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Viaggio di nozze e fidelizzazione del cliente

Da Scritturesocial
Viaggio di nozze e fidelizzazione del clienteSend to KindleCartina geografica dell'Alaska, meta turistica per viaggi di nozze e d'avventura

Cartina geografica dell’Alaska, meta turistica per viaggi di nozze e d’avventura

Ho visitato una fiera a tema wedding; ho parlato con una operatrice di agenzia di viaggi, per curiosità. La situazione mi ha spinto a riflettere sull‘ascolto del cliente e sull’agire “di default” che, purtroppo, a volte caratterizza l’atteggiamento di alcuni professionisti sottoposti a routine nelle richieste e alla de sensibilizzazione verso l’implicito nelle parole del cliente.

Partecipando come utente “semplice” alla fiera, il mio abbigliamento non era professionale e, anzi, avevo indossato un regalo divertente ricevuto di recente. Per quanto “particolare”, il mio outfit aveva un senso specifico e affettivo. Mi ha fermato un’agenzia di viaggi per la lista nozze con loro. L’approccio mi ha incuriosito così come lo stile comunicativo e di accoglienza dedicato alle diverse ipotetiche clienti presenti.

Parlando di un generico e fantasioso matrimonio ad ottobre 2014, ho ipotizzato come meta per il viaggio di nozze l’Alaska, con aperture verso il Canada, l’Islanda e l’Irlanda. L’esperta, dopo aver mostrato un certo disappunto per la scelta, visto il periodo dello sponsale, mi ha fornito cataloghi per Mauritius e villaggi turistici ospitati nelle isole magnifiche del Pacifico. Mi ha chiesto un indirizzo e-mail “per tenermi aggiornata sulle novità” e ha ricevuto l’indirizzo che utilizzo per lo spam. Che cosa non è andato, in questa comunicazione? Quali alternative e contro strategie si potevano mettere in atto per iniziare a fidelizzare il potenziale cliente? 

L’agenzia di viaggi voleva realizzare quattro obiettivi:

  1. potenziamento del personal branding
  2. fidelizzazione nuovi clienti
  3. incremento la mailing list
  4. trasformazione dell’interesse in prenotazioni effettive nell’arco di una settimana

L’ambiente in cui questi obiettivi cercavano soddisfazione non era dei più semplici. Le fiere sono, per tradizione, caotiche. I concorrenti si incontrano in uno stesso luogo dando il via a un bombardamento senza esclusione di colpi per attrarre l’attenzione dei passanti.

A fianco delle positività, dell’entusiasmo, dell’esaltazione nati dalla situazione particolare, ci sono degli elementi critici in questa location, che causano delle conseguenze dirette sul modo di lavorare e sui risultati che si riescono a raggiungere. L’ iper – affollamento per esempio può trasmettere sensazioni di invisibilità dell’offerta, causare difficoltà nel farsi ascoltare,difficoltà fisiche ( mal di testa, mal di piedi, mal di schiena, problemi digestivi etc.), difficoltà emotive (stress, claustrofobia, frustrazione, noia, senso di impotenza nato, magari, dalla lontananza emotiva alla value proposition dell’azienda che si rappresenta a confronto con le altre realtà etc.).

I professionisti parlano con migliaia di persone e con tutte l’imperativo è “colpire nel segno” almeno in uno dei quattro obiettivi. Riuscire a strappare un numero di telefono o una mail, fissare un appuntamento con una sposa, incuriosire qualcuno con un prodotto specifico capace di rappresentare bene i valori dell’azienda richiede un lavoro di auto controllo, competenze commerciali e professionalità elevato.

Partendo dal presupposto oggettivo che non è possibile accontentare tutti e risolvere i problemi di tutti, in qualità di liberi professionisti siamo obbligati a dare il massimo comunque ad ogni contatto. Il cliente difficile, con esigenze stravaganti oppure opposte alle mode e a ciò che noi riteniamo valido/importante/giusto/adatto si trova sulla strada di ogni professionista ed è un’opportunità. In quel momento, rappresentavo un “cliente difficile”.

Alaska. Foto credit: Steve Jhonson (www.flickr.com/photos/steffer/)

Alaska. Foto credit: Steve Jhonson (www.flickr.com/photos/steffer/)

Chiedevo una soluzione avvincente per realizzare un sogno folle in uno Stato estero le cui condizioni climatiche sono oggettivamente complicate, soprattutto nel periodo dell’anno indicato. Volevo una risposta empatica, magari entusiasta, una frase-aggancio che creasse un collegamento emotivo fra il mio muro e quello della professionista che avevo di fronte. Stavo dando informazioni indirette sul tipo di persona che sono e di interessi che coltivo. Chiedendo l’Alaska o il Canada, raccontavo, in realtà, una voglia di avventura, un desiderio di natura, un bisogno di andare lontano, in una terra a dir poco mitica, dalla forte presa archetipica nell’immaginario collettivo. Lanciavo l’assist verso l’Ulisse selvaggio. Chiedevo una proposta creativa, affascinante, romantica oppure una contro proposta di pari livello. Indicavo la montagna e la neve, le foreste e i laghi e le città nordiche come elementi chiave della risposta. Chiedevo un tour avvincente, fuori dai canoni e dagli stereotipi. Mi sono ritrovata in mano i cataloghi delle Mauritius e il classico, meraviglioso villaggio turistico Francorosso. Una risposta autistica, senza ragionamento, priva di attinenza alla domanda.

Per curiosità, questa mattina ho posto la stessa domanda a un’altra agenzia di viaggio. L’incontro è nato in un contesto opposto rispetto la fiera di settore: mi sono recata all’interno della filiale.

Il problema da risolvere era identico: viaggio di nozze ad ottobre 2014 in Alaska oppure Canada, Islanda o Irlanda. Sul tavolo, in questo momento, ho tre cataloghi centrati sul Canada e l’Alaska e tutte le informazioni necessarie per aprire una ipotetica lista nozze con questa nuova agenzia. Per rispondere alla mia richieste si sono mobilitate due persone: hanno cercato i cataloghi 2013-2014 ancora inscatolati oppure esposti da poco. Se un giorno aprirò una lista nozze per un viaggio in Alaska, prenderò in considerazione quest’agenzia per la rapidità del servizio, il confort nel come mi hanno trattata, l’attinenza della risposta alle mie esigenze.

Sono riusciti a creare un aggancio positivo per fidelizzarmi ai loro servizi e competenze andando oltre il mio aspetto esteriore o i loro eventuali problemi personali o professionali attivi in quel momento. Mi hanno trasmesso la sensazione di essere accolta e vista e, benché io ancora non gli abbia versato un euro per alcun servizio acquistato, sono stati disponibili e presenti.

Il tempo che ho dato ad entrambi è stato limitato: la seconda agenzia, tra l’altro, ha potuto parlare con me per ancora meno minuti rispetto alla prima. Hanno concentrato in cinque minuti un mix di capacità e intuito, che hanno creato più di un risultato: una cliente soddisfatta parla (e parlerà) bene di loro, tornerà a trovarli, li ha presi come punto di riferimento per alcuni servizi. Questo è stato possibile perché hanno ascoltato quello che ho detto e non mi hanno voluto imporre soluzioni alternative distanti dalla richiesta iniziale e non veicolate attraverso un valido processo di modifica delle intenzioni, con motivazioni più forti rispetto a quelle metereologiche.

Esistono turisti che viaggiano nelle zone di guerra del mondo. Esistono persone che non temono il freddo o la neve e che, per esempio, per quanto la cosa suoni distante dalle proprie opinioni personali, desiderano conoscere il mondo del grande ghiaccio per motivi più che validi, solidi e importanti. Il limite, a volte, per noi professionisti, siamo proprio noi stessi e la nostra forma mentis.

Dell’altra agenzia non ricordo né il nome del brand, né quello della persona con cui ho parlato.


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