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Quelli di Süd-Tiroler Freiheit

Creato il 21 settembre 2010 da Gadilu

Quelli di Süd-Tiroler Freiheit

Quelli di Süd-Tiroler Freiheit, si sa, non sono noti per avere idee molto brillanti. Anzi. Per loro può benissimo valere l’adagio coniato da Flaiano a proposito dei fascisti: visto che sono incapaci di fare progetti per il futuro, si accontentano di farli per il passato. Eppure, oggi, mi hanno stupito. Hanno infatti proposto a Christo (il famoso impacchettatore) di intervenire con un’azione delle sue sul Monumento alla Vittoria [QUI]. Non per sminuire questa botta di genio, ma ecco cosa scrivevo io quasi due anni fa (10.01.2008)

Conservare le tracce

Mi piacerebbe svolgere una breve riflessione sulle recenti esternazioni di Leo Andergassen, il nuovo intendente provinciale ai beni culturali. Per farlo ho bisogno di richiamare alla vostra memoria la figura di un artista bulgaro contemporaneo considerato tra i più stravaganti: Christo Vladimirov Javacheff, o più semplicemente Christo.

Nel 1995 Christo riuscì ad ottenere l’autorizzazione per compiere una delle sue performance a Berlino, divenuta da poco la capitale della Germania riunificata. Come sempre si trattava di un progetto d’“impacchettamento”. Christo si cimentò cioè nell’impresa di avvolgere l’intero edificio del Reichstag utilizzando 100 mila metri quadrati di tessuto (chi volesse vedere una documentazione di quest’opera componga in internet questo indirizzo: http://www.michaelzepter.de/foto_kunst.htm). A quanto pare Christo ha tratto ispirazione da L’énigme d’ Isidore Ducasse di Man Ray (una macchina per cucire avvolta in una coperta con dello spago) al fine di segnalare il mistero che racchiude l’essenza delle cose. Per giustificare questo suo modo di procedere l’artista ha affermato quanto segue: un oggetto diventa più visibile non se viene mostrato, ma se viene nascosto.

Ogni volta che qualcuno propone di abbattere o comunque eliminare un monumento carico di storia ripenso all’affermazione di Christo. È infatti certo che proprio dalla sua eventuale cancellazione quel monumento trarrebbe una rinnovata e – se le opere sono contraddittorie o comunque fortemente caricate simbolicamente – persino virulenta persistenza. Benissimo ha fatto dunque Leo Andergassen a chiarire che le tracce del passato non vanno negate, ma vanno custodite, proponendo semmai di illustrare il significato che avevano quando sono state create.

Vorrei però aggiungere un’altra cosa. Andergassen ha detto che il valore delle opere risalenti all’epoca fascista reperibili nella nostra provincia è quello di rappresentare un monito. Giusto, ma non basta. Queste opere ci ricordano anche che il Sudtirolo come lo conosciamo oggi è “nato” emancipandosi da un atto di colonizzazione violenta. Senza quell’esperienza negativa non sarebbe possibile spiegare nulla di ciò che è accaduto dopo. Paradossalmente (ma è un paradosso solo apparente) per poter uscire compiutamente dall’orizzonte aperto dal ventennio occorre conservarne quanto più possibile le testimonianze. Parafrasando Christo: solo rendendo completamente manifesto un oggetto questo potrà alla fine sparire.



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