The counselor – il procuratore

Ridley Scott non pervenuto

La pesante mano di McCarthy si sente fin troppo. L’ultimo film di Ridley Scott soccombe sotto le parole scritte dal romanziere e finisce per rivelarsi un prodotto piatto e mal assemblato.

Un avvocato è involontariamente implicato in una vendetta di un cartello di droga messicano nei confronti di un suo ex cliente.

Si respira il fetore di morte in The Counselor – Il procuratore. Il villain è invisibile (il destino o il caos del mondo), incombe in modo assoluto, mentre il resto è surreale e straniante sviluppo degli eventi. Tuttavia tutto ciò non propende a favore di una pellicola che rimane ingabbiata dalle parole, da discorsi filosofici e da un’azione che pare svolgersi eccessivamente lontano dalla macchina da presa. Difatti tutto quello che mette McCarthy (la sceneggiatura) non trova libero sfogo nelle immagini di un Ridley Scott, che gigioneggia in inquadrature e ambientazioni raffinate, ma nulla più. Questa motivazione non permette a The Counselor – Il procuratore di spiccare il volo e fa sì che si limiti a ostentare americani vigliacchi e messicani spietati, procuratori “sbadati” e gangster bizzarri. Il risultato? Una pellicola piatta, monocorde e priva di appeal; un prodotto con una trama malamente assemblata, che esibisce personaggi monodimensionali, senza spessore. Unica nota positiva? Cameron Diaz che sfoggia un’invidiabile aggressività, lontana dai canoni estetici che il pubblico ha imparato a conoscere.

Non basta essere un buon scrittore per imbastire un sceneggiatura di ottimo livello. È questa l’evidente pecca di un film, nel quale il regista si è lasciato trasportare dalle parole, dalla filosofia sul caos del mondo e sulla morte come opzione perseguibile da un momento all’altro.

Uscita al cinema: 16 gennaio 2014

Voto: *1/2