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Wild

Creato il 01 aprile 2015 da Ussy77 @xunpugnodifilm

wild-movie-poster-1Quando le citazioni sono più forti del viaggio

Percorso di redenzione, pura e semplice ricerca del proprio io o eroico atto perpetrato dall’immancabile spirito di frontiera americano? Wild si interroga e rimane a metà strada tra queste tre definizioni, esibendo una Reese Whiterspoon in stato di grazia pronta a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo.

Negli anni ’90 una ragazza, di nome Cheryl Strayed, a causa della morte della madre e della fine del suo matrimonio, decide di percorrere la Pacific Trest Trail, un percorso impervio che pare superare le sue capacità fisiche e psichiche.

Jean-Marc Vallée si era già fatto notare dal pubblico con una storia estrema, sentita e vera (Dallas Buyers Club), ma laddove l’attore (Matthew McCounaghey) si caricava sulle spalle il prodotto e ne traeva forza fisica ed empatica, il film si arenava eccessivamente su una messinscena classica e ostentava diverse mancanze narrative. In Wild avviene lo stesso: Reese Whiterspoon, motore perpetuo ed emotivo della pellicola, si esprime in un’ottima interpretazione (al limite della forza fisica), mentre il film si perde in qualche lungaggine di troppo e in passaggi narrativi poco lucidi. Perché la risposta femminile di Into the Wild non riesce a trasmettere in modo efficace quel lato selvaggio, che doveva essere, fondamentalmente, vero e proprio co-protagonista. È come se in Wild ci sia pochissimo wild. Pare un paradosso, eppure la pellicola diretta da Vallée dimentica di concentrarsi sul rapporto che la protagonista ha con la natura e il suo aspetto catartico, preferendo indugiare in modo esclusivo sul passato, su spezzoni dolorosi e citazioni da navigata errante.

Nonostante ciò Wild ci consegna una vicenda dalle torbidi sensazioni, un percorso di vita tribolato e disseminato da emotive mine pronte a esplodere con inaudita violenza di fronte allo spettatore. Tuttavia al film non basta ostentare una fotografia mozzafiato, turistica e caratterizzata da una natura selvaggia (proprio come gli esseri umani che la “popolano”) per essere apprezzato. Perché se la pellicola si distanzia volutamente dalla forza purificatrice e di redenzione, che è elemento primario del viaggio in solitaria, allora pecca in partenza. Certamente obblighi di narrazione cinematografica impongono la strutturazione di una vicenda più coinvolgente per lo spettatore, tuttavia non bisogna mai dimenticare che la protagonista non deve fare i conti solo con il proprio io ma, soprattutto, con il contesto che la “accoglie”.

Pellicola che mette in mostra una Reese Whiterspoon verosimile, dolorante e raggiante allo stesso tempo (ovvero una donna in grado di combattere interiormente i propri demoni e saper ricostruirsi una vita dopo un’esistenza distruttiva), Wild si lascia guardare fino in fondo perché è in grado di saper accattivare il pubblico con ellissi temporali di buona fattura. Un puzzle che va via via ricomponendosi in modo nitido e che sfrutta un montaggio sincopato composto da sprazzi luminosi di passato, che si susseguono in una mente offuscata dal dolore.

Detto ciò Wild rimane comunque invischiato in un limbo di difficile definizione. Un film ambiguo, che sminuisce la Pacific Crest Trail (4.000 chilometri di deserto, paludi e cime innevate) a mero e sterile percorso da ammirare, ma impossibile da vivere fino in fondo.

Uscita al cinema: 2 aprile 2015

Voto: **1/2


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