostituisci ai giochi da circo i libri. Cosa ti evoca a livello sensitivo e immaginifico?
Antonella: – Pane e librerie, per favore! Nel quartiere dove abito la gente fa un’ora di fila per conquistarsi un cartoccio di patate fritte olandesi (sissignore, olandesi; il pregio sarebbe nelle salse di accompagnamento, dicono) e i negozi di abbigliamento intimo spuntano ovunque nottetempo come i funghi. Ma non esiste più una sola libreria degna di tale nome.
Angie: – quale attore sceglieresti per ricoprire il ruolo del protagonista del tuo libro? E di qualcuno dei “secondari”?
Antonella: – Per Lucina sceglierei una sconosciuta, identificare una possibile interprete sarebbe difficilissimo.
Andrea Renzi ne “L’uomo in più”
Su Bartolomeo non ho dubbi, è Andrea Renzi (ai tempi de “L’uomo in più” di Sorrentino”). Lui lo sa e una volta ha risposto a un mio messaggio firmandosi “Bart”.
Angie: – Il sapore delle tue parole?
Antonella: – Agrodolce.
Angie: – Tre aggettivi per definirti come scrittore/ice:
Antonella: – Lenta a carburare, autocritica, ma abbastanza versatile.
Angie: – Tre aggettivi per definirti come uomo/donna:
Antonella: – Lenta a carburare, autocritica, ma abbastanza versatile.
Angie: – Cosa c’è di te nel protagonista del tuo romanzo?
Antonella: – La discrezione che a volte può essere scambiata per superbia.
Angie: – Il colore della tua scrittura?
Antonella: – Rosso cupo.
Angie: – La colonna sonora del tuo ultimo libro?
Antonella: – Una villanella del ‘500: “Fra quante donne sono al mondo belle”.
Angie: – Il prossimo libro che scriverai?
Antonella: – Ho in mente una storia che ha a che fare con le mie lontane origini spagnole, anzi galiziane.
Angie: – Il libro della tua vita?
Antonella: – Cent’anni di solitudine, Marquez.
Angie: – Il libro che avresti voluto scrivere?
Antonella: – Memoriale del convento, Saramago.
Angie: – Il libro che non avresti mai voluto leggere?
Antonella: – Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto, Coelho. Dopo averlo letto anch’io piansi, per i soldi spesi male.
Angie: – Qui nel nostro paese c’e’ un bel gran “fermento letterario” a Napoli forse piu’ che nelle altre città secondo te ci industriamo, o siamo bravi? Chi tra gli autori campani preferisci e reputi più bravo, ed a quale piatto lo paragoneresti?
Antonella: – Siamo bravi, ovviamente! Scherzi a parte, la propensione alla scrittura è anche una questione di stimoli, e Napoli ne offre molti e di varia natura. Non mi sento di fare classifiche, gli autori campani che apprezzo sono molti. Ma, per stare al gioco, tiro in ballo due amiche: Patrizia Rinaldi, una sontuosa parmigiana di melanzane (morbida,
Patrizia Rinaldi
avvolgente, fa pranzo già da sola); e Sara Bilotti, uno spettacolare vassoio di sushi (per prima cosa ti colpisce la sua bellezza, dopo ne apprezzi anche la sostanza).
Angie: – Le donne secondo te, sono piu’ brave degli uomini a scrivere? e ad affontare il tuo stesso genere letterario?
Antonella: – Né più brave né meno brave: la buona scrittura prescinde dal sesso di appartenenza. Alla seconda domanda non so rispondere, perché – avendo pubblicato di tutto, dai racconti, ai romanzi, alle filastrocche – non sento di appartenere a nessun genere.
Angie: – Se dovessi riassumere la tua filosofia di vita?
Antonella: – Vivi e lascia vivere.
Angie: – Il tuo dolce del natale preferito e se hai qualche ricordo legato alla gastronomia di questo periodo
Gli struffoli. I ricordi sono soprattutto olfattivi: l’aceto dell’insalata di rinforzo mescolato con l’acqua di millefiori della pastiera, un dolce pasquale che a casa mia si preparava anche a Natale.
Angie: – in conclusione, una tua ricetta per i miei lettori.
Antonella: – In realtà non è mia, ma mutuata da mammà:
cianfotta napoletana,
un piatto estivo contadino e mediterraneo.
Per prepararla vi servono:
Verdure per la cianfotta
- peperoni,
- melanzane,
- zucchine,
- patate,
- pomodori,
- cipolle,
- aglio,
- basilico,
- origano,
- capperi,
- olio evo.
Esecuzione: Lavate e tagliate tutte le verdure tenendole separate; in una casseruola, fate appassire le cipolle nell’olio, poi alzate la fiamma e aggiungete melanzane e zucchine. Concedetevi una distrazione, purché breve (telefonata all’amica laconica, lettura dell’oroscopo del giorno, carico della lavatrice, insomma roba da 5 minuti); tornate ai fornelli, aggiungete peperoni, pomodori e patate.
Mescolate con cura, affacciatevi alla finestra per controllare che tempo fa, tornate ai fornelli e aggiungete capperi, origano, sale e aglio (intero, se poi avete intenzione di toglierlo).
Mettete il coperchio alla casseruola, abbassate la fiamma, fate cuocere per circa 40 minuti senza scordarsi la pentola sul fuoco, perché se non la si mescola di tanto in tanto la cianfotta si piglia collera e viene male.
Togliete il coperchio, fate asciugare quanto basta, spegnete la fiamma.
Quando la cianfotta è tiepida aggiungete il basilico sminuzzato sul momento con le dita. Brandendo minacciosamente una cucchiarella, allontanate eventuali questuanti dalla pentola e aspettare per un’eternità. Perché la cianfotta napoletana è come la vendetta: va consumata fredda.