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She loves you: una spiegazione della Beatlemania

Creato il 22 aprile 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

7 febbraio 1964. Al John F. Kennedy di New York atterra un volo Pan Am partito dall’aeroporto Heathrow di Londra. A bordo ci sono i Beatles. Quando la band atterra viene accolta da una folla di fan e giornalisti. Il corrispondente dell’emittente CBS, che segue l’evento in diretta, commenta “the British Invasion this time goes by the code name Beatlemania”.

 

Beatlemania: una definizione

La parola Beatlemania evoca immediatamente l’immagine di ragazzine urlanti, sconvolte, sull’orlo dell’isteria, che strillano fuori da un hotel o un palazzetto per un gruppo di quattro ragazzi. Come, però, questi “quattro ragazzi” non sono quattro ragazzi a caso ma la band di maggiore successo della storia, allo stesso modo sarebbe superficiale considerare la Beatlemania come una stupida reazione di qualche ragazzina innamorata. Se così fosse, gli psicologi non ci avrebbero  dedicato studi su studi. E il mondo non ne starebbe parlando ancora oggi.
Con Beatlemania ci si riferisce ad un fenomeno scoppiato all’inizio degli anni Sessanta, prima in Gran Bretagna e poi negli  USA, che consiste in una reazione molto intensa dei fan dei Beatles, soggetti a reazioni quali pianto, urla, in molti casi addirittura svenimento. Pare che il termine sia stato coniato da Ani Lothian, music promoter scozzese, durante una conversazione con un giornalista al concerto dei Beatles tenutosi alla Caird Hall di Dundee, il 7 ottobre 1963. Quel che è certo è la data della sua prima apparizione su carta stampata:l 15 ottobre dello stesso anno, in un articolo del Daily Mirror riguardante il concerto a Cheltenham del giorno prima. Il suffisso -mania era già stato utilizzato in questo modo, a
metà Ottocento, per riferirsi alla risposta degli ascoltatori alle esibizioni di Franz Liszt (in quel caso si parlava di
Lisztomania e, sostiene la musicologa Dana Gooley, si intendeva la condizione come seriamente medica e possibilmente contagiosa, data la valenza del termine mania all’epoca).

Beatlemania: le ragioni psicologiche

Molti nel corso degli anni hanno tentato di spiegare la Beatlemania dal punto di vista psicologico. Non è stata trovata una spiegazione che metta d’accordo tutti gli studiosi, ma è stata appurata l’importanza dei fattori sociali, storici, politici ed economici, che hanno preparato il terreno perfetto. Una componente fondamentale, infatti, è il tempismo dei Fab Four: diventati famosi all’inizio degli anni Sessanta, alla fine del baby boom e durante la ripresa economica post Seconda Guerra Mondiale, si trovano a disporre di un numero di teenager molto più elevato rispetto a quello degli anni precedenti. Il miglioramento delle condizioni economiche permette a un maggior numero di persone di acquistare i vinili della band e i prodotti ad essa legati. A questo si uniscono una serie di fattori legati al gruppo e, in alcuni casi, creati appositamente per un determinato target. Molte delle canzoni dei Beatles mostrano un utilizzo astuto dei pronomi personali che fa sì che i brani sembrino essere rivolti direttamente ai fan. Esempio classico è She loves you. È lo stesso McCartney ad ammettere come questa tecnica venga usata per fare in modo che il pezzo risulti più personale. Anche l’aspetto della band sembra giocare un ruolo in tutto ciò: secondo molti, la lieve androginia sarebbe ideale per colpire il target delle ragazzine che si avvicinano al sesso ma che potrebbero essere inconsciamente spaventate da una figura maschile troppo virile e rude. Inoltre, il fatto che il gruppo sia molto coeso e che non sia una sola personalità a spiccare, come invece spesso avveniva all’epoca (in particolare in Gran Bretagna), crea un’impressione di forte legame ed amicizia e di conseguenza porta ogni membro ad essere identificato da una serie di caratteristiche salienti (l’intelligente, l’affascinante e così via). Questo aspetto può essere ritrovato in molte delle band dei decenni successivi. Nonostante la questione sia ancora discussa, insomma, è palese come i fattori illustrati abbiano creato una situazione perfetta e abbiano contribuito allo scoppio di  quell’isteria di massa così iconica degli anni Sessanta.

Beatlemania: la Gran Bretagna

È ovviamente la Gran Bretagna il primo Paese toccato dalla Beatlemania. Quando, nel 1962, i Beatles tornano dopo due anni in Germania, registrano immediatamente il singolo Please please me, che esce il 26 novembre dello stesso anno e li consacra definitivamente al successo. Segue l’omonimo album, e il 23 agosto 1963 arriva She loves you, il singolo dei Beatles più venduto in UK. Durante il 1963 diventano comuni le scene che vedono adolescenti il lacrime che urlano fuori dai palazzetti o che tentano di superare cordoni di polizia, con gli agenti che solo a fatica (e non sempre) riescono a contenerle. Nel corso dell’anno i Beatles scrivono e si dedicano ai concerti ad un ritmo serrato. A questo si unisce una fitta copertura da parte dei media: i Fab Four sono ovunque, la televisione e i giornali ne parlano spesso e di conseguenza la loro importanza pubblica diventa sempre maggiore. Sono onnipresenti e all’attenzione prettamente scandalistica si unisce anche quella dei critici, che cominciano a prendere seriamente la band, elogiandone le composizioni.

The Beatles

Photo credit: Minnesota Historical Society / Foter / CC BY-SA

Beatlemania: gli USA

Il 7 febbraio 1964 i Beatles (e la Beatlemania) sbarcano negli Stati Uniti. La focosa accoglienza all’aeroporto John F. Kennedy e la copertura giornalistica data all’evento fanno capire immediatamente che la mania ha contagiato anche i teenager americani. Per qualcuno è il recente assassinio di Kennedy a preparare il terreno per la diffusione della Beatlemania: il senso di stupore e paura diffusosi come conseguenza dell’evento avrebbero reso gli adolescenti particolarmente bisognosi di una fonte di ottimismo e distrazione, che sarebbe rappresentata proprio dalla band inglese.
Fatto sta che il 9 febbraio i Beatles fanno la loro prima apparizione televisiva in diretta negli Stati Uniti, al The Ed Sullivan show, che in quell’occasione tocca l’incredibile picco dei 73 milioni di ascoltatori (la puntata con Elvis Presley come ospite aveva raggiunto i 60 milioni). Il ruolo di questa apparizione è enorme, sia perchè essa consacra definitivamente la diffusione delle Beatlemania negli USA, sia perchè convince la casa discografica Capitol a migliorare la promozione della band.
I commenti della stampa riguardo all’isteria di massa, però, non sono particolarmente gentili. Paul Johnson del The New Statesman scrive: “Those who flock round the Beatles, who scream themselves into hysteria, whose vacant faces flicker over the TV screen, are the least fortunate of their generation, the dull, the idle, the failures.”.

Beatlemania: replicabile o fenomeno unico?

A cinquant’anni di distanza ci si chiede se la Beatlemania possa ripresentarsi sotto altre forme. Considerando che essa è nata da un perfect storm, da una combinazione di fattori che si sono presentati nel momento e nel posto giusto, e che ne è stata protagonista una band unica e inimitabile, probabilmente no. A questo si aggiungono i grandi cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni sia per quanto riguarda la circolazione delle informazioni, che per quanto riguarda l’ambiente musicale (a questo proposito, è sconvolgente considerare l’enormità del fenomeno Beatles e rendersi conto che all’epoca non c’erano social network ad aiutarlo a diffondersi). Eppure fattori quali la forte caratterizzazione di ogni membro
secondo determinate caratteristiche sembrano riproporsi in molte delle band di grande successo degli ultimi anni. Ce ne si accorge se si pensa, ad esempio, agli One Direction, band tutta al maschile i cui componenti (giovani, di aspetto bello e androgino) sembrano a tratti ricalcare un ruolo preciso, una somma di tratti caratteriali ben definita. Nella Beatlemania, insomma, si potrebbe scovare una struttura comune replicabile solo in parte, in quanto essa è stata frutto di un target chiaro, di uno studio attento, di una serie di circostanze fortuite e di una grande dose di talento e personalità.

Parlando degli anni ’60 e della scena musicale di quell’epoca, Jon Savage scrive: “Big events were happening in the world, and pop was intimately connected to them. It wasn’t just entertainment.”. La Beatlemania, nelle sue origini, nella sua  spettacolarità e a tratti nella sua incomprensibilità, ne è uno dei più grandi esempi.

Tags:anni sessanta,beatlemania,Beatles,Gran Bretagna,media,musica,società,USA

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