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Spectre di Sam Mendes: la recensione

Creato il 05 novembre 2015 da Ussy77 @xunpugnodifilm

007-spectre-spot-tv-locandina-finale-italiana-e-nuovi-poster-internazionali-1Ritorno al passato. Agitato, non mescolato

Ventiquattresimo film della saga di James Bond, Spectre se viene messo a confronto con Skyfall mette a nudo qualche difficoltà; al contrario se viene analizzato senza alcun paragone il prodotto di Sam Mendes ha i suoi pregi.

A Città del Messico James Bond (per conto della defunta M) uccide Marco Sciarra, un terrorista legato all’organizzazione SPECTRE. La sua azione (non autorizzata) fa imbestialire Gareth Mallory, che lo sospende a tempo indeterminato. Nonostante ciò Bond, con l’aiuto di Q e Moneypenny, prosegue la sua missione.

Skyfall era evidentemente l’anno 0 dell’agente segreto britannico; lo conferma la scelta di tornare a vecchi vezzi d’ingegneria dell’MI6, la reintroduzione di personaggi come Moneypenny e Q e lo studio decisamente introspettivo di Bond, al quale veniva donata un’infanzia tormentata e una madre putativa (M). Defunta M (e persa l’enorme bravura recitativa di Judi Dench), Spectre riparte dalle basi, torna indietro nel tempo e si fa condizionare. Difatti il passato ritorna (non solo nello stile registico e nell’atmosfera, ma anche nel modo di vivere un’avventura di Bond) e diviene minaccia, nemico numero uno. Infatti la scelta di Mendes (e dei suoi sceneggiatori) è quella di riproporre al cinema uno dei villain più riconoscibili della saga di Bond: Ernst Blofeld, impersonato da un attore che i cattivi li vive appieno senza difficoltà, ovvero Christoph Waltz. La scelta di riproporre un antagonista storico non è casuale e rientra perfettamente nella volontà di riavvolgere il tempo per aggiornare l’agente segreto più famoso del cinema mondiale. Tornano gli orologi bomba di Q, l’Aston Martin e il Vodka Martini agitato e non mescolato, tutti elementi che permettono allo spettatore di riconoscere l’eroe sciupafemmine, nonostante l’attore e i tempi cambino. Tutta questa atmosfera originaria e retrò è un pregio che permette a Spectre di farsi apprezzare fino in fondo, di farsi seguire attraverso un viaggio che oltrepassa continenti e pericoli. Dopotutto James Bond è questo e nel mondo moderno trova idealmente posto nel genere blockbuster frenetico e d’intrattenimento. Difatti la variazione sul tema di Skyfall era perfetta perché inserita in un organigramma filmico più grande e metteva in evidenza la necessità, da parte soprattutto di Bond, di prendere il fiato, interrogarsi, scoprirsi e successivamente ributtarsi a capofitto nell’azione. Skyfall è stato necessario perché mai prima di allora l’agente segreto aveva smesso il sorriso smagliante e fatto i conti con il suo passato; proprio per questo motivo la pellicola è stata rivoluzionaria, un fulmine a ciel sereno che ha permesso anche allo spettatore seduto in sala di gustarsi un cinema meno ridondante e meno legato a degli schemi prestabiliti.

Skyfall si è fatto apprezzare per tutto quello che è stato elencato fino a ora, diversamente Spectre è notevole per altro e si prende l’incombente compito di far ripartire la saga ai livelli che le competono. Di conseguenza lo spettatore viene gettato nuovamente nell’avventura, confortevole e non destabilizzante, frenetica ma sicura e riconoscibile. Certo Mendes ci mette quel suo tocco raffinato, elegante, che permette a Spectre di essere un film di sicuro livello, ma si ha la sensazione che, a parte qualche trovata geniale e la scena iniziale (un piano sequenza morbido, perlomeno fino all’esplosione), regista e sceneggiatori abbiano fatto il minimo indispensabile. Inseguimenti, Bond Girl ed esplosioni si sprecano in un intrattenimento di spessore e di coinvolgimento, che però non aggiunge nulla di realmente significativo all’aggiornamento 2.0 dell’agente al servizio di Sua Maestà. Insomma l’unica colpa di Spectre è essere arrivato dopo Skyfall, perché se così non fosse stato nessuno si sarebbe permesso di criticarlo, nemmeno lievemente.

Uscita al cinema: 5 novembre 2015

Voto: ***1/2


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