Magazine Cultura

L’assassinio di rue Saint-Roch

Creato il 28 ottobre 2013 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

Chi è l’autore del primo poliziesco della storia?

Questa mattina verso le tre gli abitanti di rue Saint-Roch furono svegliati da un lungo seguito di grida orribili che sembravano venire dal quarto piano della casa al numero 7 che si sapeva abitata unicamente da Madame L’Espanaye e sua figlia Mademoiselle Camille L’Espanaye, dopo qualche ritardo occasionato da sforzi infruttuosi per fare aprire all’amichevole, il portone fu forzato con una leva, e otto-dieci vicini entrarono accompagnati da due sergenti di città.

Vi ricorda qualcosa? Se vi è capitato di frequentare la prosa di Edgar Allan Poe avrete sicuramente riconosciuto la storia, a dispetto dell’innegabile sciatteria della traduzione. Il problema – se così lo si può chiamare, anche se la vicenda ha piuttosto i contorni di un giallo (non solo letterario) – è che il paragrafo in questione non è tratto dai celeberrimi Murders in the Rue Morgue e, particolare ancor più sorprendente, non è scaturito dalla piuma del visionario autore statunitense.

Il racconto da cui lo abbiamo estratto, se dobbiamo dirla tutta, esiste in poche copie al mondo e non è mai stato edito in volume né esaminato dalla critica. Un racconto fantasma, insomma, pubblicato a puntate (tra il 28 dicembre 1860 e l’8 gennaio 1861) sul quotidiano partenopeo L’Indipendente a firma del suo direttore di allora: lo scrittore francese Alexandre Dumas.

L’assassinio di rue Saint-RochCerto non viene spontaneo associare il “papà” dei tre moschettieri e del Conte di Montecristo al duplice, efferato assassinio che insanguinerà per sempre l’immaginaria via parigina; eppure, come sottolinea il giornalista, traduttore e consulente editoriale Ugo Cundari – cui spetta il merito di aver riportato alla luce lo scritto dumasiano e di averlo riprodotto, per la prima volta a più di centocinquant’anni dalla sua prima pubblicazione, in un volume critico: L’assassinio di rue Saint-Roch (Dalai Editore, 2012) – l’originalità del testo è indiscutibile: “è di Dumas, lo ha scritto (o almeno concepito nella sua fervida mente) lui in francese, lo ha poi dettato o affidato a un redattore per tradurlo in italiano e farlo uscire a puntate su l’Indipendente”.

Ecco spiegata la scarsa accuratezza della traduzione (che accomuna il racconto in esame ad altri articoli di Dumas apparsi sul quotidiano napoletano); ed ecco profilarsi, inevitabilmente, un mistero degno dell’infallibile Monsieur Dupin: non “chi ha ucciso chi” bensì, considerata la perfetta sovrapponibilità dei due racconti, “chi ha scritto cosa”.

Per chi non avesse letto o non ricordasse con precisione il celebre racconto di Edgar Allan Poe, eccone un breve estratto:

Questa mattina, verso le tre circa, gli abitanti del quartiere Saìnt-Roch furono svegliati nel sonno da un susseguirsi di strida terrificanti che provenivano con ogni apparenza dal quarto piano di una casa sita nella via Morgue, della quale si sapeva essere uniche occupanti una certa Madame L’Espanaye e una figlia di quest’ulti­ma, Mademoiselle Camille L’Espanaye. Dopo qualche indugio, dovuto a tentativi infruttuosi per cercai di pe­netrare nell’abitazione in modo normale, la porta fu abbattuta con una spranga di ferro, ed otto o dieci vi­cini vi fecero irruzione, accompagnati da due gendar­mes.

Un caso rarissimo di telepatia transoceanica?

* * *

Così, di primo acchito, è difficile non pensare a un clamoroso – e inspiegabilmente ignorato per oltre un secolo e mezzo – caso di plagio. Ma chi ha copiato chi?

La domanda riveste un’importanza del tutto peculiare per noi appassionati di letteratura poliziesca in quanto è proprio dai Delitti della Rue Morgue che tradizionalmente la si fa incominciare; Edgar Allan Poe, come si sa, ne è considerato il padre fondatore proprio per aver scritto il trittico di racconti aventi per protagonista Monsieur Auguste Dupin (il primo investigatore “di carta”, che ispirerà il personaggio di Sherlock Holmes), trittico del quale i Murders costituiscono il primo, avvincente capitolo.

L’assassinio di rue Saint-RochL’intreccio delle date, conviene dirlo subito, sembrerebbe accusare il grande romanziere francese. Il testo di Dumas venne infatti pubblicato a cavallo tra il 1860 e il 1861 (quando Poe era già morto da una dozzina d’anni), mentre la prima pubblicazione dei Murders risale al 1841. Per citare il titolo di uno dei romanzi che compongono la celeberrima trilogia dei moschettieri, L’assassinio di rue Saint-Roch è arrivato “vent’anni dopo”. L’opera del genio statunitense, del resto, era stata tradotta e pubblicata in Francia già dalla seconda metà degli anni ’40 del XIX secolo (la prima traduzione ufficiale risale al 1847), e nel 1856 Charles Baudelaire aveva curato la prima raccolta di racconti (intitolata Histoires extraordinaires) in cui figurano anche i Murders.

Dumas sembrerebbe dunque confermare la sua peraltro già consolidata fama di plagiatore. La questione, tuttavia – segnala Ugo Cundari fornendo a sostegno argomentazioni assai convincenti – è più complessa e merita un serio approfondimento: in primo luogo perché la sequenza cronologica ufficiale, lungi dall’essere risolutiva, pone più problemi di quanti non ne risolva imponendo un’analisi attenta della biografia dei due scrittori; in secondo luogo perché la presenza di due racconti quasi perfettamente sovrapponibili fa sorgere interrogativi che vanno ben al di là dell’ipotesi, pur fondamentale e suggestiva, di un “plagio d’autore”.

I due testi, come abbiamo avuto modo di constatare più sopra, si somigliano terribilmente. Ecco un altro passaggio significativo:

L’appartamento offriva uno spettacolo di disordine indescrivibile: il mobilio era stato frantumato e scara­ventato in tutte le direzioni. Non esisteva che un’uni­ca lettiera: orbene, da questa il letto era stato divelto e buttato nel mezzo della stanza. Su una seggiola era stato gettato un rasoio lordo di sangue; sul focolare vi erano due lunghe e grosse frecce grigie di capelli umani, anch’esse intrise di sangue, che avevano tutta l’appa­renza di essere state strappate dalle radici; sul pavi­mento furono trovati quattro napoleoni, un orecchino di topazio, tre grossi cucchiai d’argento, tre più piccoli in métal d’Alger, e due borse contenenti quasi quat­tromila franchi in oro. I tiretti di un bureau d’angolo erano aperti ed erano stati probabilmente saccheggiati, sebbene molti oggetti vi rimanessero ancora. Sotto il letto (non sotto la lettiera) fu rinvenuta una minuscola cassaforte di ferro: venne aperta, poiché la chiave si trovava ancora nello sportello, e conteneva soltanto qualche lettera di vecchia data e altre carte di scarsa importanza. Di Madame L’Espanaye nessuna traccia: ma poiché nel focolare fu notata una quantità insolita di fuliggi­ne, si procedette a un’ispezione del camino, dal quale (orribile a dirsi!) fu estratto il cadavere della figlia col capo all’ingiù: certo dovevano averlo forzato per un buon tratto, in quelle condizioni, su per l’angusta aper­tura. Era ancora caldo, e all’esame rivelò numerose escoriazioni, provocate senza dubbio dalla violenza con la quale era stato cacciato a forza su per la cappa e suc­cessivamente liberato. Il volto presentava molti graffi rilevanti e la gola ammaccature scure e segni profondi di unghie, come se la disgraziata fosse stata uccisa per strangolamento.

Edgar Allan Poe: I delitti della Rue Morgue, The Graham’s Lady’s and Gentleman’s Magazine, Philadelphia (1841)

La camera era nel più strano disordine: i mobili spaccati e sparsi in tutti i sensi, non v’era che un letto i cui materassi erano stati gettati sul pavimento, sopra una sedia si trovò un rasoio bagnato di sangue. Nel focolare erano tre lunghi e forti boccoli di capelli grigi i quali sembravano essere stati violentemente strappati, sul pavimento erano sparsi quattro Napoleoni, un orecchino ornato d’un topazio, tre grandi cucchiai d’argento, tre più piccoli in metalli d’Algeri e due sacchi contenenti a un dipresso quattromila franchi d’oro; in un canto, i tiratori del camino erano stati aperti, e messi senza dubbio a sacco; benché si trovassero molti articoli intatti, uno scrignetto di ferro fu trovato sotto la tela del letto, (non sotto il legno del letto): era aperto, con la chiave nella serratura, non conteneva che qualche vecchia lettera ed altre carte senza importanza. Non si trovò nessuna traccia di Madame L’Espanaye, ma si rimarcò una quantità straordinaria di fuliggine nel focolare, si fecero delle ricerche nel camino e – cosa orribile a dire” – ne tirarono il corpo della giovine che trovarono con la testa in giù, ed ea stato introdotto di forza e spinto nella strettissima apertura a una distanza considerevole. Il corpo era caldo ancora. Esaminandolo si scoprirono numerose escoriazioni, occasionate senza dubbio dalla violenza con la quale vi era stato introdotto, e che si era dovuta usare per ritirarlo. In faccia portava dei profondi graffi e la gola era livida e scavata da profonde tracce d’unghie come se la morte avesse avuto luogo per strangolamento.

Alexandre Dumas: L’assassinio di rue Saint-Roch, L’Indipendente, Napoli (1860-1861)

E i parallelismi potrebbero moltiplicarsi. E’ abbastanza singolare, ad esempio, che a premessa di entrambi i racconti si faccia riferimento, pur con modalità diverse, alle facoltà della mente (Dumas si rivolge ai prefetti di polizia italiani invitandoli a utilizzare “quella facoltà speciale che si chiama analisi”; Poe, dal canto suo, apre i Delitti della Rue Morgue con una vera e propria dissertazione sulle “facoltà … che chiamiamo analitiche”). E’ addirittura singolarissimo, poi, che nei Murders il medico chiamato a esaminare i cadaveri delle sfortunate signore De L’Espanaye si chiami Paul Dumas, e che lo stesso medico, nel racconto dumasiano, risponda al nome di Paul Dupin: si tratta di coincidenze – Baudelaire, il più grande traduttore francese di Poe, le avrebbe definite più correttamente “corréspondances” – che non possono essere ignorate.

Sono le – poche – differenze, tuttavia, a suscitare maggior meraviglia e, in alcuni casi, un vero e proprio sconcerto. La difformità più rilevante riguarda i personaggi e in particolare le identità di narratore e investigatore: nei Murders, Poe racconta in prima persona, da semplice spettatore, le gesta di Monsieur Dupin, il cui poderoso intelletto risolve un caso apparentemente insolubile; nel testo dumasiano, invece, è lo stesso Poe a svolgere le indagini sotto lo sguardo ammirato del grande romanziere francese (nelle insolite vesti di “spalla” e voce narrante).

E’ interessante il modo in cui Dumas fa entrare in scena il suo brillante ed eccentrico protagonista:

Era l’anno 1832. Un giorno un giovane americano si presentò da me con una raccomandazione da un suo compatriota, l’illustre romanziere Fenimore Cooper. … Egli si chiamava Edgar Poë.

Svelato il mistero, direte voi: i due scrittori, grazie all’intercessione dell’amico comune Fenimore Cooper (noto scrittore statunitense, autore de L’ultimo dei Mohicani), si sono effettivamente incontrati a Parigi nel 1832 e hanno elaborato insieme la storia, pubblicandola poi – l’uno all’insaputa dell’altro o per mutuo consenso – in tempi diversi.

Sennonché di questo ipotetico incontro non vi è traccia storica (ne fece menzione, forse, lo stesso Alexandre Dumas in una lettera mai resa pubblica e misteriosamente scomparsa dall’orbe terracqueo): esso sembra esistere unicamente nella fantasia del “padre” dei Tre Moschettieri e fra le pagine di un racconto ignorato per oltre mezzo secolo. Di più: i biografi di Poe sono quasi tutti concordi nel ritenere che il genio statunitense abbia attraversato l’oceano un’unica volta [1], in tenera età, per un viaggio di istruzione nel Regno Unito.

parigi-081Certo viene da domandarsi come mai uno scrittore americano fino al midollo abbia scelto di ambientare alcuni suoi racconti in una capitale europea in cui non aveva mai messo piede, e come abbia potuto descriverla nei minimi dettagli, e assai realisticamente, pur non avendola mai visitata: da questo punto di vista, i Murders sembrerebbero rivelare una conoscenza diretta, e non di seconda mano, delle vie parigine. E’ lecito inoltre domandarsi cosa sia accaduto, nella vita di Edgar Poe, in quel fatidico 1832: stando alle biografie ufficiali, egli si sarebbe limitato a pubblicare in forma anonima cinque racconti su una rivista di Philadelphia. Alcune testimonianze parlano di “lettere spedite da San Pietroburgo” tra il 1831 e il 1833; altre lo vogliono in Grecia a combattere per la liberazione dei turchi. Sta di fatto che potrebbe aver soggiornato Parigi, in quel periodo, magari proprio nell’anno in cui si svolge il racconto dumasiano.

Quanto all’incontro con Dumas, a mio parere l’elemento che più di ogni altro farebbe pensare a una forma di collaborazione diretta fra i due autori è di tipo squisitamente letterario e l’ha messa nero su bianco nientemeno che Charles Baudelaire. “Interventista senza limiti”, per usare la definizione di Cundari, il più grande traduttore francese dell’opera di Poe non esitava a cambiare il senso del testo originale per inserire considerazioni personali; ad esempio, nel tradurre il seguente passaggio: “La polizia è assolutamente sconcertata, inusitata negli affari di questa natura, ed è veramente impossibile di ritrovare il filo di questo fatto”, egli fa dire a Poe che lo sconcerto della polizia è “cosa comune”. Nel testo di Dumas ritroviamo le considerazioni poeiane e non, si noti, quelle contenute nell’unica traduzione dei Murders disponibile, all’epoca, in Francia.

Ugo Cundari spinge l’analisi alle estreme conseguenze e “osa” domandarsi se non sia possibile far ricadere su Poe l’accusa di plagio. Ipotesi affascinante e senz’altro percorribile ma destinata a rimanere avvolta nel mistero, soprattutto ove si consideri che l’originale in francese del racconto dumasiano non è mai stato rinvenuto. La paternità del primo racconto giallo della storia non può dunque ritenersi certa, e so di interpretare il sentimento di molti appassionati del genere affermando che si tratta di una di quelle certezze che un vero crime addicted preferirebbe non perdere.

Consoliamoci pensando che, in fin dei conti, i padri nobili del genere che più amiamo potrebbero essere due. E che il primo investigatore della storia, con buona pace dell’ottimo Monsieur Dupin, potrebbe avere il genio tormentato e ineguagliabile di Edgar Allan Poe.

Simona Tassara

- da Fralerighe Crime n. 8


[1] Lo stesso Poe, a dire il vero, ammise di aver soggiornato in Russia, e documenti in possesso della questura di Pietroburgo attestano il duplice arresto, negli anni ’30 dell’Ottocento, di un americano di nome “Edgar Pué”.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :