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La gatta e la babbuina

Creato il 02 maggio 2011 da Speradisole

LA GATTA E LA BABBUINALa gatta era stata invitata a una festa, e andò dalla babbuina a farsi bella.

“Che genere di festa?” chiese la babbuina, massaggiando il collo alla gatta per farla rilassare, come faceva con tutti i clienti. “Spero non quel ballo del raccolto in riva al fiume. C’è andata l’anno scorso mia sorella, e mi ha detto di non aver mai visto una simile cagnara. Dice che è scoppiata una rissa tra due opossum, e che una ragazza, la moglie di uno dei due, l’hanno spinta contro un ceppo d’albero facendole saltare quattro denti. Denti belli, tra l’altro, mica gialli come ce li hanno di solito quelli che mangiano rifiuti”.

La gatta rabbrividì. “No” disse. “Questa è una festicciola tra amici per pochi intimi. Quel genere di serata”.

“Ci sarà da mangiare?” chiese la babbuina,

LA GATTA E LA BABBUINA

“Qualcosina” sospirò la gatta. “Ma non ho idea di che cosa”.

“Certo che è complicato” disse la babbuina. “Tutti che mangiano cose diverse. A uno piacciono le foglie, mentre l’altro non le può vedere. La gente è diventata così schizzinosa di questi tempi … Io ormai metto lì due noccioline e chi vuole mangiarle, bene, altrimenti pazienza”.

“Uh, a me le noccioline non piacciono” disse la gatta. “Proprio no”.

“Be’, in questo caso una beve e basta. L’importante è sapere quando fermarsi”.

“Quello per me non è mai stato un è problema” si vantò la gatta. “Bevo finché non sono piena, dopodiché stop. Sempre fatto così”.

“Vuol dire che ha giudizio. Non come certa gente che conosco”. La babbuina pizzicò una pulce sulla testa della gatta e con circospezione se la infilò in bocca. “Prenda per esempio questo matrimonio a cui sono stata, mi pare sabato scorso. Si sposava una coppia di conigli delle paludi, ne avrà sentito parlare”.

La gatta annuì.

“Sia chiaro, a me i matrimoni in chiesa piacciono, ma questo era uno di quelli dove gli sposi si scrivono le promesse da soli. Nessuno dei due ha mai preso in mano una penna, e di punto in bianco si inventano poeti, capisce, come se bastasse quello: essere innamorati”.

“Anch’io e mio marito le promesse ce le siamo scritte da soli”: disse la gatta sulla difensiva.

“Certo” replicò la babbuina “ma magari voi avete qualcosa da dire, non come quei conigli delle paludi. Per loro l’amore era <come un tenero arbusto> o roba del genere. E nel frattempo accanto a loro c’era una scoiattola  che strimpellava non so che cosa, mi pare un’arpa”.

“Anche al mio matrimonio ho fatto venire un’arpista”. Disse la gatta “ed è stato delizioso”.

“Non ne dubito, ma voi magari avete chiamato una professionista, una che sapeva suonare per davvero. Questa scoiattola qui, io credo non abbia mai preso una lezione in vita sua. Le corde le prendeva a unghiate, come se ce l’avesse con loro”.

“Be’, sono sicura che avrà fatto del suo meglio” disse la gatta.

La babbuina annuì sorridendo, come si fa nel settore dei servizi. Aveva pronto un bell’aneddoto  su un coniglio delle paludi ubriaco, il fratello di quello che si era sposato la settimana prima, ma ormai non aveva più senso, non con quella cliente, in ogni caso. Qualunque cosa lei dicesse, la gatta non era d’accordo, e se non fosse riuscita a trovare uno straccio di terreno comune si sarebbe di sicuro giocata la mancia. “Sa” attaccò, grattando via una crosticina dal collo della gatta, “io i cani li detesto. Proprio non li sopporto”.

“Come mai le viene in mente ora?”, domandò la gatta.

“Ma niente”. Disse la babbuina, “è che ieri mi si è presentato qui un incrocio di spaniel e non so cos’altro. Voleva che gli facessi lo shampoo, ma io l’ho mandato via dicendo: “Per me può anche avere tutti i soldi del mondo, ma io con uno che si lecca il culo da solo non ci parlo”. Nell’istante in cui  lo disse si rese conto dell’errore.

“Be’? Che male c’è?” obiettò la gatta. “Avere l’ano pulito è un’ottima cosa. Io il mio lo lecco almeno cinque volte al giorno”.

“E io per questo la ammiro”. Rispose la babbuina. “Lei però non è un cane”.

“E con questo?”.

“Se lo fa un gatto e più … di classe” disse la babbuina. “Ha una sua grazia, mentre i cani … sì, insomma, lo sa come fanno. Si ripiegano su se stessi, con le gambe che vanno dappertutto”.

“Be’, in effetti …”. Disse la gatta. “Su questo mi sa che devo darle ragione”.

“Ma poi sbavano a litri, bagnano dappertutto, e tutto quel che non riescono a bagnare, lo staccano a morsi”.

“Vero anche questo”. La gatta ridacchiò, e la babbuina, rilassandosi, cominciò a cercare nella memoria un aneddoto infamante sui cani. Il collie, il pastore tedesco, l’incrocio di spaniel che sosteneva di aver mandato via erano tutti suoi amici cari, nonché clienti fedeli, ma che male c’era a fingere il contrario e superare il sottile confine tra leccarsi il culo e leccarlo agli altri?

(David Sedaris – “Bestiole e bestiacce”)



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